Recitata per la prima volta a Torino dalla Compagnia diretta da Cesare Rossi, il 14 gennaio 1884. Interpreti principali Eleonora Duse, Flavio Andò, Cesare Rossi e Tebaldo Checchi.

Turiddu Macca. Compar Alfio di Licodiano. La Gnà Lola, sua moglie. Santuzza. La Gnà Nunzia, madre di Turiddu. Lo Zio Brasi, stalliere. Comare Camilla, sua moglie. La Zia Filomena. Pippuzza.

La piazzetta del villaggio, irregolare. In fondo a sinistra, il viale alberato che conduce alla chiesuola, e il muro di un orto che chiude la piazzetta; a destra una viottola, fra due siepi di fichidindia, che si perde nei campi. Al primo piano a destra, la bettola della Gnà Nunzia, colla frasca appesa all’uscio; un panchettino con su delle ova, pane e verdura, in mostra; e dall’altra parte dell’uscio una panca addossata al muro. La bettola fa angolo con una stradicciuola che mette nell’interno del villaggio. All’altra cantonata la caserma dei carabinieri, a due piani, collo stemma sul portoncino. Più in là, sulla stessa linea, lo stallatico dello zio Brasi, con un’ampia tettoia sul davanti. Al primo piano, a sinistra, una terrazza con pergolato. Poscia una stradicciuola. Infine la casetta della zia Filomena.

Lo Zio Brasi attraversa la scena dalla sinistra con un fascio di fieno in capo, che va a deporre sotto la tettoia. - Comare Camilla sulla terrazza, ripiegando della biancheria di bucato. - Donne lungo il viale per andare in chiesa. Un contadino seduto sotto la tettoia, col mento fra le mani, canticchiando. Suona la messa. - La zia Filomena esce dalla bettola della Gnà Nunzia, portando roba sotto il grembiale.

Spesa, zia Filomena?

Oggi è Pasqua, colla grazia di Dio! (entra in casa)

O comare Santa, che andate a confessarvi?

Tu rientra in casa, e bada ai fatti tuoi, linguaccia! (comare Camilla rientra in casa. A un carabiniere ch’è affacciato sul terrazzino della caserma) Mi vuol sempre cimentare, quel diavolo di mia moglie! (al contadino ch’è sotto la tettoia) Venite qua, compare Peppi. (lo conduce via nello stallatico)

O gnà Nunzia!

O tu!... Che vuoi? (il carabiniere rientra)

Non temete, me ne vado subito. Ditemi soltanto se c’è vostro figlio Turiddu.

Sin qui vieni a cercarmi mio figlio Turiddu?... Non c’è.

Ah, Signore benedetto!

Lo sai che nei vostri pasticci io non voglio entrarvi!

Ah, gnà Nunzia, non mi vedete la faccia che ho? Fate come Gesù Cristo a Maria Maddalena.... Ditemi dov’è vostro figlio Turiddu, per carità!

È andato a Francofonte per il vino.

No! Ier sera era ancor qui. L’hanno visto a due ore di notte.

Che vieni a dirmi!... In casa non è tornato stanotte.... Entra.

No, gnà Nunzia. In casa vostra non ci posso entrare.

O zia Filomena, oggi che è la Santa Pasqua, e fanno pace suocera e nuora, abbiamo da abbracciarci e baciarci anche noi?

— Zitto, scomunicato! (rientra in casa)

Parla dunque! Cos’è successo a mio figlio Turiddu?

Non gridate forte, gnà Nunzia!

Volet’ova, gnà Nunzia?

A tre due soldi, se ti contenti. Guarda, ne ho tante.

Allora mi contento di mangiarmele coi miei figliuoli, e far la Pasqua anch’io, piuttosto. (per andare)

O che non siete stata a confessarvi, gnà Nunzia?

Via, perchè oggi è Pasqua, un soldo l’uno! Ne piglio dodici; ma uno me lo darai di giunta, in regalo. Mettile insieme alle altre, là... Senza romperle, bada! E te’ i danari. Un pugno di palanche ti porti via, guarda!

Senti, senti Pippuzza, cerchiamo di far negozio anche noi. Vieni qua, a casa mia. (la conduce nella prima stradicciuola a sinistra)

Parla dunque! Che sai di mio figlio Turiddu?

Niente so.

Dov’è stato questa notte, che non è tornato a casa?

Ah, gnà Nunzia! che chiodo c’è qui dentro nel mio cuore!

Dunque lo sai dov’è stato Turiddu?

Che ne avete ancora di quello buono da sei soldi, gnà Nunzia?

Vado a vedere. Turiddu doveva portarne oggi da Francofonte.

Vostro figlio Turiddu è ancora qui. L’ho visto stamattina. Non ha il berretto rosso di bersagliere?

Intanto andate a vedere se ce n’è ancora. (la gnà Nunzia rientra nella bettola)

Si capisce che siete di casa, ormai, comare Santa.

Siete venuto a far la Pasqua colla gnà Lola vostra moglie, compar Alfio?

Sì, almeno le feste principali.

Che non ci venite a messa voi?

Viene! viene! O compar Alfio, che potete pigliarlo un viaggio per Militello?

S’è per domani, sì, zio Brasi. Oggi son venuto a far la Pasqua a casa mia.

“Il Carnevale fallo con chi vuoi. Pasqua e Natale falli con i tuoi. „

E vostra moglie, che vi vede soltanto a Pasqua e a Natale, cosa dice?

Io non lo so, cosa dice. Questo è il mio mestiere, comare Camilla. Il mio mestiere è di fare il vetturale e di andare sempre in viaggio di qua e di là.

È meglio di quell’altro, compar Alfio; me lo direte poi, quando l’avrete bevuto, buon prò vi faccia. Diciotto soldi.

Non è bene quello che avete detto, compar Alfio; chè avete la moglie giovane.

Mia moglie sa che la berretta la porto a modo mio; (battendo sulla tasca del petto) e qui ci porto il giudizio per mia moglie, e per gli altri anche, (due carabinieri in tenuta escono dalla caserma e si allontanano pel viale della chiesa) — I miei interessi me li guardo io, da me, senza bisogno di quelli del pennacchio. E in paese tutti lo sanno, grazie a Dio! (suona la messa una seconda volta).

Lontano sia! (chiude l’uscio a chiave, e si mette la mantellina in capo, avviandosi verso la chiesa)

Vengo anch’io, vengo anch’io, zia Filomena. (via dalla terrazza)

Piuttosto andate a dire a vostra moglie che suona la messa, scomunicato!

Corro a governare le mie bestie, e vado a dirglielo. Non dubitate, son cristiano anch’io.

Diciotto soldi.

Vengo, vengo, pittima! Lasciatemi contare i denari.

Eccovi la chiave, se mai. E voi non venite al solito quando stanno per terminare le funzioni in chiesa, (via verso la chiesa colla zia Filomena).

E diciotto, a voi! Buon pro vi facciano.

O dove l’avete visto mio figlio Turiddu, compar Alfio?

Non gli dite nulla, per carità!

L’ho visto dalle mie parti, all’alba, mentre arrivavo a casa mia. Egli andava correndo, come avesse fretta, e non si accorse di me. Volete che ve lo mandi, se l’incontro?

No, no. (compar Alfio via. A Santuzza). Perchè mi hai fatto segno di star zitta?

Ah!... Cosa ti salta in mente?

Ah, gnà Nunzia!

La gnà Lola?... La moglie di compar Alfio?...

Come farò adesso che Turiddu mi abbandona?...

O poveretta me! Cosa mi vieni a dire!... Non può essere; ti sbagli; compar Alfio si sbaglia anche lui!... Poi ci sono tanti che hanno il berretto rosso di bersagliere....

No, non si sbaglia compar Alfio. Era lui, Turiddu!

Come lo sai?

Lo so.... Compare Turiddu, prima d’andar soldato.... si parlavano colla gnà Lola.

Bè! Poi al suo ritorno la trovò maritata con compar Alfio di Licodiano, e si mise il cuore in pace.

Ma essa no! Essa non se lo mise il cuore in pace.

O come sai quest’altra cosa?

Lo so, che si affacciava ogni volta, quando lo vedeva passare dinanzi la mia porta, e me lo rubava cogli occhi quella scomunicata! e cercava di attaccar discorso con lui anche! — Compare Turiddu, che ci venite a fare da queste parti? Non lo sapete che non ci fu la volontà di Dio? Ora lasciatemi stare che son di mio marito. — La volontà di Dio era per tentarlo! Egli si metteva a cantare sotto la mia finestra per far dispetto a lei che s’era maritata con un altro. Tanto è vero che l’amore antico non si scorda più. Io come lo sentivo cantare, quel cristiano, sembrava che il cuore mi scappasse via dal petto. Ero pazza, sì! Come potevo dir di no quand’egli mi pregava: — Apri, Santuzza, s’è vero che mi vuoi bene!... — Come potevo? Allora gli dissi: — Sentite, compare Turiddu, giuratemi innanzi a Dio, prima! — Egli giurò. Dopo, come lo seppe lei, quella mala femmina, diventò gelosa a morte; e si mise in testa di rubarmelo. Mi cambiò Turiddu di qua a qua (col gesto della mano). Egli nega, perchè gli faccio compassione; ma d’amore non mi ama più!... Ora che sono in questo stato.... che i miei fratelli quando lo sapranno m’ammazzano colle sue mani stesse! Ma di ciò non m’importa. Se Turiddu non volesse bene a quell’altra, morirei contenta. Ieri sera venne a dirmi: — Addio, vado, per un servizio. — Colla faccia tanto buona! Signore! com’è possibile avere in core il tradimento di Giuda con quella faccia? Più tardi una vicina che veniva pel filato mi disse di aver visto compare Turiddu lì dalle nostre parti, dinanzi all’uscio della gnà Lola.

O figlia di Dio, cosa mai vieni a contarmi la santa giornata ch’è oggi!...

Ah! che giornata spuntò oggi per me, gnà Nunzia!

Senti, va a buttarti ai piedi del Crocifisso.

No, in chiesa non ci posso andare, gnà Nunzia.

Le funzioni sacre non voglio perderle anch’io però.

Voi andateci, chè vi terrò d’occhio la bottega.... Non temete, non sono ladra anche!

Ma che vuoi fare?

Non lo so. L’aspetterò qui (accennando la panca accanto all’uscio). come una poveretta di limosina.

Qui? in casa mia?

Non dubitate, in casa non entrerò. Non mi scacciate anche dalla porta, gnà Nunzia, se volete fare come il Signore misericordioso, che andate a pregare in chiesa. Lasciatemi qui, vi dico! Lasciate che parli con lui quest’ultima volta, per l’anima dei vostri morti!

O Signore, pensateci voi!

Aspettate, aspettate, gnà Nunzia; noi che abbiamo bottega aperta e arriviamo sempre gli ultimi, (la gnà Nunzia è andata via. — Lo zio Brasi a Santuzza). Ah, voi non andate neppure alle funzioni di Pasqua, comare Santa? Volete che recitiamo insieme il santo rosario?

Lasciatemi stare.

Eh!... che non vi mangio, diavolo!... Come se non si sapesse....

Lasciatemi stare.

Che ci arrivo alle funzioni, zio Brasi?

Se corri, ci arrivi. (Pippuzza via. — Lo zio Brasi a Santuzza). Vedete, io faccio come il campanaro, che chiama la gente in chiesa, ma lui se ne sta fuori, (guardando verso la viottola in fondo, a destra). Ah! ecco perchè volevate che vi lasciassi stare!... Eccolo il merlo.... Ora me ne vado anch’io.... (via verso la chiesa).

Turiddu Macca in fretta dalla viottola in fondo a destra e Santuzza che balza in piedi al vederlo.

Oh, Santuzza!... che fai qui?

Vi aspettavo.

Dov’è mia madre?

È andata in chiesa.

Allora vacci anche tu: che qui ci abbado io.

No, non ci vado in chiesa.

Il giorno di Pasqua!

Lo sapete che non posso andarci.

Allora cosa vuoi fare?

Voglio parlarvi.

Qui? In mezzo alla strada?

Non me ne importa.

La gente che può vederci!

Non me ne importa.

Che hai?

Ditemi donde venite.

Oh, oh! Che vuol dire questa cosa?

Dove siete stato questa notte?

Ah! devo dire dove sono stato?

Perchè andate in collera se vi domando dove siete stato? Non me lo potete dire?

Sono stato a Francofonte, sono stato.

Non è vero. Ieri sera a due ore di notte eravate ancora qui.

Allora sono stato dove mi pare e piace.

O compare Turiddu, perchè mi trattate in tal modo? Non mi vedete in faccia? Non vedete che piglio morte e passione?

Colpa tua; che ti sei messa in capo non so che cosa; e vai a svergognarmi con questo e con quello; e a spiare dei fatti miei, come se fossi ancora un ragazzo; e non sono più padrone di fare ciò che voglio?

No, non sono andata a domandare. L’hanno detto qui, or ora, che vi hanno visto all’alba sull’uscio della gnà Lola.

Chi l’ha detto?

Compar Alfio stesso, suo marito.

Lui! Ah, è questo il grande amore che mi porti? che vai a mettere di queste pulci nell’orecchio di compar Alfio? e risichi di farmi ammazzare?

Ah! compare Turiddu, come potete dirlo?

Alzati, non mi fare la commedia! Alzati io me ne vado.

Ah, ora ve ne andate? Ora che mi lasciate come Maria Addolorata?

Cosa vuoi che faccia se non credi più alle mie parole? A ciò che ti dicono gli altri invece, sì, ci credi! Non è vero niente, ti ripeto. Compar Alfio ha sbagliato. Andavo pei fatti miei. Guarda, ti sei messa in capo questa storia della gnà Lola, giusto quando c’è qui in paese suo marito! Vedi quanto sei sciocca?

Suo marito è giunto stamattina soltanto.

Ah, sai anche cotesto? Brava! Mi fai la spia in tutto e per tutto! Non sono più padrone di nulla!

Sì, compare Turiddu, siete padrone di scannarmi colle vostre mani stesse come un agnello, se volete; che vi leccherei le mani come un cane.

O dunque?

Ma la gnà Lola, no, vedete! Quella li mi vuol far dannare l’anima.

Lascia stare la gnà Lola ch’è per casa sua.

E lei perchè non mi lascia stare, me? Perchè mi vuol rubare voi, che non ho altro?

Bada che ti sbagli.

No, che non mi sbaglio! Non le correvate dietro prima d’andar soldato?

Acqua passata! Ora la gnà Lola è maritata per casa sua.

Che importa! Non le volete bene ancora, quantunque sia maritata? Ed essa non vi ha rubato a me per gelosia? E non mi sento qui dentro il fuoco per voi che mi tradite?

Taci, taci.

No, non posso tacere, che ho la rabbia canina in cuore! Ora come farò se voi mi abbandonate?

Io non ti abbandono, se tu non mi metti colle spalle al muro. Ma te l’ho detto: voglio essere padrone di fare quel che mi pare e piace. Sinora, grazie a Dio, catena al collo non ne ho.

Cosa intendete di dire?

Intendo che sei una matta con questa gelosia senza motivo.

Che colpa ci ho io? Vedete come son ridotta? La gnà Lola è meglio di me, lo so! Ha il collo e le mani cariche d’oro! Suo marito non le fa mancare nulla, e la tiene come la Madonna sull’altare, quella scomunicata!

Lasciala stare!

Vedete se la difendete?

Non la difendo. A me non me ne importa se suo marito la tiene come la Madonna sopra l’altare. Quello che m’importa è di non passare per uno che non sia padrone di fare quello che gli pare e piace. Questo no!

La Gnà Lola. dalla prima viottola a destra. Turiddu e Santuzza.

Oh, compare Turiddu! Che l’avete visto andare in chiesa mio marito?

Non so, comare Lola, arrivo in questo momento.

Mi disse: vado dal maniscalco pel baio che gli manca un ferro, e subito ti raggiungo in chiesa. Voi, che state a sentirle di qua fuori le funzioni di Pasqua, facendo conversazione?

Comare Santa qui, che stava dicendomi....

Gli dicevo che oggi è giornata grande; e il Signore, di lassù, vede ogni cosa!

E voi che non ci andate in chiesa?

In chiesa ci ha da andare chi ha la coscienza netta, gnà Lola.

Io ringrazio Iddio, e bacio in terra (si china a toccare il suolo colla punta delle dita, che poscia si reca alle labbra).

Ringraziatela, gnà Lola, quand’è così. Chè alle volte si dice: “Quello, nella terra su cui posa i piedi, non è degno di metterci il viso".

Andiamo via, gnà Lola, che qui non abbiamo nulla da fare.

Non v’incomodate per me, compare Turiddu, che la strada la so coi miei piedi, e non voglio guastare i fatti vostri.

Se vi dico che non abbiamo nulla da fare!

No, abbiamo da parlare ancora

Buon prò vi faccia, compare Turiddu! E voi restate qui pei fatti vostri, chè io me ne vo pei fatti miei,

Ah! vedi cosa hai fatto?

Sì, lo vedo!

L’hai fatto apposta dunque?

Sì, l’ho fatto apposta!

Ah! sangue di Giuda!

Ammazzami.

L’hai fatto apposta! l’hai fatto apposta!

Ammazzami, non me ne importa, via!

No, non voglio manco ammazzarti! (per andare).

Mi lasci?

Sì, questo ti meriti, (suona la campana dell’elevazione).

Non mi lasciare, Turiddu! Senti questa campana che suona?

Non voglio essere menato pel naso, intendi?

Tu puoi camminarmi coi piedi sulla faccia. Ma essa, no!

Finiamola! Me ne vado per troncare queste scenate!

Dove corri?

Dove mi pare.... Vado a messa.

No, tu vai a far vedere alla gnà Lola che m’hai piantata qui per lei; che di me non t’importa!

Sei pazza!

Non ci andare, Turiddu! Non andare in chiesa a far peccato oggi! Non mi fare quest’altro affronto di faccia a quella donna.

Tu piuttosto! Vuoi farmi l’affronto di mostrare a tutto il mondo che non son padrone di muovere un passo; che mi tieni sotto la tua scarpa come un ragazzo!...

Che te ne importa di quel che dice lei, se non mi vuoi far morire disperata?...

Sei pazza!

Sì, è vero, son pazza! Non mi lasciare con questa pazzia in testa!

Finiamola ti dico! mannaggia!

Turiddu! per questo Dio che scende nell’ostia consacrata adesso, non mi lasciare per la gnà Lola! (Turiddu via) Ah! mala Pasqua a te!

Oh, il Signore che vi manda, compar Alfio!

A che punto è la messa, comare Santa?

Tardi arrivate. Ma vostra moglie c’è andata per voi con Turiddu Macca.

Cosa volete dire?

Dico che vostra moglie va attorno carica d’oro come la Madonna dell’altare, e vi fa onore, compare Alfio!

Oh, a voi che ve ne importa?

Me ne importa per voi che, mentre girate il mondo a buscarvi il pane e a comprar dei regali per vostra moglie, essa vi adorna la casa in altro modo!

Cosa avete detto, comare Santa?

Dico che mentre voi siete fuorivia, all’acqua e al vento, per amor del guadagno, comare Lola, vostra moglie, vi adorna la casa in malo modo!

Pel nome di Dio, gnà Santa, che se siete ubbriaca di buon’ora la mattina di Pasqua, vi faccio escire il vino dal naso!

Non sono ubbriaca, compar Alfio, e parlo da senno.

Sentite! S’è la verità che m’avete detto, allora vi ringrazio, e vi bacio le mani, come se fosse tornata mia madre istessa dal camposanto, comare Santuzza! Ma se mentite, per l’anima dei miei morti! vi giuro che non vi lascerò gli occhi per piangere, a voi e a tutto il vostro infame parentado!

Piangere non posso, compar Alfio; e questi occhi non hanno pianto neppure quando hanno visto Turiddu Macca che m’ha tolto l’onore, andare dalla gnà Lola vostra moglie!

Quand’è così, va bene, e vi ringrazio, comare.

Non mi ringraziate, no, chè sono una scellerata!

Scellerata non siete voi, comare Santa. Scellerati son coloro che ci mettono questo coltello nel cuore, a voi e a me. Che se gli si spaccasse il cuore davvero a tutti e due con un coltello avvelenato d’aglio, ancora non sarebbe niente! Ora, se vedete mia moglie che mi cerca, ditele che vado a casa a pigliare il regalo pel suo compare Turiddu. (via dalla prima viottola a destra).

O comare Santa, che va in chiesa quando non c’è più nessuno!

Sono in peccato mortale, zio Brasi! (via verso la chiesa)

Lo Zio Brasi rientra un momento nello stallatico. Comare Camilla s’avvia a casa sua. La Zia Filomena mette la chiave nella toppa. La Gnà Nunzia entra nella bettola per togliersi la mantellina.

Comare Lola, che ve ne andate così, senza dirci niente!

Vado a casa perchè sono in pensiero per mio marito, che non l’ho visto in chiesa.

Non ci pensate, che capiterà qui in piazza. Ora abbiamo a bere un dito di vino tutti qui, amici e vicini, alla nostra salute, e far la buona Pasqua, Qua, gnà Camilla! e anche voi, zia Filomena!

Vengo, vengo, (entra in casa a lasciare la mantellina e torna subito).

Vi ringrazio, compare Turiddu, ma sete non ne ho.

Non mi fate quest’affronto, comare!... Allora vuol dire che siete in collera con me?...

Per qual motivo dovrei essere in collera con voi?

Questo dico io: per qual motivo dovreste essere in collera con me che non vi ho fatto nulla?... E poi il giorno di Pasqua ha da essere come il bucato, se abbiamo dei torti l’un coll’altro. Ora manderemo a chiamare compar Alfio vostro marito, e ha da bere con noi lui pure.

Allegria! Allegria!

A queste allegrie vi ci trovate sempre voi! (ripiega la mantellina e se la mette sul braccio).

O madre! Che ne avete ancora di quel buono?

Sì, di quel buono che dovevi portar oggi da Francofonte!...

Via, via, oggi ch’è Pasqua! Non mi fate il muso lungo anche voi. Vi spiegherò più tardi. Vedete gli amici qui che aspettano?

O gnà Nunzia, a questa vendita oggi non ci guadagnate nulla!

Pago io, pago io coi miei denari! (la gnà Nunzia rientra).

Chi ne ha ne spende!

Chi sa quante ne avete fatte di queste galanterie colle donne di laggiù, fuorivia, mentre eravate soldato! Si vede che ci avete pratica!

Ma che donne! ma che donne! Io la testa l’avevo sempre qui, al mio paese.

Questa poi andate a contarla ai morti

Parola mia, comare Camilla! I bersaglieri, sapete bene, sono come il miele per le donne.... con quelle piume. Bel moretto di qua, occhiate che volevano dire dall’altra parte.... Ma io non ero di quelli che, dice il dettato, Lontan dagli occhi, lontan dal cuore.

O gli uomini! Chi li crede?

Dite le donne, piuttosto! che prima vi fanno mille giuramenti; e poi, quando un povero diavolo se n’è andato lontano, che il cuore l’ha lasciato via, e la testa anche, e non mangia, e non dorme più, pensando sempre a una cosa, tutt’a un tratto gli arriva come una schioppettata la notizia: — Sai? la tale si marita! — Come se vi pigliasse un accidente!

Matrimoni e vescovati dal cielo destinati.

Voi che ci credete? Che ci credete che pensano sempre a una cosa quando son via, in mezzo alle altre donne? e non le guardano neppure? Lo volete vedere che subito poi si mettono il cuore in pace colla prima che gli capita?

Scusate, scusate....

Di quello che c’è rimasto. Colpa sua!

Allegria! Allegria!

Ora s’ha da berci su, come avete detto voi.

L’ho detto e lo faccio. Voi, madre, che non ne volete?

No, non ne voglio. (rientra in casa brontolando).

E in collera perchè so io.... Vecchi benedetti! che non si vogliono rammentare di quel che hanno fatto in gioventù! Alla vostra salute, gnà Lola! Voi, comare Camilla! Bevete, zio Brasi. Oggi vogliamo uccidere la malinconia.

Compar Alfio, dalla destra, Turiddu, lo Zio Brasi, la Gnà Lola, Comare Camilla e la Zia Filomena.

Salute alla compagnia.

Venite qua, compar Alfio, chè avete a bere un dito di vino con noi, alla nostra salute l’uno dell’altro. (colmandogli il bicchiere).

Grazie tante, compare Turiddu. Del vostro vino non ne voglio, che mi fa male.

A piacer vostro. (butta il vino per terra e posa il bicchiere sul deschetto. Rimangono a guardarsi un istante negli occhi).

Vengo, vengo.

Che avete da comandarmi qualche cosa, compar Alfio?

Niente, compare. Quello che volevo dirvi lo sapete.

Allora sono qui ai vostri comandi.

Ma che volete dire?

Se volete venire un momento qui fuori, potremo discorrere di quell’affare in libertà.

Aspettatemi alle ultime case del paese, che entro in casa un momento a pigliare quel che fa bisogno, e son subito da voi. (si abbracciano e si baciano. Turiddu gli morde lievemente l’orecchio).

Forte avete fatto, compare Turiddu! e vuol dire che avete buona intenzione. Questa si chiama parola di giovane d’onore.

O Vergine Maria! Dove andate, compar Alfio?

Vado qui vicino. Che te ne importa? Meglio sarebbe per te che non tornassi più

O Gesummaria!

Sentite, compar Alfio, come è vero Dio so che ho torto, e mi lascierei scannare da voi senza dir nulla. Ma ci ho un debito di coscienza con comare Santa, chè son io che l’ho fatta cadere nel precipizio; e quant’è vero Dio, vi ammazzerò come un cane, per non lasciare quella poveretta in mezzo alla strada.

Va bene. Voi fate l’interesse vostro. (via dalla viottola in fondo a destra).

O compare Turiddu! In questo stato mi lasciate anche voi?

Non ci ho più nulla a fare con voi. Adesso è finita fra noi due. Non avete visto che ci siamo abbracciati e baciati per la vita e per la morte con vostro marito? O madre.

Che c’è ancora?

Vado per un servizio, madre. Non ne posso fare a meno. Datemi la chiave del cancello, che esco dall’orto per far più presto. E voi, madre, abbracciatemi come quando sono andato soldato, e credevate che non avessi a tornar più, chè oggi è il giorno di Pasqua.

O che vai dicendo?

Dico così, come parla il vino, che ne ho bevuto un dito di soverchio, e vado a far quattro passi per dar aria al cervello. E se mai.... alla Santa, che non ha nessuno al mondo, pensateci voi, madre. (entra in casa).

La Gnà Nunzia attonita; la Gnà Lola in gran turbamento; Comare Camilla che fa capolino dalla cantonata; la Zia Filomena sull’uscio di casa; lo Zio Brasi presso la tettoia.

O cosa vuol dire?

Gnà Lola, tornate a casa, tornate!

Perchè devo tornare a casa?

Non sta bene in questo momento che vi troviate qui, in piazza! Se volete essere accompagnata.... Tu, Camilla, resta qui con comare Nunzia, se mai.

O Gesummaria! Gesummaria!

Ma dov’è andato mio figlio?

O ch’è stato?

Non hai visto, sciocca, quando gli ha morsicato l’orecchio? Vuol dire, o io ammazzo voi, o voi ammazzate me.

O Maria Santissima del pericolo!

Ma dov’è andato mio figlio Turiddu? Ma che vuol dire tutto questo?

Vuol dire che facciamo la mala Pasqua, gnà Nunzia! E il vino che abbiamo bevuto insieme ci andrà tutto in veleno!

Hanno ammazzato compare Turiddu! Hanno ammazzato compare Turiddu!