Questo testo è completo, ma ancora da rileggere.
Questo testo fa parte della rivista Rivista italiana di numismatica 1898
Questo testo fa parte della serie Annotazioni numismatiche genovesi




ANNOTAZIONI


NUMISMATICHE GENOVESI



XXXI.

DEL CAVALLOTTO CON S. BERNARDO.



    D/ — + DVX ET · G-VB · REIP · GEN · 1630 Castello in mezzo a 3 archetti con ornati alle punte e trifogli agli angoli.

    R/ — NON * OBLIVISCAR * TVI II Santo in piedi con pastorale, alquanto volto a sinistra.

Mistura, peso gr. 3,01. — Cons. mediocre.


Sebbene questa moneta singolare si trovi già registrata nelle nostre Tavole Genovesi, il disegno mancava; ed oggi posso finalmente pubblicarlo, mentre non era in grado di farlo allora.

La prima notizia di questo cavallotto, la trovai nei ms. Avignone e Franchini, nei quali era notato come appartenente al Gazzo, e così la compresi nelle Tavole. Non potrei dire quante ricerche io facessi in seguito presso i diversi eredi del proprietario, per aver qualche traccia della sorte toccata a questo cimelio, ma tutte riuscirono infruttuose. Dovetti desistere alla fine, e pensai che il Gazzo l’avesse ceduta al compianto Marchese Castagnola, il quale difficilmente si lasciava sfuggire le monete rarissime e tanto meno quelle uniche della serie Genovese. In tal modo sarebbesi spiegata la scomparsa della moneta, e se così fosse stato, i numismatici per ora non ne conoscerebbero il disegno; ma per fortuna mi ingannai.

Visitando in novembre scorso il medagliere Genovese al Museo Municipale, che ora comprende anche la collezione governativa già in custodia all’Università, trovai finalmente il cavallotto che ritenevo irreperibile; e, ciò che non avrei mai supposto, fu di trovarlo per l’appunto nella collezione governativa. Devesi dunque ritenere che il Gazzo l’abbia ceduto a quella negli ultimi giorni di sua vita, e dopo che io stesso aveva visitata per la prima volta la raccolta alla Università.

Che si tratti di un secondo esemplare, non è ammessibile: sia perchè non faceva parte della collezione prima che si perdesse la traccia dell’esemplare conosciuto: sia perchè il suo peso è per l’appunto quello segnato dal primo proprietario.

La conservazione non è bella, anzi mediocre, ma son chiaramente e compiutamente visibili le leggende ed il tipo. Un buco che corrisponde sopra la testa del Santo, spiega lo stato della conservazione, per l’uso che si è fatto della moneta adoperata come una medaglietta di devozione. E questa particolarità mi fa pensare, che alcuno potrebbe spingere quella naturale diffidenza, ottima ogni qual volta si tratti di novità, fino al punto di prendere troppo alla lettera questo uso a cui ha servito quest’esemplare e dubitare che non si tratti di vera moneta. Il tipo del dritto è tale da non lasciar dubbio in proposito, e sarebbe far torto ai numismatici, se io insistessi su questo punto. Piuttosto, potrebbe far meraviglia la mancanza delle sigle del zecchiere: ma anche per questo basterà una occhiata alle Tavole, per apprendere che dal 1625 al 1633, le sigle non sono mai segnate: fatto questo, che si ripete in altri periodi sebbene più brevi. E se ciò non bastasse, aggiungerò che il titolo è basso, come quello che corrisponderebbe al valore di un cavallotto in quell’epoca, per cui è da confermarsi la nota che in quel senso ma dubitativamente vi avea segnato l’Avignone.

L’importanza eccezionale del pezzo è evidente trattandosi di moneta unica; ma è anche questa l’unica volta, che troviamo rappresentato su moneta Genovese la figura di questo Santo, che già, come i numismatici non ignorano, figurava sopra una medaglia fusa nel 1625, per la cerchia delle nuove mura1. Questa medaglia, riposa ora in quella collezione Castagnola alla Spezia, in compagnia di tanti preziosi pezzi che costituiscono una vera ricchezza numismatica ma inutile, sia ai proprietari che agli studiosi.

Se la medaglia del 1625 non poteva ragionevolmente bastare per far comprendere questo Santo nell’elenco agiologico delle zecche Italiane, lo può e lo deve il presente cavallotto già compreso fino dal 1890 nelle nostre tavole, e qui specialmente illustrato e disegnato. Nè tacerò, che questa pubblicazione mi fu più che altro suggerita dal dubbio, che a molti potesse facilmente passare inosservata la descrizione della moneta nelle Tavole. E per vero, bisogna consultarle con molta attenzione per trovarlo, come ha fatto un dotto investigatore delle memorie riferentisi al nostro Santo Abbate, il Padre Ianauschek, che la cita all’anno 1890 nella sua Bibliografia Bernardina2.

Non sarà inutile un breve cenno storico relativo al fatto dell’avere i Genovesi improntato questo Santo sopra una loro moneta, ed intorno alla leggenda del rovescio.

L’Abbate di Chiaravalle ha rappresentato una parte importante nella nostra storia, essendosi sempre adoperato per la cessazione della guerra coi Pisani. Fino dal 11183, i Genovesi l’aveano eletto Vescovo, ma il Papa non volle ratificar l’elezione, allegando che l’opera dell’Abbate era tanto necessaria allo stato universale di tutta la Chiesa, da non doversi limitare in favore di una sola diocesi. Nel 1130 in occasione del passaggio a Genova di Papa Innocenzo II, si otteneva una prima tregua con Pisa. Nel 1132, al suo ritorno di Francia, Bernardo dimorava per qualche tempo in Genova per favorire il proprio disegno, e vi destava tale entusiasmo colle sue predicazioni, che i Genovesi lo videro a malincuore dipartirsi da loro. Un anno dopo, l’Abbate otteneva finalmente lo scopo desiderato ossia la stipulazione della pace Pisana, e poco dopo egli dettava quella lunga lettera, dalla quale son tratte le affettuose parole improntate sulla presente moneta. Eccone, per chi non la conoscesse, il principio fino alla frase citata.

" Januensibus suis consulibus cum consiliariis et civibus universis, Bernardus Abbas dictus de Claravalle pacem et salutem et vitam aeternam.

Quod adventus noster ad vos anno praeterito non fuerit ociosus: Ecclesia paulo post in sua necessitate probavit, a qua et missi fueramus. Honorifice nos et suscepistis, et tenuistis exiguum quod apud vos fuimus, et quidem digne vobis, sed supra nostrse humilitatis modum. Profecto ut non immemores, sic non ingrati sumus. Vicem rependat qui potest, et qui in causa fuit Deus. Nos enim unde illum recompensemus venerationis cultum, sed obsequium, sed affectum plenum amoris et gratiæ? Non quod nostro delectemur favore, sed vestrae devotioni collaetamur. O miiii dies illos festivos sed paucos. In aeternum NON OBLIVISCAR TVI, plebs devota, honorabilis gens, civitas illustris.„

E continua, compiacendosi del resultato ottenuto, ma raccomanda la perseveranza. Sia mantenuta la pace coi Pisani, e non ci si lasci adescare dalle offerte dei messi di Sicilia4.

A chi mi chiedesse il perchè di questo tardivo omaggio numismatico al Santo, confesserò che non mi fu possibile scoprirne una causa assoluta. Se in quell’epoca corresse come in oggi la moda dei centenari, veramente noi so; che in tal caso si potrebbe credere ad una celebrazione del quinto centenario della tregua Pisana, che condusse alla pace del 1133. Ritengo piuttosto che il fatto trovi la sua spiegazione in un maggior incremento raggiunto in quegli anni dalla devozione dei Genovesi verso S. Bernardo. Infatti, questi era eletto protettore della RepubbHca nel 1625; e come tale lo vediamo unito agli altri sulla medaglia citata più sopra. E pochi anni dopo gli veniva dedicata una nuova chiesa, nella cui iscrizione colla data del 1629, riportata dal Banchero5, si ricordava come fosse stato «ANTIQVIS CIVIVM VOTIS EPISCOPVS DESIGNATVS», e poi «RECENTIBVS PATRONVS ADOPTATVS». E parmi che ciò sia più che sufficiente a spiegare l’opportunità della emissione di questo cavallotto nel 1630, e probabilmente a breve intervallo di tempo dall’inaugurazione della chiesa stessa eretta in suo nome.

Firenze, Dicembre 1897.

G. Ruggero.

  1. V. Olivieri, Un medaglione storico Genovese. Genova, 1862. Sordo-Muti.
  2. V. Bibliographia Bernardina, etc. Vienna, 1891 — Holder, che forma la IV Parte delle Xenia Bernardina, pubblicate in 6 vol. in occasione dell’VIII centenario della nascita del Santo.
  3. V. Giustiniani, Foglietta, ed anche i moderni storici Genovesi.
  4. V. Opere di S. Bernardo, Epistola CXXIX. Se ne hanno di molte edizioni: consultai quelle di Parigi 1572 e 1640.
  5. Genova e le due riviere. Genova, Pellas, 1846, p. 213.


Note

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