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XVII.
Riposo
ome stanco viator, che si riposa
dopo lungo cammin, giunto alla meta,
così riposerò l’anima inquieta
4seduto al rezzo d’una piaggia ombrosa.
I fiori a me non coglierò d’appresso;
ma, l’occhio fiso nell’azzurro immenso,
l’anima acquieterò nel dolce senso
8dell’abbandono di tutto me stesso.
Sopra il mio capo, cinguettando, il volo
apprenderà la rondin giovinetta,
e laborioso tra la molle erbetta
12d’api ronzanti vagherà lo stuolo.
L’aura sua voce donerà alle fronde,
il sole ai vivi petali il sorriso;
mi aliterà soavemente in viso
16il bacio di viole moribonde.
Misteriosa la voce delle cose
favellerà dai rivi e dalle zolle,
favelleran gli steli e le corolle
20dei pallidi narcisi e delle rose.
Ed io, seduto sopra l’erba verde,
con l’occhio fiso nell’azzurro immenso,
mi lascerò cullar dal dolce senso
24in cui l’anima placida si perde.