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Voltaire - Candido (1759)
Traduzione dal francese di Anonimo (1882)
Come Candido fuggì dai bulgari e cosa diventò
capitolo 2 capitolo 4

3. Come Candido fuggì dai bulgari e cosa diventò


Niente era così bello, così spedito, così splendente, così ben ordinato come i due eserciti. Le trombe, i pifferi, gli oboi, i tamburi, i cannoni formavano un’armonia quale non si udì mai neppure all’inferno. Prima i cannoni rovesciarono a terra circa seimila uomini per parte; poi la moschetteria tolse dal migliore dei mondi da nove a diecimila furfanti che ne infettavano la superficie. Anche la baionetta fu la ragion sufficiente della morte di qualche migliaio di uomini. Il totale poteva aggirarsi sulle trentamila anime. Candido, che tremava al pari di un filosofo, si nascose come meglio poté durante questo eroico macello.

Finalmente, mentre i due re facevano cantare dei "Te Deum", ciascuno, nel proprio accampamento, decise d’andarsene da un’altra parte a ragionare sugli effetti e le cause. Passò sopra mucchi di morti e morenti, e raggiunse dapprima un villaggio vicino; era ridotto in cenere. Si trattava di un villaggio avaro che i Bulgari avevano incendiato, secondo le leggi del diritto pubblico. Qui vecchi crivellati di colpi guardavano morire le loro mogli sgozzate, che stringevano i bambini alle mammelle sanguinanti; là ragazze sventrate, dopo avere saziato i naturali bisogni di qualche eroe, esalavano l’ultimo respiro; altre, semibruciate, gridavano implorando di finirle. Cervelli erano sparsi per terra, accanto a braccia e gambe tagliate.

Candido fuggì al più presto in un altro villaggio: apparteneva ai Bulgari, e gli eroi Avari l’avevano trattato allo stesso modo.

Candido, sempre camminando sopra membra palpitanti, o attraverso rovine, uscì finalmente dal teatro della guerra, portando qualche piccola provvista nella bisaccia, e senza mai dimenticare i begli occhi di madamigella Cunegonda.

Le provviste gli vennero meno quando fu in Olanda; ma avendo sentito dire che in quel paese tutti erano ricchi, e cristiani, non dubitò che lo avrebbero trattato bene come nel castello del signor barone, prima d’esserne scacciato per i begli occhi di madamigella Cunegonda.

Chiese l’elemosina a parecchi gravi personaggi, i quali gli risposero tutti che, se avesse continuato a fare quel mestiere, lo avrebbero rinchiuso in una casa di correzione per insegnargli a vivere.

Si rivolse poi a un uomo che aveva parlato da solo per un’ora intera sulla carità davanti a una grande assemblea. L’oratore, guardandolo di traverso, gli disse:

"Che cosa venite a fare qui? Venite per la buona causa?" "Non c’è effetto senza causa", rispose modestamente Candido, "tutto è necessariamente concatenato e disposto per il meglio. Bisognava che fossi cacciato dal castello di madamigella Cunegonda, che fossi passato per le verghe, e bisogna che domandi il pane finché non sia in grado di guadagnarmelo; tutto ciò non poteva essere altrimenti".

"Amico mio", gli disse l’oratore, "credete voi che il papa sia l’Anticristo?" "Non l’avevo ancora sentito dire", rispose Candido, "ma che lo sia o no, io non ho pane".

"Non meritate di mangiarne", disse l’altro, "andatevene, farabutto; andate miserabile, lungi dalla mia vista".

La moglie dell’oratore, affacciatasi alla finestra, vedendo un uomo che dubitava che il papa fosse l’Anticristo, gli rovesciò in testa un vaso pieno di... O cielo! a quali eccessi può condurre lo zelo religioso nelle signore!

Un uomo che non era battezzato, un buon anabattista, di nome Giacomo, vide la maniera crudele e ignominiosa in cui veniva trattato un suo fratello, un bipede implume con un’anima; lo condusse a casa sua, lo ripulì, gli diede del pane e della birra, gli regalò due fiorini, e volle persino insegnargli a lavorare nelle sue manifatture le stoffe persiane che si fabbricano in Olanda. Candido, quasi prosternandosi davanti a lui, esclamava:

"Il mio maestro Pangloss me l’aveva detto che tutto va per il meglio in questo mondo, perché io sono infinitamente più commosso della vostra estrema generosità che non della durezza di quel signore dal mantello nero e della signora sua sposa".

L’indomani, mentre passeggiava, incontrò un mendicante tutto coperto di pustole, con gli occhi spenti, la punta del naso corrosa, la bocca distorta, i denti neri, la voce gutturale; era tormentato da una tosse violenta, e a ogni accesso sputava un dente.



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