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L'EPOCA DELL'ARRIVO NEL 1294.
25. Fino all’Anno 1525 all’incirca, in cui Girolamo Angelita scrisse la sua relazione del Santuario Lauretano, nessuno aveva saputo o scritto mai, in qual anno fosse seguita la traslazione miracolosa della Santa Casa di Nazaret. Tutti però la credevano di antichissima data, e molto anteriore all’anno 1294. Dante Alighieri scrivendo la sua cantica poco dopo il 1300 metteva in bocca di S. Pietro Damiani le seguenti parole, e Pietro peccator fui nella Casa — Di Nostra Donna sul lido Adriano. San Pier Damiani morì nel 1072 sicché a giudizio di Dante, l’arrivo della Casa di Nostra Donna era già seguito nel Secolo medesimo. Il Preposito Fermano scrivendo circa l’Anno 1460 la sua notissima relazione della venuta, tace assolutamente dell’epoca, e non ne avrebbe taciuto se non la avesse ignorata. Anzi quel Sacerdote aveva sotto gli occhj, e ricopiava in parte una leggenda antichissima, appesa alle mura del tempio, situ et vetustate corrosa, carie et pulvere jam pene consumpta, e in essa non leggeva l’epoca del 1294. Fra Leandro Alberti nato nel 1489, scriveva che la Santa Camera Nazarena era stata già venerata in Loreto per molte etadi et per molti secoli, e se avesse saputo e creduto che fosse giunta nel 1294, non avrebbe asserrito essere già decorsi molti secoli, e molte età. Il Trissino contemporaneo all’Alberti, assegnò questo avvenimento al tempo di Odoacre Re degli Eruli; e quantunque Egli scrivesse poeticamente, non avrebbe attribuito quel fatto al Secolo quinto qualora nel suo tempo si fosse generalmente saputo e creduto che la Santa Casa era venuta in Italia nel Secolo decimoterzo. Finalmente per tacere di ogni altro, il celebre Carmelitano di Mantova Giovanni Battista Spagnoli, visitava la Santa Casa nell’Anno 1489, considerava e ricopiava la leggenda antichissima appesa alle pareti, e non vi leggeva che l’arrivo miracoloso fosse seguito nell’Anno 1294. Anzi questo rinomato e religioso Scrittore, seguendo le credenze comuni al suo tempo, le quali riferivano la traslazione miracolosa alla antichità più remota, disse, che era avvenuta nel principio del Secolo settimo, al tempo di Eraclio Imperatore dei Romani, e di Cosroe Re dei Persiani. Neppure Egli colse nel segno, come ho già dimostralo nelle mie discussioni; ma tuttavia non avrebbe trasferito quel prodigio alla distanza di tanti Secoli, se si fosse saputo e creduto generalmente, che non era ancora lontano due Secoli. In somma si cerchi pure in tutte le biblioteche, si svolgano pure tutti quanti gli Archivj, e non si troverà mai né un libro, né un foglio, in cui si accenni l’epoca del 1294, prima che venisse promulgata dall’Angelita.
26. Questo buon Cittadino Recanatese, datosi a scrivere una breve relazione del Santuario Lauretano, si immaginò di renderla più completa, con assegnare l’epoca della venuta. Riflettendo poi intorno a quest’epoca, ritenne in primo luogo l’opinione naturalmente comune che la Santa Casa si fosse allontanata da Nazaret, quando quella Città venne in potere agli inimici del nome Cristiano. Dipoi considerò che nell’Anno 1291 caderono in potere dei Saraceni la Città di Tolemaide e tutta la Palestina. Finalmente lesse nelle relazioni del Teramano e del Mantovano, qualmente nell’Anno 1296 la Beatissima Vergine rivelò ad un Uomo di santa vita, che la Santa Camera arrivata già miracolosamente a Loreto, era propriamente la Santa Casa di Nazaret. Da tutto questo pensò di concludere, che l’arrivo della Camera Santa in Dalmazia seguisse nel 1291 e il suo arrivo in Italia accadesse nel 1294. 27. Quei tempi erano tempi di buona fede, e gli scrittori non si affaticavano troppo ad allegare i documenti delle Loro assertive. L’Angelita pertanto senza impegnarsi a produrre nessuna prova, e senza giustificare in alcun modo le epoche sunnominate, disse soltanto in termini generali, che per tessere la sua Storia aveva scorso gli annali di Recanati, e aveva letto una Schedola recata ultimamente da certi Dalmati. Quanto però agli Annali Recanatesi, essi esistono tuttora come al tempo dell’Angelita; io li ho letti da capo a piedi fino all’ultima sillaba, e non v’è un cenno solo intorno all’epoca della venuta. Quanto poi alla Schedola Dalmatina, l’Angelita non disse i nomi di quelli che la recarono, non la ricopiò, non ne citò le parole, non la registrò in verun atto, ed anzi non dichiarò neppure di avervi letto le epoche del 1291 e del 1294. Viceversa gli stessi Scrittori Dalmatini, confessano che nei loro paesi non ci erano né memorie né annali, e appoggiano le loro istorie sulle relazioni e memorie di Recanati. Dunque la Schedola di Dalmazia sconosciuta da tutti, e accennata quasi fugiascamente dall’Angelita, potè essere solamente una qualche divota legenda corrente nelle mani del volgo, e non si può considerarla come un monumento di Storia.
28. In ogni modo presso il comune del popolo il corso di cent’anni costituisce una grande antichità, e la moltitudine delle persone semplici e di buona fede, non si trattiene a fare il conto dei Secoli. Quindi la relazione dell’Angelita, in cui alla venuta del Santuario si accordavano duecento e più anni di antichità, incominciò a diffondersi e prevalere senza contradizione. Anzi tutti quelli che scrissero dopo di Lui intorno alle cose Lauretane, immaginando che egli avesse fabbricato sopra solidi fondamenti, si fidarono alla sua parola, e ripeterono le epoche del 1291 e del 1294.
29. Infrattanto crescevano le Eresie, le quali impegnatissime a screditare e deridere le pratiche e il culto della Chiesa Cattolica, prendevano argomento da quelle epoche per negare il fatto prodigioso della traslazione, e chiamavano la Santa Cappella di Loreto Idolum Lauretanum. Viceversa gli Scrittori divoti combattevano per sostenerla, ma non avendo sospetto dell’Angelita, immedesimavano il fallo della Venuta con l’epoca del 1294. E poiché questa pugnava apertamente con la verità e col buon senso, più gli Scrittori si accaloravano per difenderla, più si trovavano intricali nelle difficoltà. Finalmente i critici Cattolici, datisi ad esaminare la controversia con sagacità e buona fede, retrocedevano con la fronte umiliata, perchè il prodigio dei trasferimenti nel 1291 e nel 1294, non si poteva concordare con l’evidenza dei fatti, e con le regole della critica e della logica.
30. Tre erano le principali obbiezioni che sorgevano da quelle epoche tanto fatalmente e temerariamente azzardate. In primo luogo risulta da incontrastabili documenti che la Camera della Annunziazione era mancata da Nazaret fino da remotissimi tempi, e se nel 1291 non ci era più, non poteva partirne in quell’anno, per essere trasferita in Dalmazia e in Italia. Poi da altre autenticissime prove, apparisce con evidenza palmare, che nel territorio di Recanati e sopra il Colle Lauretano, ci era la Chiesa di Santa Maria di Loreto, attorniata di fabbriche, arrichita di doni, e venerata con il concorso dei fedeli, gran tempo prima dell’anno 1294. Infine gli annalisti e gli storici viventi e scriventi in quell’anno, e quelli di tempi per poco posteriori, non danno nessun cenno del miracoloso trasferimento; e se fosse accaduto nei loro giorni, non avrebbero potuto tacerne, scrivendo delle cose e delle Chiese d’Italia.
31. Pensando dunque a queste obbiezioni, ne rilevai tutto il peso; ma viddi nel medesimo tempo, che la radice di tutte sorgeva dall’epoca asserita del 1294. Allora datomi a considerare maturamente quest’epoca, trovai che NESSUNO SCRITTORE, la aveva nominata MAI prima dell’Angelita: trovai che l’Angelita istesso non la aveva giustificata con nessuna sorte di prove; e finalmente trovai che TUTTI, sì tutti gli Scrittori posteriori, i quali avevano citata o sostenuta quell’epoca, dichiaravano candidamente di averla desunta dalle sole assertive dell’Angelita. Dunque conclusi che quell’epoca poteva, anzi doveva ripudiarsi, perchè contradiceva le Storie e le tradizioni fino allora correnti; perchè si sosteneva sul detto di un solo Scrittore, nuovo e lontano dai fatti; e perchè lo stesso Angelita, primo e solo a propalare quell’epoca, non aveva allegato nessun argomento o documento capace di sostenerla. Soltanto per accreditare generalmente la sua narrazione Lauretana, aveva nominato gli annali di Recanati, in cui non ci è nessuna parola dell’epoca, e una Schedola di Dalmazia, la quale Egli medesimo aveva probabilmente abbandonata fra le cartaccie.
32. Nulladimeno non mi contentai di questi argomenti, e prima di concludere definitivamente che la Santa Casa fosse arrivata in tempi molto anteriori, mi diedi ad altre indagini. Esaminai e feci esaminare con l’ajuto di buoni e dotti amici, tutte le Storie nostre, per vedere se ci era documento o memoria, la quale contrastasse con la opinione di un arrivo più antico; e niente fu trovato in contrario, levato l’arbitraria asserzione dell’Angelita. Rivolsi le ricerche alla Dalmazia, e nelle Storie e nelle tradizioni di quei popoli, trovai immemorabile, e sempre ferma e costante la persuasione dell’arrivo e della partenza: quanto però alle epoche rispettive, non ci sono né monumenti né ricordanze, e ancor là si ripetono solamente le parole dell’Angelita. Finalmente presi a considerare gli Scrittori delle cose Orientali, e da nessuno di Essi apparisce che nell’Anno 1291 la Camera dell’Annunziazione si trovasse tuttora nella Città di Nazaret. Anzi da tutti più o meno precisamente rilevasi, che quella Augustissima Camera mancava dalla Palestina fino dai primi Secoli della Chiesa. Dunque conclusi che l’epoca promulgata dall’Angelita era falsa e che le traslazioni miracolose in Dalmazia e in Italia erano seguite fino da remotissimi tempi.
33. Oltre il ripudio di quest’epoca temeraria e bugiarda, io non toccai nessuna delle tradizioni, con le qua si correda e si onora la Storia Lauretana. Anzi le accolsi, le concordai; e sostenni e difesi tutto ciò che si espone nelle leggende antiche, segnatamente in quelle tanto famigerate del Teramano e del Mantovano. Con ciò restai persuaso e certo di avere illustrata e purgata la Storia, e di avere altresì consolidata e consolata la divozione dei popoli cristiani, verso la Santa Casa di Loreto. Imperciocché, si facciano strepiti sofismi quanti si vuole: attenendosi all’epoca del 1294, la traslazione miracolosa non regge, al confronto dei fatti, e all’esame della critica e della logica; ripudiata però quell’epoca, il fatto della traslazione miracolosa non soggiace più a nessuna ragionevole contradizione, e si deve crederlo, come si credono i fatti di Storia umana i più accreditati e più veri.
34. A fronte della dimostrata evidenza, il Proposto Riccardi di Bergamo si impegnò a confutare le mie discussioni; e la cosa fu un poco singolare, perchè io in voce e con lo scritto gli avevo comunicato il mio assunto, ed Egli lo aveva approvato. Ma sopra di ciò ho già detto alquante parole, e ne dirò a suo tempo alquante altre. Oggi però inaspettatamente discende nella Arena il Sig. Cavaliere Angelo Maria Ricci, e dichiaratosi il Campione del 1294 promette sopra quest’epoca Osservazioni Storiche e Artistiche, nella sua nuova opera di sedici pagine. Prima dunque leggiamo ciò che Egli ha saputo dirne, e di poi passeremo alla analisi.
«35. Se altri, cercando forse di accrescere la meraviglia delle patrie cose fra le tenebre delle antichità più remote, ha voluto riferire ad epoca più distante di quella fissata nel 1294, la venuta in Loreto della Santa Casa, io non intendo, perchè il silenzio e le ambagie dei Secoli, debbano prevalere alla voce di tutti i dotti, e di tutte le nazioni; né voglio ripetere a sazietà le forti e luminose ragioni onde un Ecclesiastico illustre ha dissipato i prestigj delle private opinioni. Egli è vero che il Critico illustre nulla adduce in contrario, sulla autenticità e sulla identità della Santa Casa; ma il rimuovere le epoche ricevute nella comun tradizione, è l’istesso che muover dubbio sulla cosa, onde dicea Senofonte muovimi i tempi, e muoverai sotto i miei piedi la terra, che mentirà senza colpa».
36. La prima accusa pertanto è quella, che io abbia ripudiato epoca del 1294 per accrescere le meraviglie della mia patria «fra le tenebre arcane delle età più rimote». Queste parole però mi fanno sospettare, che il Sig. Cavaliere non abbia neppur letto le mie discussioni, giacchè io in esse ho dichiarato apertamente, che negli Archivj Recanatesi non si trovano intorno alla Santa Casa, documenti e memorie più antiche dell’epoca sunnominata. Solo ho citato un inventario del 1285 da cui risulta che sino da quell’anno la Chiesa di Santa Maria di Loreto esisteva nel Territorio di Recanati. Questo inventario però si conserva tuttora nell’Archivio Vescovile, dove ognuno può vederlo a suo bell’agio, e non credevo mai che il rammentarlo mi verrebbe scritto a peccato1.
37. Il vanto poi e la gloria di questa mia modestissima Patria, consistono nella scelta fattane dal Signore, per depositarvi la Camera augustissima in cui seguì la Incarnazione del Verbo; ma quella gloria e quel vanto non crescono e non calano, se la traslazione miracolosa accadè prima o dopo del 1294. Pel resto, tanto lungi dal diffondermi in baggianate per amplificare questa mia tanto mediocre Città, ho messo fino in dubbio se all’epoca dell’arrivo ci fosse già Recanati. Anzi alla mia stessa famiglia, e a quelle dei miei più stretti congiunti, ho tolto certi onori, che venivano ad esse attribuiti secondo le opinioni e le legende volgari.
38. Un altra accusa è quella, che io faccio prevalere «il silenzio e le ambagie dei secoli, alla voce di tutti i dotti e di tutte le nazioni». Quanto però al silenzio dei Secoli, questi non sono stati tanto taciturni quanto si pensa; conciosiachè in Italia hanno parlato per dire che il Santuario Lauretano era celebre prima del 1294 e nell’Oriente pure hanno parlato, per attestare che la Camera Santa di Nazaret, mancava di colà fino dai primi tempi Cristiani: ed io ho proclamato altamente, quelle testimonianze dei Secoli.
39. Quanto poi alle voci delle nazioni e dei dotti, invito il Sig. Cavaliere a trovare uno scritto solo, in cui siasi parlato del 1294, prima che quest’epoca uscisse dalla immaginazione dell’Angelita. Similmente lo invito a produrre uno scritto di tempi posteriori, in cui non si concluda, che il fondamento dell’epoca sunnominata consiste propriamente nella relazione dell’Angelita. Dunque io ripudiando quell’epoca, ho controdetto l’assertiva di un Uomo solo; e se l’errore di un uomo non si dovesse combattere quando è ripetuto da molti, non si dovrebbero impugnare neppure Lutero e Maometto.
40. Prosiegue a dire il Sig. Cavaliere, che Egli non vuol ripetere a sazietà «le forti e luminose ragioni, onde un Ecclesiastico illustre ha dissipato i prestigj delle opinioni private». Tuttavia se non voleva ripetere quelle ragioni a sazietà, poteva almeno produrne alcuna, e poteva accennare con qualche specialità, quelle opinioni ingannevoli e prestigiose, per le quali intende di condannarmi. Altrimenti dicendo solo Leopardi ha torto e Riccardi ha ragione, è un modo troppo sbrigativo di giudicare fra due opere di rilevante importanza; e nell’istesso modo io posso dire, che il Sig. Cavaliere Ricci parlandone con tanta disinvoltura, non ha letto né l’una né l’altra.
41. Finalmente il Sig. Cavaliere pronunzia che «il rimuovere le epoche ricevute nella comun tradizione, è l’istesso che muover dubbio sulla cosa» e corrobora la sua sentenza con un aforismo di Senofonte. Questo però sarebbe applicabile al nostro incauto Angelita, il quale trovò negli scritti e nelle tradizioni comuni le persuasioni di una antichità remotissima, e volle sostituirvi la sua epoca immaginaria del 1294. Difatti da quella sua sconsiderata sostituzione, presero piede tutte le contradizioni intorno alla autenticità e identità del Santuario Lauretano. La sentenza poi del Sig. Cavaliere è troppo generale, e per questo non prova niente: imperciocché se i tempi e le epoche correnti nelle tradizioni volgari, appariscono evidentemente in contrasto con la serie dei fatti e coi computi cronologici, vi è precisa necessità di rettificarle e corregerle; altrimenti dall’errore dei tempi sorge appunto la incredibilità delle cose. Se questi errori dovessero considerarsi intangibili si avrebbero da abbandonare gli studii cronologici e critici, e sarebbero da condannare il Petavio, il Baronio, il Riccioli, lo Scaligero, e quanti altri si affaticarono, per dissipare gli errori, e rettificare le date degli avvenimenti. Anzi dovrebbe riprovarsi la stessa correzione Gregoriana del Calendario, come capace di mettere in compromesso il corso della Luna e del Sole.
42. Intanto il Sig. Cavaliere non aggiunge niente di più, e ognun vede se le sue riferite parole, si possono chiamare osservazioni Storiche, artistiche, e critiche intorno al tempo in cui venne la Santa Casa. In ogni modo ancor io darò fine alla mia analisi, alla quale mi sono indotto malissimo volentieri, e per la sola necessità di sostenere un punto tanto interessante della Storia Cristiana. Concludiamo dunque così. Il Sig. Cavaliere si è proposto di ragionare di una tavola antica «rappresentante la miracolosa traslazione della Santa Casa», e poi ha confessato Esso stesso, che in quella tavola non è altrimenti dipinta la Santa Casa. Inoltre il Sig. Cavaliere ha dichiarato di scrivere storicamente ed artisticamente sopra la Santa Statua, e poi ha detto che quella Statua è un fittone, mentre è realmente una Statua. In fine ci ha promesso osservazioni storiche, artistiche, e critiche sull’epoca dell’arrivo nel 1294, e poi non ha allegato né un fatto, né un monumento, né un raziocinio, per comprovare che in quell’anno seguì l’arrivo della Santa Casa in Italia. Dunque il Sig. Cavaliere deve essere persuaso esso stesso, di avere scritto il suo opuscolo con tanta spensieratezza, che non toccò nessuna delle mete. Nulladimeno ci resta la erudizione, che a Pompeja si trovavano le camere quadrangolari, e alle arti resta sempre il guadagno di avere imparato a conoscere la antichità delle fabbriche a naso.
- ↑ Discuss. XXIV. §. 9 pag. 270.