< Catone Maggiore
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Marco Tullio Cicerone - Catone Maggiore, ovvero Dialogo intorno alla vecchiezza fra Catone, Scipione e Lelio, dedicato a Tito Pomponio Attico (De senectute) (44 a.C.)
Traduzione dal latino di Michele Battaglia (1866)
Traduzione dal latino di Michele Battaglia (1866)
Capitolo III
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- CATONE.
- Ed io mi accingo alla meglio che potrò. Fra coloro a me pari d’età (gli eguali con gli eguali, dice un antico proverbio, conversano facilmente insieme) spesse volte m’avvenne udire lamentanze, le quali da Cajo Salinatore e Spurio Albino, personaggi consolari miei coetanei, erano biasimate; che fossero, cioè, ormai costretti di astenersi dai piaceri, senza di cui sembrava loro insipida la vita: né essere tenuti in conto presso loro, da cui per lo passato venivano corteggiati.
- Del che, mi sembra, che nel rovesciarne la colpa sulla vecchiezza, fossero costoro fuori di via. Conciossiaché, se una simile accusa fosse da lei meritata, io pure del pari avrei dovuto subirne gli effetti, e con me coloro tutti di età più provetta, non pochi dei quali vidi traversare la vecchiezza senza lagnarsi, né trovare molesto il languore degli ardenti desideri, né essi mai venire a noia ai loro amici.
- Ma per chi attentamente osservi, il peccato non sta nell’età, bensì ne’ costumi. L’uomo di modi gentili e cortesi torna piacevole e gradito anche nella vecchiezza, mentre gli importuni ed esigenti sono molesti in qualsiasi stadio della vita.
- LELIO.
- Parli ottimamente, o Catone. Ma per avventura non potrebbe taluno farti osservare che in mezzo alle dovizie, alla copia d’ogni cosa, allo splendore delle tue cariche, ti avviene di sopportare la vecchiezza più agevolmente, il che non da molti è possibile conseguire?
- CATONE.
- Queste circostanze hanno il loro valore, ma sole non bastano sicuramente. E siccome narrasi di Temistocle che disputando con cotale serifiese, dal quale venivagli apposto non essere la di lui gloria merito tutto suo, ma di Atene sua patria, replicò "Non io, per Dio, sarei illustre, per ciò solo che nativo di Serifo; ma tu neppure saresti chiaro giammai quando pure fosti nato cittadino ateniese" altrettanto può dirsi della vecchiezza. Poiché nel modo stesso che l’uomo anche filosofo, travagliato dalla miseria, troverà incomoda l’età senile, del pari l’ignorante, benché circondato dagli agi a stento saprebbe compiacersene.
- Conforti efficacissimi della vecchiaia, o amici, sono le arti e la pratica delle virtù, le quali coltivando in ogni tempo, anche nella più tarda età sono feconde di stupendi vantaggi, sì per non venire meno giammai anche nel più remoto periodo della vita (del che è massima l’importanza), e perché la coscienza pura di rimorsi, e la memoria d’avere operato il bene, sono dolcissima soddisfazione dell’uomo.
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