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CXII. Fuggesi il tempo, e ’l misero dolente
Rime - CXI Rime - CXIII

CXII.


Fuggesi il tempo, e ’l misero dolente,
     A cui si presta1 ad acquistar virtute,
     Fama perenne et eterna salute,
     El danno irreparabile non sente;
     Ma neghittoso forma nella mente5
     Cagion all’otio et scusa alle perdute
     Doti2, le quai poi tardi conosciute
     Piange, tapino, et senza pro si pente.
Surge col sol la piccola formica
     Nel tempo estivo, et si raguna l’esca,10
     Di che nel fredd’adverso si nutrica.
     Al negligente sempre par ch’incresca3:

     Onde nel verno muore, o ch’ei mendica;
     Et spesse volte senza lenza pesca4.

  1. Il tempo. Il sonetto è ‘contro la pigrizia: che non bisogna perdere il tempo, ma sempre intendere ad acquistare virtù, fama, e meriti rispetto a Dio’ (Zingarelli).
  2. Quelle indicate nei vv. 2-3.
  3. Di provvedere a se stesso. Negligente è nel senso con cui Dante lo disse di Belacqua (Purg., IV, 110-111).
  4. «Perde inutilmente e stoltamente il suo tempo.»


Note

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