< Canti (Sole)
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Addio a Giuseppe Verdi
Pensieri poetici sulla eloquenza del foro penale Rivederla!

ADDIO A GIUSEPPE VERDI



Addio! Queste azzurrine onde, quest’aure,
     De la tua nota poderosa esperte,
     Te ridonino ai campi, ove solingo
     A l’arte vivi ed a l’amor. Ch’io senta
     Sovra il cor mio ripalpitar codesto5
     Cor, che fe’ tanti palpitar: ch’io senta
     Ancora il tocco de la man che scrisse
     Di Manrico il lamento. Anche un istante,
     Ed al tuo sguardo falliran pel cielo
     Questi marmorei poggi, e quel Vulcano,10
     Come il tuo core, ardente, e, come il tuo
     Core, profondo: scenderà pensosa
     La Sirena fra l’acque, e le gentili
     Ninfe de l’Echia cercheranno invano
     I tuoi sguardi aquilini,15
     E la fosca e severa onda de’ crini.

Addio! La mente con più forte amore
     Guarda le cose che sparîr. Siccome
     Più bello appar quanto men presso il miri,
     Pennel fiammingo, le rimote gioie,20
     Le ricordi o le speri, assai più vaghe
     Ridono a l’alma. Un crepuscol rosato,
     Una nebula d’or confonde e vela
     Quanto v’ha di caduco, e a la speranza

     La memoria somiglia. Oh questi lochi,25
     Ove sì luce il ciel, vengano teco
     Sul paterno Eridàno! Oh lungamente
     Fra i campi aperti e le novissime ombre
     Di tue ville sorgenti, innanzi al guardo
     Come incantata vision ti girino30
     Queste piagge ridenti,
     E sul golfo seren gli astri lucenti!

Addio! Possan gl’Insubri estri, felici
     Del tuo ritorno, da la man rapirti
     La più vezzosa melodia, che renda35
     Di Napoli i tramonti e i caldi incensi
     Di Mergellina: perocchè veraci
     Ha la Musica pure i suoi profumi,
     I suoi mille colori; e allor che torna
     L’armonïosa allodola da l’alto,40
     Molli del traversato etere ha l’ali,
     E il peregrino augel, quando a le valli
     Lieto riviene messagger di aprile,
     Esala ancor da l’iridata piuma
     Del Levante gli aromi. Oh le primiere45
     Veglie di tua reddita! Oh quai celesti
     Note pe’ campi intorno
     Ridiranno a l’Insubria il tuo ritorno!

Addio! D’ogni memoria, onde sì raro
     Mi sorride il passato, eccoti in cima!50
     Quando qui nova ogni tua nota spiri,
     Di tenerezza balzerò siccome
     A l’improvviso ricordar d’un primo

     Nobile amore. Io l’ho distretto al seno
     Come fratello, penserò, codesto55
     Potente artista! La sua man talora
     Ai miei carmi impennava ali di foco!
     Al cembalo il mirai, come un Apollo
     Tornante a l’ara; l’Armonia più nova
     Da le sue dita uscìa, quasi rifatta60
     Da l’afflato del dio: salian le note
     Blandïenti e dimesse intorno a lui,
     Come la Musa achea
     In pugno a Giove i fulmini vedea.

Addio! Consorte ne l’amor de l’arte,65
     Se non di gloria, ti son io. Se chiaro
     Agl’Itali il mio nome ancor non sona,
     E forse mai non sonerà, quest’una
     Gloria mi valga, che d’aperta fede
     So proseguir quell’are, ove peranche70
     Sacrificar non oso. Ad una meta
     Moviamo insieme, e per diverse vie:
     Tu glorïoso e grande, io di sì breve
     Luce precinto; tu felice e lieto
     De l’assolte promesse, io d’impotente75
     Speme agitato! E nondimen tramonta
     Per tutti il sole, ed a lontane arene
     L’umanità viaggia! Oh, tu che il puoi
     (La gloria no, ma questa
     Possa t’invidio!) sul cammin la desta!80

Addio! Pari a quel fiume, onde segreta
     Rompe la vena e soverchiando allaga

     De le Sfingi il paese e lo feconda,
     Dai tranquilli recessi, ove ritorni,
     I popoli consola. Or non invano85
     Tanto al poter de l’armonia concede
     L’età che volge. Ricordanza è forse
     De le stelle perdute, e al cor de l’uomo
     Soave sì la Musica favella,
     Come soave a l’esule risona90
     L’idioma natio; forse ch’è l’eco
     Del novissimo accento, onde Iehòva
     A l’argilla parlò, divino accento,
     Che fra le sparse lingue ancor si aggira
     Sconfinato, profondo,95
     E la lingua natia ricorda al mondo;

Certo, una nota per diverse prode
     Tutte genti commove: e mentre assiso
     Ne’ lucidi teatri il sapïente
     Secol civil batte le palme e piange,100
     Balza il selvaggio da le sue foreste
     Di quella nota a l’eco, e ignoti climi,
     Scolorando, sospira. I monti e i mari
     Fulmina il Foco e i limiti divora;
     L’Elettrica favilla omai si è fatta105
     Veicol del pensiero, a cui somiglia;
     E d’ogni lito si ricerca a prova
     La disgregata umanità, presiede
     La Musica a gli amplessi, e li provoca,
     De l’universo amore eco infinita;110
     E là, donde ella spira,
     Più l’uom gl’innamorati occhi rigira!


Ben le musiche tue (rompano in onda
     Da le notturne orchestre, o sospirose
     Volino per l’aperto aêre, o lungo115
     Le profumate sale errin tra i fiori,)
     Volgono in fondo un non so che di ardente
     Che fra il dolor balena e la speranza,
     Un non so che d’infermo e d’inquïeto,
     Che lontano lontan vaga, nè tanto120
     Lunge va l’alma, che non sia più vasto
     Di tua nota il confine! Altre melodi
     Seguiranno a le tue, però che tutto
     Cangia quaggiuso, e noi polvere siamo
     Al di qua de le nubi: eppur d’amore125
     Proseguito verrai lungo, profondo!
     Oh non invan cotanto
     Sparger ne festi d’ineffabil pianto!

Addio! Come una foglia arida, inserta
     Fra le ghirlande de la festa, oh venga130
     Questo pallido addio fra le brillanti
     Gemme che l’Arte e l’Amistà fra noi
     Gareggiando ti offrir! Fin che su l’onde
     Potrò vederti, indugerò sul lido;
     E allor che fra i lontani ultimi flutti135
     Agl’intenti occhi miei sarai mancato,
     Ai miei silenzi tornerò, cantando
     Meco nel pensier mio
     Colle tue note sconsolate «Addio!»

Napoli, Aprile 1858.

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