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LXIV. Colui per cui, Misen, primieramente
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LXIV.


Colui per cui, Misen1, primieramente
     Foste nomato, cui cenere, anchora,
     Sparte nella tua terra fan dimora

     Et faran, credo, perpetualmente2,
     Facea trombando inanimar la gente5
     Et ad arme et a guerra, d’hora in hora3,
     Et de’ legni d’Enea di poppa in prora
     Batter il mar co’ remi virilmente.
Ma tu di pace et d’amor et di gioia
     Sei facto grembo et dilectoso seno,10
     Degno d’eterno nome et di memoria.
     Ben lo so io, ch’in te ogni mia noia
     Lasciai, et femmi d’allegreza pieno
     Colui ch’è sire et re d’ogni mia gloria4.

  1. Parla al promontorio Miseno, così chiamato (cfr. qui sopra, n. 1) dal nome del compagno di Enea, la cui morte e sepoltura cantò Vergilio, Aen., VI, 162-235.
  2. Pare una reminiscenza di quel che il poeta latino dice del nome: ‘Monte sub aerio, qui nunc Misenus ab illo Dicitur aeternumque tenet per saecula nomen’.
  3. E Vergilio: ‘quo non praestantior alter Aere ciere viros Martemque accendere cantu’.
  4. Amore.


Note

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