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Questo testo fa parte della raccolta Rime scelte di poeti del secolo XIV/Franco Sacchetti


Canzone distesa, nella quale magnifica i signori di Firenze ch’ebbero la terra alle mani dopo la signoria del minuto popolo ai 13 di settembre.

(1378)


     Cari signor collegi e consolari
Che tra gl’incendi romori e ruine
La repubblica aveste nelle braccia;
Mirate i giorni preteriti amari,
5Che furon tutti esempli e discipline

Di quei che vuol ch’ognuno in pace giaccia.
Certo, mirando nella vostra faccia,
Veggio risurta la Prudenza degna
Che con saggio consiglio altrui governa.
10Non è chi ’l ver discerna
Nel loco dove questa virtù manca.
Gittata la trovaste da man manca:
Or con voi siede e regna.
Seguitela, per dio; chè vostra pace
15Con seco porta ed ogni ben verace.
     Rimessa avete la Giustizia santa
Nella sua seggia, che vi dà ragione
E verità contro le false guance.
Questa giacea lebbrosa tutta quanta,
20Povera nuda cieca ed in prigione;
La spada rotta, e in terra le bilance.
Spezzate son da voi le inique lance
Che potevano offender gl’innocenti,
E spento ogni veleno, e svelta ’l erba
25Di condizion superba,
E della vil diradicato il seme.
Del vostro stato omai alcun non teme;
Perchè mezzane genti
Reggono, ed ogni mezzo sempre esalta;
30Dal mezzo quasi mai non vien difalta.
     La Temperanza, che fa l’uom morale
E dà il modo a viver con costume,
Nelle porcine stalle era condotta:
Questa nell’ultim’ora era mortale;
35E voi con chiaro e valoroso lume
L’avete tratta di sì trista grotta,
Specchiando in lei la vostra mente dotta:
Onde soverchia turbazione od ira
O sfrenato appetito non v’accende.
40Per questa si difende
L’alma ed il corpo ed ogni ben terreno:
Dove non regna, ogni signor vien meno.
Ben giunse a questa mira
Sardanapalo e Roboam e molti,
45Ch’a seguir le lor voglie furon stolti.

     La costante virtù, somma Fortezza,
Ch’avea perdute tutte le sue membra,
Sanata avete e messa nel suo loco.
Sanza costei non può esser fermezza;
50Sanza costei riposo non s’assembra;
Sanza costei ciascun rettor può poco.
S’io dico il vero, il sa chi vide il gioco
Già de’ maggiori e de’ minor da poi
Che sì e no, fa e disfà, in un punto
55Seguivan sanza punto.
Se quei che regge non s’attiene a questa,
Qual è maggiore a’ popoli tempesta?
Dunque, s’io penso a voi,
E terra inferma e stato sanza legge
60Per voi con forma si mantiene e regge.
     Canzon, a’ miei signor ti rappresenta,
E con lor ti rallegra, come quelli
Che drieto a ria fortuna han dolce tempo:
Umilemente a ciaschedun rammenta
65Che tutti i buoni faccian lor fratelli,
E faccia ben chi può quand’egli ha il tempo.
Pruova ne face il tempo;
Chè tal d’offender ebbe il laccio teso
Che poi da quello è giustamente preso.


(Dalla Serie dei testi di lingua del Poggiali; Livorno, Masi, 1813.)

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