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VII
LA PRIMAVERA
Del Sol prole gentile,
che con chiave di fiori
lieta al mondo apri aprile,
colma il sen di rugiade e ’l crin d’odori,
de l’alba emula bella,
de le varie stagioni alba novella;
prima figlia de l’anno,
che con tenera mano
del vecchio padre il danno
ristori, d’erbe ornando il colle e ’l piano,
e, qual Medea piú giusta,
giovinetta gli fai l’etá vetusta;
paraninfa amorosa
d’odorati imenei,
che con face di rosa
e con lacci di frondi entri fra dèi,
e de’ fiori nel letto
Flora e Zefiro in noi chiami a diletto;
di Pomona foriera,
che con mani feconde
sai, ne gli orti primiera,
rami tessere in piante e fiori in fronde,
onde vengon produtti
a la dea de l’autunno in terra i frutti;
Iride de la terra,
che dopo il verno audace,
de le piogge a la guerra,
colorita di fiori, apporti pace,
e con occhi fioriti
gli austri allegra licenzi e l’aure inviti;
dei cor diva leggiadra,
che con l’erbe i natali
degli Amori a la squadra
apri, armáti qua giú di novi strali,
e con vista benigna
rendi un Cipro ogni campo e te Ciprigna;
emula de la notte,
ché, se quella vien fuora
da le cimerie grotte
e di lucide stelle il cielo infiora,
tu, dal ciel scesa al prato,
d’almi e nobili fiori il fai stellato...
Ma qual tenta mia musa,
tesser versi a’ tuoi vanti?
Ceda intanto confusa
degli alati tuoi cori ai dolci canti,
ché gli encomi tuoi belli
de le muse cantar piú san gli augelli.