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Contro al tiranno di Milano parla; quando lega a lui fu fatta per la Chiesa per li Fiorentini e per certi signori di Lombardia, e altri era per fare.
Credi tu sempre, maladetta serpe,
Regnar vivendo pur dell’altrui sangue,
Essendo a tutti velenoso tarlo?
Tu se’ iniqua e maligna sterpe:
5Chi più ti serve più doglioso langue:
Chi vive il sa se vero è quel ch’io parlo.
Quelle che feron Bruto, a ben nomarlo,
Nemiche ed in esilio da te sono,
E l’altre conseguenti hanno tal dono;
10Per che saligia tien tua mente dira.
L’alta potenza spira
Le stelle e ’l ciel, che tu verrai al fine
Per guerre e per ruine
Che contro ogni dover muovi a Fiorenza,
15Poi che non vinse Carlo tua potenza.
Tu hai svegliato chi dormiva fiso
Nel bel paese italico; e non pensi
Che già disfece il gran Mastin lombardo.
Tu se’ ben grande; ma il folle avviso
20Ha fatto sì che ciaschedun conviensi
A volere atterrare il tuo stendardo.
Veggio due chiavi già, s’io ben riguardo,
Serrarti il gozzo e farti un forte nodo,
Che si lega in Toscana fermo e sodo;
25E dentro vi s’allaccia il Ferrarese,
Piemonte e ’l Genovese,
E forse il Veronese e ’l Padovano,
Reggio col Mantovano,
E tutta Puglia contro a te superbo,
30Per farti favellar d’un altro verbo.
Ciascun re giusto dovrìa pigliar l’arme,
Signor, Comun ch’a ben vivere intende,
Per spegner te siccome Minotauro.
E disdir non porrìa la tua arme
35Che d’appetito umano ogn’or s’accende,
D’alma di corpo vaga e di tesauro.
Crasso cercò, sì che l’uccise, l’auro,
E Tamiris diè sangue a chi ’l bramava;
Et Annibal d’aver Roma pensava,
40Ma Roma prese e disfece lui.
O calcatrice, in cui
Perfida voglia sempre si ritrova;
Pensi tu che la prova,
La qual iniqua contro al dover mostri,
45Non ti rinchiuda in fortunosi chiostri?
Camera di ladroni e di compagne,
Ostel di gente contro a Dio perversa,
È il cerchio dove la tua possa chiude:
Con questo guasti i piani e le montagne
50Dei liberi viventi, e con diversa
Rapina siegui le tue voglie crude.
Armi ciascuno le sue membra nude
Più per disfarti che per far riparo!
Muovasi dal Carnero in sino al Faro!
55Et ancora il re giusto d’Ungheria,
E tutta Europa sia,
Se ciò non basta, a far che tu non urga!
Ercule qui resurga
E vinca te, sì come vinse Anteo
60E ’l crudo re di Tracia et Acheleo.
Più che Nembrot superbo, e più crudele
Che non fu mai Galicola o Nerone,
Lupo se’ stato alle tue pecorelle.
Aspro tiranno con amaro fele,
65Quante ha’ tu fatto misere persone,
Morte e scacciate; e donne fatte ancelle!
Dolente se’, se lasci a lor la pelle;
E così vôti ciascheduna terra!
Or vuogli a chi è libero far guerra
70E spandere il velen là dove è il tosco.
Tu non conosci il Tósco:
Diviso era che è fatto unito.
E tu non se’ salito
Dove credesti a tua speranza vana,
75Quando mancasti fede a Serrazzana.
A tutti que’ che voglion giusta fama
E tengon libertà ch’è tanto cara,
Come sa chi per lei vita rifiuta,
Canzon, non istar muta:
80Chè, se tal biscia or non si disface,
Non pensi Italia mai posar in pace.
(Dalla Miscellanea di F. Corazzini; che ricavò questa Canzone dal cod. magl. 852, pal. 4.)