Questo testo è incompleto. |
◄ | Er pane e 'r companatico | Er mostro de natura | ► |
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
DE TUTTO UN PO'
Nun ho vvergogna a ddillo: oggi me moro
Da la nescessità, ssora Felisce.
Sentite un po’ si cquarcuno ve disce
C’avessi mai bbisogno de lavoro.
Lo sapete ch’io sò ppropio un tesoro:
Tesso le francie,1 cuscio le camìsce,
Sò ssartora, scuffiara e stiratrisce,
Fo le lettre,2 e rinnaccio all’aco d’oro.3
M’ingegno de corzè, llavo merletti,
Filo, aggriccio, ricamo er filundente,
E ttrapunto cuperte pe’ li letti.
E ttrattannose poi de cuarche amico...,
Co ’na scerta4 pelletta trasparente...
Fò... vvienite a l’orecchia e vve lo dico.
Roma, 6 dicembre 1832
- ↑ Frange.
- ↑ Cioè le lettere a punto sulle biancherie.
- ↑ Rinacciare all’ago d’oro, si dice del «metter pezze in modo ricucite, che non si scorga la commessura».
- ↑ Certa.
Note
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.