Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Nera sí, ma se' bella, o di natura | Tarlo e lima d'amor, cura mordace | ► |
Questo testo fa parte della raccolta Poesie varie (Marino)/I sonetti amorosi
lxii
alla gelosia
Che Tizio lá nel tormentoso inferno
pasca del proprio cor l’augel vorace;
che Tantalo digiun segua lo scherno
de l’ésca avara e del ruscel fallace;
che sostegna Issione il moto eterno
de la rota volubile e fugace;
che Sisifo per gli argini d’Averno
stanchi il gran sasso senz’aver mai pace;
che Prometeo, legato in duro laccio,
paghi l’error de la rapina antica,
esposto al vento e condannato al ghiaccio;
gran pene son: ma la sua amata amica
veder giacersi ad altro amante in braccio
se sia pena maggior, chi ’l vide il dica!
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.