< Avventure di Robinson Crusoe
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Daniel Defoe - Avventure di Robinson Crusoe (1719)
Traduzione dall'inglese di Gaetano Barbieri (1842)
Partenza da Madagascar; arrivo a veggente del Bengala; ammutinamento che travolge affatto l’ordine dei divisamenti di prima
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Partenza da Madagascar; arrivo a veggente del Bengala; ammutinamento che travolge affatto l’ordine dei divisamenti di prima.



N
el dì seguente sciogliemmo le vele, nè udimmo più notizie della costa che abbandonammo. I nostri marinai discordavano fra loro sul numero degl’Indiani rimasti uccisi; ma, secondo il più ragionevol computo, avranno, tutt’insieme, uccisi e distrutti col fuoco circa centocinquanta tra uomini, donne e fanciulli, senza lasciare in piede una sola casa. Quanto al povero Tommaso Jeffrey, morto tanto, che la sua testa era quasi staccata affatto dal collo, non gli avrebbero reso nessun servigio col torlo di dov’era. Unicamente lo tirarono giù dall’albero, donde pendea per un braccio.

Comunque i nostri marinai decantassero per giusta questa loro prodezza, io negava che fosse tale, e d’allora in poi dissi costantemente che Dio non avrebbe benedetto quel viaggio, perchè mi pareva che il sangue sparso in quella notte si solleverebbe sempre a rimproverarli d’un assassinio; essere verissimo che gl’Indiani avevano ucciso Tommaso Jeffrey; ma che il Jeffrey dovea venir risguardato primo aggressore, come quello che avea infranta la tregua e violata, o certo cercato di sedurre una giovine del paese, venuta fra essi con fini innocenti e nella buona fede di una pubblica capitolazione.

Poco dopo si tornò, stando a bordo ad agitare questa causa, e il guardastiva s’ostinava a sostenerla come gli piaceva d’intenderla. «Sembra, egli dicea, che siamo stati noi i primi a violar quella tregua; ma non è vero. La principiarono i nativi stessi la notte, scagliando frecce su noi e ammazzando i nostri senza veruna sorta di provocazione. Se per conseguenza eravamo in diritto di difenderci in allora contr’essi, eravamo anche in appresso di farci giustizia con mezzi straordinari da noi medesimi. Se il povero nostro compagno, che non è più, si avea presa una piccola libertà con quella fanciulla, non era questa una ragione per condannarlo a morte e ad una morte sì barbara. Noi non abbiamo fatto niente meno del giusto e di quanto le leggi divine permettono di fare contra gli assassini.» E così andavano menandosela buona fra loro.

Si sarebbe almeno potuto credere che questo avvenimento avrebbe bastato a renderli cauti d’allora in poi nel cercare le spiagge e nell’intricarsi con pagani, e con barbari; ma egli è impossibile il far saggi gli uomini, se non è a loro costo, e pare che l’esperienza non frutti mai ad essi, fuorchè in proporzione dell’averla pagata caro.

Eravamo allora destinati pel golfo Persico e di lì alla costa di Coromandel; dovevamo toccare sol di sfuggita Surate; ma il principal disegno dello scrivano era quello di fermarsi alla baia del Bengala; ove, se gli falliva il negozio per cui era spedito, sarebbe passato alla China, donde poi tornerebbe alla costa venendo a casa.

La prima disgrazia che ne accadde fu nel golfo Persico, ove cinque de’ nostri, arrischiatosi ad andar su la spiaggia dal lato arabo del golfo, si trovarono d’improvviso investiti dagli Arabi, e furono tutti uccisi o condotti in ischiavitù; il resto dei piloti che condussero la scialuppa, non fu da tanto da liberarli, anzi fu fortunato se potè raggiugnere di nuovo la barca.

Su di ciò mi diedi a porre innanzi agli occhi de’ miei marinai, come questa fosse una giusta retribuzione del cielo alle crudeltà commesse. Il guardastiva se la prese assai calda, e mi disse:

— «Voi largheggiate tanto nelle vostre censure, che credo non abbiate nemmeno un testo di Scrittura per appoggiarle.»

Qui mi citò un passo dell’evangelista Luca, là ove questi dice al capo XIII, versetto quarto, come il Salvatore abbia dato a comprendere, che gli uomini su cui rovinò addosso la torre di Siloè, non erano più colpevoli dei Galilei. Poi il testo citato lo condusse a dirmi, e qui da vero mi ridusse al silenzio:

— «Nessuno dei cinque uomini perduti ora nella costa araba venne su la spiaggia ove accadde l’assassinio di Madagascar,» e calcò su la voce assassinio, perchè era questa la parola ch’io usava sempre in tal caso, e che gli facea perdere la pazienza.

Ma le mie frequenti prediche fatte loro su quest’argomento ebbero conseguenze peggiori di quanto io m’aspettava; perchè un giorno, venuto a me il guardastiva che era stato capo, come sapete, di quella scelleratissima impresa, con cera brusca così mi parlò:

— «Mi pare che questo avvenimento di Madagascar lo tiriate a mano troppo spesso. Le vostre considerazioni intorno ad esso sono ingiuste affatto, ed hanno stancato tutti noi e me in particolare. Voi in fine non siete nulla più d’un passaggiere su questo bastimento, nè avete veruna sorta di comando sovr’esso o d’interesse nel viaggio che fa, onde non siamo obbligati a tollerare i continui vostri sermoni. Sappiamo noi se non coviate in vostra testa qualche cattivo disegno? e forse quello anche d’intentarne un processo, quando saremo tornati nell’Inghilterra? Se pertanto non vi risolvete a farla finita su questo punto, e a non vi prendere più uficiosi fastidî intorno a me o alle cose che mi riguardano, mi concedo dal bastimento; perchè, vi parlo schietto, finchè rimanete in nostra compagnia, qui non ci fa buona aria per voi.»

Lo ascoltai con pazienza sinchè avesse finito; poi gli risposi:

— «Non vi nego di essermi costantemente opposto all’assassinio di Madagascar; chè lo chiamerò sempre così, e di avere in tutte le occasioni detto liberamente il mio parere intorno ad esso, benchè non alludessi più a voi, che a tutti quanti ebbero parte in quella spedizione. Ch’io non abbia verun comando sul bastimento, ciò e vero; nè in fatti mi son mai arrogato l’esercizio di verun atto d’autorità. Solamente ho detto liberamente il mio avviso su le cose che ne riguardavano tutti in comune. S’io abbia poi o no un interesse in questo viaggio, questa non è faccenda vostra. Posso per altro dirvi, che fra i proprietari del bastimento sono uno de’ maggiori, e che però ho diritto di parlare anche più di quanto io l’abbia fatto sinora, nè mi crederei in obbligo di renderne conto a voi o a nessun altro;» e qui veramente cominciava a venirmi la mosca al naso. Mi fece allora un breve risposta, e credei tutto finito.

Veleggiavamo in quel tempo alla costa del Bengala, ed io voglioso di vedere la città, entrai nella scialuppa del bastimento in compagnia dello scrivano. Allorchè verso sera io disponea le cose per tornare a bordo, venne a cercarmi uno degli uomini venuti nella scialuppa, il quale mi tenne questo stravagante discorso:

— «Se contate di tornare a bordo, vengo a risparmiarvi l’incomodo della strada, perchè la nostra gente ha ordine di non ricevervi nella scialuppa.

Figuratevi se non rimasi stupefatto all’udirmi fare così tra capo e collo quel complimento asinesco! Chiesi dunque a costui:

— «Chi v’ha comandato di venirmi a dar questa nuova?

— Il padrone della scialuppa, mi rispose costui.

— Bene bene: (non cambiai con quel mariuolo altre parole che queste); ditegli che m’avete recata la sua ambasciata, e che non v’ho risposto nulla.»

Mi capitò subito lo scrivano cui raccontai questa istoria, aggiugnendo:

— «Prevedo qualche diavoleria nel bastimento. Vogliate, mio caro, prender subito un canotto indiano, recarvici con ogni possibile speditezza a bordo e informar mio nipote di questo affare.»

Avrei potuto risparmiare un tale messaggio, chè prima ch’io parlassi allo scrivano da stare a terra, era già succeduto a bordo quel che doveva succedere; perchè dal primo momento ch’io fui entrato nella scialuppa per venire alla spiaggia, il guardastiva, il carpentiere e tutti gli altri sotto-uficiali andati dal capitano non gli dissero nient’altro che questo.

— «È ben fatto che il signor Robinson sia andato a terra di sua buona volontà; così ci ha risparmiato il dispiacere d’usargli una violenza, altrimente se non vi andava egli per amore, lo avremmo obbligato ad andarvi per forza. Siamo dunque venuti per pregarvi ad osservare che ci siamo imbarcati per servire sotto di voi, e questo obbligo lo adempiremo volentieri e con fedeltà. Ma se il signor Robinson non fa la grazia di sgombrare dal bastimento, e se voi, capitano, non lo costringete a far questo, sgombriamo dal bastimento noi, perchè del tutto non vogliamo viaggiare in sua compagnia; e questo che dico io, lo dicono tutti.»

Nel profferire la parola tutti si voltò all’albero di maestra, segnale a quanto sembrò convenuto con gli altri, perchè questa parola tutti eccheggiò per le bocche dell’intera schiamazzante ciurma, raccoltasi nello stesso luogo in un attimo.

Mio nipote, il capitano, era uomo dotato d’una grande prontezza di mente e di spirito, onde, sebbene rimanesse certamente sorpreso all’udire propositi tanto insubordinati, capì che quello non era pur troppo il caso di prendere con calore le cose. Rispose loro pacatamente che ci avrebbe pensato sopra, ma che non potea pigliare veruna risoluzione senza avere prima parlato con me. E qui introdusse alcuni argomenti, affinchè capissero da sè stessi più di quanto lo diceva egli, l’ingiustizia e l’irragionevolezza di un tale procedere. Ma non ci fu verso di svolgerli: tutti giuravano, tutti si davano la mano, in faccia di lui, giurando e tornando a giurare.

— «Andiamo tutti alla spiaggia, se il signor Robinson torna a bordo una sola volta.»

La necessità di lasciarsi dar la legge dai subordinati è sempre una pillola dura ad inghiottirsi: tanto più era per mio nipote, in quanto sapea quante obbligazioni m’avesse; e non sapea, quel ch’era peggio, in qual modo l’avrei intesa. Tenne a costoro un secondo discorso in cui campeggiavano la forza della ragione e la cortesia.

— «Ascoltatemi, figliuoli. Mio zio è uno de’ principali proprietari del bastimento. In buona giustizia io non posso cacciarlo fuori di casa sua; sarebbe proprio un tiro uguale a quello che fece quel sinistramente famoso pirata Kidd che, eccitata una sedizione nel vascello, ne sbarcò il vero proprietario sopra una spiaggia deserta, poi continuò in un legno non suo il viaggio senza di lui. Ma non pensate voi che, qualunque fosse il vascello diverso da questo ove prendeste servigio, tornati in Inghilterra... nella vostra patria conterete pure di tornarci un dì o l’altro... colà quest’azione potrebbe costarvi caro? Quanto a me, il mio dovere è quello di lasciar piuttosto andar a male il vascello e il viaggio intrapreso, che dare al signor Robinson un tanto disgusto. Quanto a voi, servitevi pure come volete. Ciò non ostante andrò alla spiaggia e parlerò con mio zio. Signor guardastiva, venite anche voi in mia compagnia. Chi sa? forse potrete intendervi meglio e accomodare le cose.»

Fiato perduto! Quel cialtroni rigettarono ogni proposta; non volevano aver che fare con me di nessuna sorta. Egli a bordo, noi alla spiaggia! era l’antifona che ripetevano. Mio nipote dunque venne alla spiaggia per ragguagliarmi di tutto pochi minuti dopo l’ambasciata speditami dal padrone della scialuppa.

Non mi parve vero, lo confesso, di vederlo; perchè que’ pronostici stessi per cui spediva lo scrivano a bordo, non mi lasciavano senza paura che que’ mascalzoni si assicurassero della persona stessa del capitano, poi dessero le vele, lasciandomi sprovveduto in questa remotissima contrada e privo d’ogni mezzo per aiutarmi. Allora sì, sarei stato in più trista condizione che non fui rimasto solo nella deserta mia isola. Ma per mia buona sorte non portarono le cose fin là. Poichè mio nipote mi ebbe raccontati uno per uno i discorsi fattigli da’ sediziosi, i giuramenti che tutti, tutti, dandosi scambievolmente la mano, profferirono di non volermi più a bordo, o di voler eglino stessi abbandonare il bastimento, gli dissi:

— «Non vi state ad affliggere punto di ciò. Io rimarrò in questa spiaggia. Unicamente vi prego a mandarmi qui i miei arredi, e provvedermi d’una sufficiente somma di danaro. Del resto penserò io a tornarmene solo in Inghilterra alla meglio che potrò.»

Fu un’aspra ferita al cuore di mio nipote; ma non v’era altro rimedio, e convenne rassegnarsi. Tornò dunque a bordo del bastimento, ore fece noto ai marinai che suo zio avea ceduto alla loro importunità, e mandava a levare il suo bagaglio dal bastimento. La sedizione fu terminata in poche ore; coloro tornarono all’antica obbedienza; io stetti qui meditando il partito a cui appigliarmi.

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