Questo testo è stato riletto e controllato. |
Traduzione dall'inglese di Gaetano Barbieri (1842)
◄ | 75 | 77 | ► |
Aumento della colonia e nozze convertite in una lotteria.
— «L’abbiamo sbarcata, fu risposto loro, su questa spiaggia e allogata in una delle nostre capanne, anzi siamo venuti qui a chiedervi per essa de’ viveri.»
Gli Spagnuoli e i due Inglesi, in somma l’intera colonia prese la risoluzione di andar colà e di vedere co’ propri occhi questi prigionieri. In tale gita fu di brigata anche il padre di Venerdì.
Giunti nella capanna videro i prigionieri tutti seduti in circolo affatto ignudi e con le mani legate: cautela che presero i loro padroni dopo averli sbarcati, per paura non corressero di nuovo alla barca tentando una fuga. Vi erano primieramente tre uomini, vigorosi, di piacevoli fisonomie, ben formati, di gagliarda e regolare membratura, di anni fra i trenta ed i trentacinque; cinque donne, due delle quali non al di sotto dei trent’anni, non al di sopra dei quaranta; due altre non oltrepassavano i ventiquattro o i venticinque, la quinta una giovinetta avvenente e alta di statura che avrà avuto all’incirca sedici o diciassette anni. Nessuna di tali donne era priva di vezzo, così di forme come di fattezze; il colore soltanto ne era abbronzato. Due di esse, se fossero state perfettamente bianche, avrebbero avuto credito di belle nella stessa Londra, perchè d’aspetto vago oltre ogni dire e di modestissimo portamento. Ciò apparve specialmente quando in appresso furono vestite e abbigliate... almeno si adoperava il verbo abbigliare. Figuratevi, per rendere giustizia alla verità, che vestiti e che abbigliamenti! ma di ciò parleremo di poi.
Tal vista, potete credermelo, fu alquanto penosa ai nostri Spagnuoli, uomini i quali per dare un’acconcia idea delle loro nature, univano al pregio di un temperamento calmo e posato e del migliore umore ch’io abbia mai ravvisato in verun altro sopra la terra, il pregio di una grande modestia, come ne sarete tosto convinti. Fu penosa ad essi, come ho detto, la vista di tre uomini e cinque donne tutti nudi come gli avea fatti Domeneddio, legali e posti nella più orrida condizione che per la natura umana possa essere immaginata: l’aspettarsi cioè da un istante all’altro di essere trascinati di lì, di avere sfracellate da una mazzata le cervella, di venire trattati ad uso di vitelli che si macellano per farne pietanze.
La prima cosa cui pensarono que’ visitatori fu incaricare il vecchio Indiano, padre di Venerdì, d’accostarsi ai prigionieri e vedere primieramente se gli riuscisse conoscerne alcuno, poi se capiva almeno il loro linguaggio. Prestatosi a ciò il vecchio, li scandagliò accuratamente in faccia, ma già non ne conobbe nessuno; e circa al linguaggio niuno di essi intese una parola detta o un cenno fatto da lui, eccetto una delle cinque donne. Questo ciò non ostante bastava al fine che si prefiggevano: vale a dire di far comprendere a quegli sfortunati che erano capitati in mano a Cristiani, i quali inorridivano all’idea di mangiare uomini o donne, e che quindi poteano stare ben certi di non essere uccisi. Assicurati di ciò que’ poveretti, manifestarono la propria gioia con sì matti gesti, con tanti svariati modi, che sarebbe impresa ardua il descriverli, tanto più che, a quanto parea, ciascuno di loro apparteneva ad una nazione diversa.
In appresso fu intimato alla donna che facea l’ufizio d’interprete di sentire da’ suoi compagni, se fossero stati contenti di servire e lavorare per coloro da cui furono condotti via col fine di salvarne le vite; saputa la qual proposta, tutti si diedero a ballare, poi presa chi una cosa, chi l’altra, la prima che capitava alle mani, se la poneano sulle spalle per far comprendere la buona volontà che aveano di lavorare.
Il governatore, prevedendo che questa giunta di donne alla colonia potrebbe ben presto essere seguita da inconvenienti e di venire cagione di risse e forse di spargimenti d’umano sangue, chiese ai tre da cui erano state portale nell’isola, che cosa divisassero fare di esse, cioè se intendevano di tenersele come fantesche o come mogli.
— «E l’uno e l’altro, rispose con molta audacia e prestezza un de’ tre Inglesi.
— Va bene, soggiunse col suo sangue freddo il governatore. Non sarò io quello che ponga restrizioni alle vostre volontà, e in quanto a ciò siete padroni di voi medesimi; ma per allontanare ogni disordine o soggetto di querele tra voi, per questa sola ragione che mi sembra giustissima, desidero una cosa, ed è che se uno di voi piglia una di queste donne in qualità e di serva e di moglie, come voi dite, Cosa singolare! egli scelse quella che veniva riputata per la più vecchia e disavvenente ne pigli una solamente, e poichè l’avrà presa, nessun altro abbia che fare con lei; perchè, se bene io non abbia diritto di dar moglie a nessuno di voi, trovo per altro ragionevolissimo, finchè rimanete qui, che la donna sia mantenuta da chi se l’ha scelta e ne divenga moglie, ripeto, finchè state qui, e che tutti gli altri la lascino stare.»
Il proposito del governatore apparve sì retto e sensato, che tutti senza opporre la menoma obbiezione convennero in esso.
Allora gl’Inglesi chiesero agli Spagnuoli se nessun di loro avesse intenzione di prendere una di queste donne per sè. Tutti risposero ad una voce.
— «Alcuni di noi hanno già nella Spagna la loro moglie, e chi non l’ha, non gradirebbe una moglie che non fosse cristiana.»
Ciascuno di loro pertanto protestò unanimamente di non saper che farsi di quelle donne: esempio tale di virtù, che non ne ho mai veduto un simile ne’ miei viaggi. Quanto agli Inglesi, per venire alle corte, ognuno dei cinque si prese per moglie una delle cinque donne: per moglie cioè temporanea; laonde tanto i tre Inglesi reprobi quanto i due denominati buoni presero un sistema di vita spartato da quello degli Spagnuoli. Questi e il padre di Venerdì continuarono a vivere nella mia antica abitazione, grandemente ampliata nell’interno da che abbandonai l’isola la prima volta. Vivevano con essi anche i tre servi fatti prigionieri nell’ultima battaglia de’ selvaggi. Questi spedivano la parte principale del servigio della colonia, faceano la cucina per tutti, e prestavano l’opera loro come poteano e secondo l’urgenza de’ casi il chiedea.
Ma il maraviglioso di questa storia sta nel vedere come que’ cinque, dal più al meno, di sì mala indole, sì mal accompagnati fra loro, s’accordassero circa a queste donne, e come non avvenisse che a due alla volta s’incapricciassero d’una donna stessa, tanto più ove si noti che due o tre di esse erano incomparabilmente più avvenenti delle altre. Qui nondimeno conviene aggiugnere per amor di giustizia, che presero l’ottimo dei temperamenti per non avere a tal proposito liti fra loro. Poste le cinque donne da sè sole in una delle loro capanne, si trasferirono tutti nell’altra, ove fecero che la sorte decidesse chi doveva essere il primo a scegliere.
Quel d’essi favorito dalla fortuna trasferitosi alla capanna ove rimanevano ignude quelle povere creature, ne condusse fuori quella che fu da lui preferita. Cosa singolare! egli scelse quella che veniva riputata per la più vecchia e disavvenente di quelle cinque, il che mise d’assai buon umore gli altri e fece ridere anche i gravi Spagnuoli; pure il furfante l’avea pensata meglio di tutti; perchè considerò che così nel matrimonio come in molt’altri affari della vita, la cosa su cui si possa maggiormente contare è la disposizione alla solerzia e al lavoro. Di fatto la compagna che egli preferì si mostrò miglior donna da casa di tutte l’altre.
Appena quelle povere donne si videro schierate in tal guisa e condotte via ad una ad una, le assalse nuovamente il terrore della lor posizione, perchè infallibilmente credettero per sè imminente l’istante di essere divorate. Laonde quando un secondo marito arrivò per menarsi via una di loro, tutte l’altre proruppero in lamentosi gemiti, attaccandosi alla compagna e congedandosi da essa con tali segni di desolazione e d’affetto, che avrebbero mosso a pietà il più indurito cuore del mondo, nè ci sarebbe stato verso di farle persuase, che non venivano tratte allora allora al macello, se finalmente gl’Inglesi non si fossero raccomandati al padre di Venerdì, il quale arrivò una volta a capacitarle che non al macello, ma andavano a nozze.
Terminata questa cerimonia e dissipata alcun poco la paura di quelle sfortunate, gl’Inglesi s’accinsero ad un’opera che diveniva allor necessaria, ed in cui gli aiutarono gli Spagnuoli: all’innalzamento di altrettante tende o capanne per l’alloggiamento separato di ciascuno, perchè quelle due che avevano prima, erano ingombre, stivate di attrezzi stoviglie e provvigioni. Tutto ciò fu eseguito nel giro di poche ore. I tre mascalzoni tristi aveano piantate le loro baracche in qualche maggiore distanza dal quartiere spagnuolo, i due galantuomini un po’ più vicino; e quelli e questi per altro su la spiaggia settentrionale. Pertanto rimanendo eglino separati come erano prima, la mia isola divenne popolata in tre luoghi; e fu origine, se mi è lecito l’esprimermi così, di tre città che cominciavano ad edificarsi.
E qui fu da notare una di quelle contraddizioni che spesse volte si vedono su questa terra; quali saggi fini si abbia la providenza divina nel permetterle, nol saprei dire. Ai due furfanti migliori toccarono le due peggiori mogli; quegli altri tre, che era un trattarli umanamente l’impiccarli, buoni da nulla, nè nati al mondo, a quanto parea, per essere utili a sè medesimi o agli altri, ebbero tre mogli abili, diligenti, solerti e ingegnose. Non crediate già che le due mogli de’ primi fossero cattive quanto ad indole o temperamento, perchè tutte cinque erano piene di buona volontà, tranquille, docili, sottomesse, piuttosto schiave che mogli; ma intendo dire che in due non si scorgeano nè la capacità nè l’accorgimento nè l’industria, molto meno quella cura di esterna mondezza che scernevate nell’altre.
Una seconda osservazione io devo fare ad onore della diligenza e solerzia d’una parte di quegl’Inglesi e a disdoro della infingarda, negligente, sfaccendata indole dell’altra; ed è che (ebbi occasione di avvedermene nell’andare ad esaminare ciascun miglioramento, piantagione e colto di ognuna delle due piccole colonie) i due della prima superavano senza confronto i due della seconda. Certo avevano entrambi posto a coltura tanto spazio di terreno quanto era proporzionato al grano di cui ciascuno abbisognava, e in ciò seguivano la mia regola, che è pur quella della natura, la quale insegna di per sè stessa non esservi un proposito di far una semina più vasta del grano che si può smaltire; ma la differenza delle arature, dei piantamenti, delle siepi e d’altre simili opere si vedeva in un batter d’occhio.
I due galantuomini aveano piantato un numero sì sterminato di giovani arbuscelli intorno alle loro baracche, che quando arrivavate sul luogo, non vedevate altro che bosco. Laonde, se bene abbiano avuta due volte la disgrazia di vedere le loro piantagioni distrutte, una dagli stessi loro compatriotti, l’altra dal nemico, come si dirà a suo luogo, le rimisero di nuovo e tutto in breve tempo si vedea prosperare e fiorire intorno alle loro abitazioni non meno di prima. Aveano piantate in bell’ordine di filari le viti e sì bene distribuito il loro vigneto che ne ottenevano grappoli da stare a petto con le vendemmie del più ammaestrato vignaiuolo; e sì non aveano mai veduto fare di tali cose. S’ingegnarono anche da sè stessi di trovar fuori un nascondiglio opportuno nella più fitta parte de’ boschi, ove, benchè non avessero una caverna naturale, come n’ebbi la sorte io, non perdonando a fatiche se la scavarono con le proprie braccia, e tale che dentro questa, allorchè avvenne l’infortunio che dovrò descrivere, assicurarono le mogli e i loro fanciulli in guisa che non vennero scoperti giammai. Col piantare indi innumerabili pali di quel legno che, come ho detto altrove, crescea sì presto, resero il bosco impenetrabile, eccetto alcuni luoghi ove si arrampicavano per uscirne fuori, procedendo indi per sentieri battuti da loro e da loro conosciuti.
Quanto ai cialtroni, come fin qui aveva ragione di continuarli a chiamare, benchè dopo il loro matrimonio si fossero mansuefatti d’assai a petto di quel che erano prima, nè si mostrassero più sì rissosi, pure un certo compagno di perversa mente non gli abbandonava mai: la loro infingardaggine. Egli è vero che seminavano grano e faceano siepi ancor essi; ma le parole di Salomone non si verificarono mai meglio siccome in coloro: «Io visitai la vigna dell’infingardo, e la trovai tutta ingombra di spine», perchè quando gli Spagnuoli si andarono sul campo delle loro messi, in molti luoghi non poteano vedere le spighe, tanto le mal’erbe le nascondeano; qua e là le siepi avevano buchi dond’erano passate le capre salvatiche che andavano a mangiarsi il loro grano; qua e là, se vogliamo, si notava che aveano riparati a caso questi buchi con cespugli morti, ma era proprio, come si suol dire, un serrare la stalla rubati i buoi. Al contrario quando gli Spagnuoli stessi praticarono diligenza su la colonia degli altri due, l’industria e il buon successo si mostravano in persona in tutte le loro opere; non un’erba cattiva si scorgea per mezzo a tutte le biade o un solo pertugio nelle loro siepi; essi aveano verificato il proverbio di Salomone che leggesi in altro luogo delle sacre carte: «La mano diligente fa l’uomo ricco;» perchè tutte le cose di essi prosperavano e godeano dell’abbondanza al di dentro e al di fuori; possedeano più copioso armento domestico degli altri, maggiori suppellettili ed attrezzi in casa, maggiori diletti e divagamenti fuori di casa.
Egli è vero che le mogli dei tre pigri si adoperavano con molta abilità fra le pareti domestiche, avendo anzi imparato a far cucina da uno degli altri due Inglesi, che, come fu racconto, era cuoco a bordo del bastimento da cui disertò; preparavano un mangiare e appetitoso e mondo ai loro mariti; mentre i due solerti non trovarono verso, i poveretti, d’indurre le loro mogli a saperne di ciò. Ma che fa? quello dei due mariti ch’era stato cuoco faceva per esse. Quanto poi ai mariti delle tre brave mogli oziavano attorno, andavano in cerca d’uova di tartaruga, prendeano pesci ed uccelli: tutto fuorchè lavorare, e ne traevano quel frutto che può sperarsi dall’infingardaggine. I diligenti vivevano bene e piacevolmente; gli oziosi se la cavavano male e meschinamente. Così è sempre andata, cred’io, da per tutto.