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Passioni e virtù lapidee
Carta bianca e carta nera Due passeggi

PASSIONI E VIRTÙ LAPIDEE.


Mi piace far eco alle lodi che da tutte le parti si danno all’ingegnoso ritrovamento del bellunese signor Girolamo Segato. Non mi arrischio per altro a parlarne con apposito discorso, stante che non mi trovo possedere quella dottrina nelle scienze naturali, che si domanderebbe a rendere autorevoli le mie parole. Chi ne volesse una larga notizia si contenti di comperare un libretto venuto fuori a questi giorni in Padova, dalla tipografia Cartallier, e che s’intitola: Dell’artifiziale riduzione a solidità lapidea e inalterabilità negli animali, scoperta da Girolamo Segato, relazione dell’avvocato Giuseppe Pellegrini, con note ed aggiunte.

In quella che mi confesso ineguale fin dalle prime a convenientemente parlare dell’artifiziale riduzione a solidità lapidea negli animali, non posso tacere di un’altra scoperta fatta in questi giorni dal signor N. N. nella natura morale di molte persone tuttora vive, e possibili ad essere incontrate per istrada tanto oggi che dimani, secondo il caso. Non mi arresto a discutere l’importanza di questa nuova scoperta, e se sia da preferire, quanto a pubblica utilità, a quella del bellunese; mi contento di farne l’esposizione, non con lo stile magnifico dell’avvocato Pellegrini, ma con quello solito al nostro giornale. Quanto alle iscrizioni del Muzzi, avranno esse un modesto riscontro in alcune altre che il lettore troverà in fine dell’articolo, e che furono da me raccolte con molto studio tra gli sfasciumi di qualche antico palazzo, e le ortiche di un campo santo visitato appositamente.

La scoperta del signor N. N. consiste nell’aver trovato tra gli uomini alcune passioni e alcune virtù che hanno la solidità della pietra, e quando anche siano alle volle comprese da morbo, rendono gradevole vista, come appunto il cervello con tumore, il fegato con ossificazione delle arterie, il testicolo d’etico, e simili, ricordati nella Relazione del Pellegrini. La scoperta adunque del signor N. N. riguarda un fenomeno naturale esistente, forse ab immemorabili, nella specie umana, anziché un nuovo risultato di ingegnose combinazioni, com’è quella del Segato. Non vuolsi per questo menomare la lode dovuta al signor N. N. Anche il Galilei non altro fece salvo scoprire cose preesistenti, e tuttavia non si crede da meno di chi potè metter fuori nuove composizioni. Forse che, a quella guisa che da un fatto scoperto si traggono col volgere del tempo importanti conclusioni, il nuovo trovato del signor N. N. dia nell’avvenire soggetto a molte utili norme per giudicare convenientemente ì pensieri e le azioni de’ nostri simili.

Chiama il signor N. N. passioni e virtù lapidee quelle passioni e quelle virtù che non vengono mai ad atto. La compassione di Aurelio, a modo di esempio, il quale non ti sa mai parlare senza una lacrima all’occhio, ma come sia pregato di soccorrere a quella miseria, per cui sembra sentirsi intenerire fino alle viscere, continua a piangere molto pietosamente, e del resto chi ha il male sel goda. A prima giunta ciò sembrerebbe dovesse riuscire schifoso ad ognuno: no, signori, che anzi una tale specie di compassione, per quelle tanto pompose parole che possono spendersi senza paura, rende bellissima vista, appunto come il fegato con ossificazione sopra notato. Virtù lapidea è il senno di Quinzio (presso a poco come il cervello con tumore del Segato); di quel Quinzio che sa mantenersi immutabile nella prospera e nell’avversa fortuna, perchè non sa credere che vi sia ricompensa della fortuna che possa dirsi corrispondente al suo merito, né sventura bastante a rendere meno illustre chi ha già in sé tante cagioni a rimanere onorato. Una sincerità grande potrebbe sembrare la sincerità di Calpurnia, che sciorina aperta la propria opinione, senza giri di parole, sulla faccia stessa della persona che da quella opinione rimane tocca più da vicino: ma è sincerità lapidea (testicolo d’etico e sangue venoso infiammato che rendono sembianza di pietra di paragone) perchè riesce solo in parole, e quando si viene al fatto, si trova che in Calpurnia la falsità, raffinata bensì, ma è più profonda e solenne che in altre donne, che hanno pur fama di astute e lusinghiere.

Attesa la scoperta del Segato si mantengono intatte negli occhi de’ vivi le sembianze de’ trapassati. Similmente queste virtù o passioni lapidee, propagandosi di padre in figlio, e di figlio in nepote, conservano inalterabilmente la stampa delle opinioni e dei sentimenti medesimi in una famiglia per un numero infinito di generazioni. Il tempo non ci reca mutamento di sorta: trovi nella casa di Sebastiano quella stessa onestà, quella stessa misericordia, quella cortesia stessa che ci aveva al tempo beato del padre, dell’avolo, del bisavolo, e su via finché c’è ricordo di genie. Sono virtù lapidee che si tramandano l’uno all’altro gli eredi, e che tutti custodiscono gelosamente senza il minimo sconcio della domestica economia o della propria tranquillità. In quei cuori così tersi, così vagamente screziati, da poterne fare un tavolino con bellissimi lavori di tarsia, non c’è intaccatura di sorta, la lima non vi può in alcun modo; ad ogni proposta che tu faccia loro hanno pronta la risposta, tutto è tradizionale ed immutabile in quella casa.

Si domanderà adesso: è egli un dono gratuito della natura il possedere di così fatte passioni e virtù, o se ne può fare acquisto coll’aiuto dell’arte? Ho anch’io fatto al signor N. N. la stessa interrogazione; e mi fu risposto, che appunto nell’assegnare le regole secondo le quali ogni uomo, provveduto per altro di certe naturali disposizioni, può venir a capo di sassificare tutte o alcuna tra le proprie passioni o virtù, è riposta la maggior importanza della scoperta. A questo fine sta ora raccogliendo il prelodato signor N. N. un buon numero di fatti, e coll’aiuto di questi e delle relative osservazioni, da quell’uomo ch’egli è, dotato di fino e sicuro discernimento, comporrà un volumetto, non so se con tavole o senza, dimostrante il modo più facile e certo di ridurre a consistenza lapidea, per esempio, la liberalità, la compassione, la schiettezza, e via discorrendo. Non mancò di consultare su questo proposito molte di quelle savie persone, che mostrano palesemente negli atti e nelle parole d’essere da molto tempo venute in chiaro dell’importante segreto; ma quelle savie persone si scusarono di potergli dare alcuna risposta, allegando la più perfetta ignoranza del secreto stesso, ciò che vuol dire ch’esse amerebbero di tenerselo per sè sole, al fine di adoperarlo con più vantaggio. Gli venne intanto trovato che il conversare cou molti e molti, specialmente se varii di condizione e di costumi, il rendersi necessario un troppo gran numero di quelle che chiamansi comodità della vita; il fare un gran caso di ciò che si dice e non si dice del mondo in proposito di tale o tal altra cosa o persona, sono avviamento molto utile alla sassificazione di cui parliamo. Sopra tutto il deporre certo naturale pudore che lascia l’animo sempre perplesso e arrendevole, e l’avvezzarsi ad infondere in quanto si è veduto o saputo degli altri un poco della nostra bile, della nostra malignità, o di altro tale nostro affetto, sono mezzi efficacissimi ad ottenere lo scopo desiderato. Oltre a ciò, è da studiare nelle storie, dacché queste virtù e passioni lapidee non sono punto proprie del nostro soltanto, ma d’ogni tempo. Perchè ne rimanessi persuaso il signor N. N. mi consigliò a studiare nelle iscrizioni poste in varii tempi a tale o tal altro, nella propria casa, o nei pubblici cimiterii; il che avendo io fatto mi furono trovate, fra le altre, le seguenti, nelle quali mi parve espressa molto apertamente la natura lapidea di cui abbiamo tìnora parlato. Veggano i lettori, al giudizio de’ quali le metto innanzi; con questo che si sappiano scritte da chi non faceva sicuramente professione di saperne più che tanto di epigrafia.


I.

Quanto saviamente vivesti
quanto convenientemente sei morto
o Tranquillo Ghiacciuoli
a cui tutti gli uomini che sempre lodasti
e dai quali fosti sempre lodato
furono amici ad un modo!



Le genti continuano a domandarsi
scambievolmente
se abbi avuto moglie e figliuoli.


II.

In questa stanza
Placida de’ Macigni
dopo avere inveito l’intera giornata
contro le prave costumanze del secolo
e notato i nomi e ì fatti più meritevoli di condanna
ogni notte si addormentava tra sei cuscini
e dormiva tranquillamente fino al mezzo giorno



Imparate il lungo sonno delle anime buone
o voi che vegliate continuo
addolorandovi
sulle sventure e sui traviamenti del prossimo
senza parlarne.



III.

Al nome e alle virtù
di Petronilla Marmi
donna immutabile di maniere e dì affetti
coi miseri e coi fortunati
i quali morendo lasciò tutti in pace
gli stipiti della casa
diedero questo comodo spazio per una iscrizione
a cagione della conforme natura.


IV.

Non fu povero non addolorato
che da te non partisse quale era venuto
o Durante Contestabile
che passioni e virtù
hai tutte egualmente sentite e praticate



Intorno al tuo sepolcro durerà perpetuo il silenzio
che fu nel tuo cuore
per tutti i tuoi XC anni.

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