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LVII. Qualor mi mena Amor dov’io vi veggia
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LVII.
Qualor mi mena Amor dov’io vi veggia,
Ch’assai di rado advien, sì cara1 siete,
L’anima, piena d’amorosa sete,
Come la luce vede, che lampeggia
Da’ bei vostri occhi, nel pensier vaneggia,5
Quello sperando ch’anchor non volete,
Ciò è satiarsi, [et,] come voi vedete,
Di mirarvi focosa, vi vagheggia.
Et com’è stolto il mio vago pensiero!
Là ond’io credo refrigerio avere,10
Accese fiamme attingo a mill’a mille;
Ma come cuocan non sento, nel vero,
Mentre egli advien ch’io vi possa vedere:
Ma poi, partito, m’ardon le faville2.
- ↑ «Preziosa, che s’incontra di rado.»
- ↑ Si può riaccostare, al concerto di questi ultimi sei versi, quello espresso in XXVI, 12-14.
Note
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