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LEZIONE I

detta il 19 d'ottobre del 1823.


1. Delle misure di lunghezza due sono le generazioni o famiglie: le più volgari, o primitive, derivano dalle membra o dalle attitudini dell’uomo; le altre, meno antiche, ma non punto nuove, men comuni, ma più certe, son parti aliquote d’un circolo massimo della terra: queste, in senso proprissimo, si debbon dire lunghezze geometriche; antropometriche si potran chiamare le prime.

2. Ed anche sarebbero forse a considerarsi, come una terza famiglia di misure, le lunghezze de’ pendoli; e questa famiglia, che aver potrebbe il nome di fisiometrica, sarebbe di tutte la più recente, ma la più dotta; se non che si potrebbe quasi dir ibrida, perchè generata da due sorta di quantità eterogenee, la durata della rivoluzione diurna, e la forza della gravità terrestre. Il pendolo misura in certo modo l’una o l’altra di quelle due quantità, dalle quali è determinata, nelle diverse latitudini, la sua lunghezza; non le misura tuttavia per lunghezza, terza quantità eterogenea; ma le determina per mezzo d’un’altra quantità, pur essa eterogenea, vale a dire il numero delle sue vibrazioni. Come misura immediata di lunghezza, fu bensì proposto il pendolo, ma non accettato; sicchè solo potè servire per determinazione o riscontro di qualunque misura, o sia di generazione antropometrica o sia di geometrica. Di queste due famiglie sole abbiamo dunque a trattare, laonde subito entriamo nel nostro argomento.

3. L’elemento delle misure piemontesi non è certo un piede, come mal suona il nome; non è un palmo, nè una spanna, nè un passo; non è un cubito, nè un braccio; tanto meno una canna, od una tesa: non è dunque d’uno stesso casato colla prima delle additate famiglie.

4. Altre volte ho riscontrato il nostro piede liprando col minuto terzo d’un meridiano (a); or m’occorre di riscontrarlo con una delle antiche misure usate in quel paese dove appunto era nata la geometria, e dove poi si era con qualche precisione misurato un grado.

5. Io già credea sapere che gli Egiziani, oltre le misure della prima classe, ne avessero anche della seconda, e che di queste lor misure geometriche l’elemento fosse il minuto terzo. Or mi son confermato nel mio pensiero, vedendo l’indice ultimamente mandato dal Cavalier Drovetti della preziosa raccolta di cose antiche da lui fatta in Egitto: in quell’indice si trova col nome di cubito registrata una misura, la cui lunghezza, quivi notata in parti di metro, oltrepassa d’un centimetro solo il piè liprando corretto, vale a dire il piede piemontese, uguale ad un minuto terzo di meridiano (b). Seppi poi che il il signor Jomard avea scritto sopra quel supposto cubito (c), e datane la figura, e segnata precisamente la lunghezza in cinquantadue centimetri; sicchè sarebbe soltanto di un mezzo centimetro, o più esattamente di cinquantasei decimillimetri, la differenza tra questa misura ed il piede piemontese.

6. Frattanto che ci arrivi quel cubito, rarissimo cimelio del nuovo museo, e qui possa con ogni attenzione rimisurarsi, proseguirò ad esporre le considerazioni da me già fatte su questa materia.

7. La prima e più naturale divisione del circolo e quella in sei parti, perchè si opera portando sulla circonferenza la funicella o l’apertura del compasso, la quale ha servito di raggio; ed appunto per questa proprietà il compasso viene ancora da’ fiorentini chiamato la sesta o le seste. Volendo poi suddividere quell’arco, natural cosa era che gli uomini adoperassero l’aritmetica decimale, già nata dal numero delle dita nelle due lor mani. Così l’arco sotteso dal raggio fu diviso in dieci parti. Ed ecco l’origine della divisione sessagesimale; perchè, s’io non m’inganno, non si ebbe il sessanta come il prodotto di dodici via cinque, ma si ebbe piuttosto come il prodotto di sei via dieci, due numeri questi fondamentali, l’uno della divisione primitiva del circolo, l’altro d’ogni divisione corrispondente alla primitiva numerazione.

8. Ed era bensì naturale che il dieci operasse la prima suddivisione, ossia la divisione seconda del circolo; non lo era punto che operasse la divisione prima: il che tanto è vero, che anche a’ moderni, i quali ben a ragione tanto hanno esteso l’uso dell’aritmetica decimale, non è venuto in mente di voler dividere il circolo in dieci parti, e l’anno anzi diviso in quattro: divisione questa, la quale non è nata dalla generazione del circolo, ma dalla relazione che passa tra’ suoi archi e gli angoli al centro, e per cui quelli son misura di questi; epperò la divisione in quattro e già d’alquanto più dotta e men primitiva di quella in sei.

9. Dopo quella divisione seconda che diede la parte sessagesima, il bisogno esigendo qualche maggiore suddivisione, ognuna di quelle parti sessagesime fu di nuovo divisa in sei, o sia per la memoria della prima divisione in sei, ovvero per la corrispondenza che in tal modo venivasi a stabilire colla divisione duodecimale dello Zodiaco e dell’anno, od ancora pel comodo di trovare nel trecensessanta fino a ventiquattro divisori, e così poter fare ventitre divisioni del circolo, ed avere i lati di ventidue poligoni regolari.

10. La divisione del circolo in trecensessanta gradi venne dunque a risultare da tre divisioni successive, la prima per sei, la seconda per dieci, la terza di nuovo per sei. Di queste la prima era stata di natura geometrica, la seconda d’indole aritmetica, la terza d’intenzione astronomica. Comunque fosse, introdotta così l’alternativa delle divisioni per sei e per dieci, si andò seguitando a quel modo per gli usi diversi della scienza o della vita; e ne risultarono, ad ogni pajo di quelle divisioni, i minuti primi e secondi e terzi; perocchè tra ’l grado ed il minuto primo, quindi tra ’l minuto primo ed il secondo, e tra ’l secondo ed il terzo, troveremo sempre vestigio d’una divisione intermedia.


11. Allorquando poi nell’Egitto gli astronomi misurarono un grado di meridiano, pensarono come i moderni, che quella esser dovesse la base d’un sistema scientifico di misure; e ne trovarono acconcio l’elemento nel minuto terzo di quel meridiano, lunghezza maggior del cubito, minor del braccio. E volendo quindi con siffatto elemento comporre le misure più lunghe, usar vollero nella scala ascendente l’alternata moltiplica per sei e per dieci, come nella scala discendente la divisione altalenata in sei ed in dieci erasi usata da’ geometri lor predecessori. Or ecco il quadro di tutto quel sistema (d).

12. L’elemento delle misure lineari, siccome abbiam detto, fu stabilito eguale ad un minuto terzo. E pare possa chiamarsi metro sessagesimale od egizio, a differenza del metro decimale o francese.

Il metro sessagesimale moltiplicato per sei diede il nostro trabucco, sorta di canna, eguale a sei minuti terzi.

Moltiplicando il trabucco per dieci si trova il pletro, misnra egizia, poi greca, eguale ad un minuto secondo.

Il pletro moltiplicato per sei diede uno degli stadi, elemento di misura itineraria, che fu di sei minuti secondi, ossia di sessanta trabucchi.

Quelle stadio moltiplicato per dieci ha dato il miglio marino di tutto il mediterraneo e di tutte le carte, il qual e pure miglio terrestre di quasi tutta Italia: eguale al minuto primo, epperò da sessanta per grado, e di secento nostri trabucchi.

Questo miglio moltiplicato per sei dà lo sceno, antica misura itineraria d’Egitto, poi di Grecia, che fu eguale a sei minuti primi.

Lo sceno moltiplicato per dieci dà il grado.

Il grado moltiplicato per sei dà la sessantesima parte del circolo massimo.

Questa moltiplicata per dieci da l’arco sotteso dal raggio del globo terrestre.

E quest’arco moltiplicato per sei da la circonferenza del circolo massimo.

13. Il complesso di queste osservazioni dimostra; che la misura, di cui trattiamo, appartiene veramente alla classe delle geometriche. Rimane a spiegare una singolarità che si scorge nel cubito del Drovetti. Parrebbe che dovesse trovarsi diviso in dieci od in sei parti, od in altro qualunque numero che fosse multiplo o summultiplo del dieci o del sei. Ma pure non è cosi, anzi quel cubito è diviso in ventotto parti. Ed ecco, se non erro, il come ed il perchè di questa divisione. Le misure antropometriche degli Egiziani erano probabilmente il cubito, la spanna, il pollice traverso: siffatte misure si saranno assai presto ridotte a sistema per modo che le minori diventassero aliquote delle maggiori; ed allora si sarà stabilito che dodici pollici componessero la spanna, e due spanne il cubito, il quale così rimase diviso in ventiquattro parti. Quando poi gli astronomi trovarono la misura del minuto terzo, avranno facilmente osservato che corrispondeva al cubito cresciuto d’un sesto. Così fu natural cosa lo aggiungere quattro parti alle ventiquattro. Epperò, segnata sopra una riga la lunghezza del minuto terzo, e divisa questa lunghezza in ventotto parti, si ebbe su quella sola riga la misura delle due lunghezze; la nuova, geometrica, più lunga; e l’antica o volgare, antropometrica, più corta. E fu questa, per così dire, una comoda transazione dalla vecchia misura e la nuova, fra ’l volgo e i dotti.

14. La qual cosa per l’appunto parmi che siasi fatta in questa parte d’Italia, quando vi fu introdotto il piè liprando, sebbene abbia qui dovuto eseguirsi l’operazione in contrario verso. Perocchè io penso che prima di que’ tempi la nostra misura volgare fosse una sorta di braccio che or chiamiamo raso. Stabilita la nuova misura, osservossi che aggiungendovi un sesto si avea l’antica. E fra gli Egiziani come fra noi la determinazione precisa d’una misura nuova servi per avventura a determinare precisamente l’antica, il che forse prima non si era fatto, ovvero allora fu rifatto con qualche leggiere correzione, come anche appunto è qui accaduto ultimamente nella nuova precisa determinazione del piede piemontese.

15. Comunque sia, certo è che gli Egiziani aveano sopra un regolo due lor misure, il cubito, e colla giunta d’un sesto il minuto terzo; a quello stesso modo che noi possiamo avere sopra un regolo due misure nostre, il minuto terzo, e colla giunta d’un sesto il raso. E par cosa singolare che la lunghezza del minuto terzo, anticamente introdotta come misura in Egitto, non solo sia stata ricevuta più secoli dopo in Lombardia, ma si trovi esser media proporzionale tra un antico cubito egiziano ed un antico braccio subalpino; imperocchè la ragione del raso al minuto terzo, quattordici al dodici, e la stessa che quella del minuto terzo ad un antico cubito egizio, ventotto al ventiquattro. Se non che questa proporzione del sette al sei, la quale fu notata dal signor Gosselin (e) in diverse misure degli Egizi e degli Ebrei, non è meraviglia che s’incontri frequente, s’ella deriva dalla natura stessa delle cose, cioè secondo la nostra congettura, dalla introduzione d’una medesima misura geometrica fra due misure antropometriche, una sorta di braccio ed una sorta di cubito. Il caso ha voluto che quella nuova misura avesse almeno prossimamente una tal ragione ad una delle due antiche, e queste due fra loro fossero almeno prossimamente in tal altra ragione che la scienza potè fare il rimanente. Perchè, se due quantità sono in ragione di due quadrati, ed una di dette quantità è con una terza in ragione delle due radici, questa terza quantità sarà la media proporzionale tra le due prime (f).

16. Al caso abbiamo attribuito ciò che di buon dritto è suo, cioè la ragione, qualunque sia, di qualunque misura geometrica con qualunque misura antropometrica; ma non è propria del caso la determinazione di una misura geometrica, nè la ragione di questa con altra misura, geometrica anch’essa.

17. Or se la cosa è così, donde mai è venuta, in barbari tempi, ed in un canto d’Italia settentrionale ed occidentale, questa bella misura egiziana ed astronomica? Nè come astronomica nè come egiziana non ha potuto ab antiquo stabilirsi fra’ Subalpini od esservi portata da’ Longobardi, venuti rozzi dal Baltico. Io son d’opinione che dall’Egitto fosse passata in Etruria, dove pare siasi conservata fino a’ secoli bassi col nome di piè dalla porta, perchè segnato sopra una porta del primo cerchio di Firenze. Ma di questo, come d’ogni altra cosa che giovi ad illustrazione dell’argomento, diremo in altre lezioni.

LEZIONE II,

detta il 27 di novembre del 1823.

18. Prima di progredire nell’intrapreso lavoro, ragion vuole che al chiarissimo signor Jomard intera per me si renda giustizia, che solo a mezzo gli fu resa nell’altra lezione. Perciocchè allora mi stavano solo presenti due scritti di quel dotto Francese, cioè l’ultimo da lui pubblicato nel giornale des Savans dell’anno scorso, e l’altro anteriore, nel primo tomo della. Description de l’Égypte. Avendo poi ricevuto il seguito di questa grand’opera che prima l’Accademia non possedeva, ho trovato con molla soddisfazione nel settimo volume il bel trattato, promesso già da quell’autore, sopra il sistema metrico degli Egizi. Quivi dunque ho veduto che alcune delle principali cose da me dette in quella lezione erano pure già dette da lui (g). Non mancherammi certo l’occasione di accennarle colla dovuta lode, poichè le opinioni di lui e di altri eruditi suoi paesani, le faticose ricerche da lor fatte con tanto studio, le congetture con tanto ingegno trovate e con tanta dottrina esposte, anche a me danno argomento di qualche nuova investigazione, talvolta pure di qualche dubbio.

19. Oggi comincerò notando che nel metro del Drovetti, secondo che ci viene descritto e figurato dal Jomard, le divisioni son molto inesatte. Le quattro estreme a sinistra, insieme prese, son più che la settima parte delle ventotto. Se quelle quattro fossero tra loro ben eguali, e se parimente fossero ben eguali tra loro le altre ventiquattro, si potrebbe sospettare non avesse forse l’artefice voluto far altro che accoppiare sopra lo stesso regolo un cubito ed un palmo, fossero queste due misure di sistema diverso, vale a dire la maggiore non multipla della minore. Ma la diseguaglianza di molte divisioni abbastanza dimostra, che dalle diverse ragioni fralle une e le altre non si può trarre veruna congettura, nè tanto meno veruna obiezione contro le congetture altrimenti tratte. Poichè il metro del Drovetti fu trovato in una tomba di Memfi, era destinato a non servir mai, epperò l’artefice avrà facilmente trascinato le divisioni, contentandosi di segnare comunque il numero delle medesime sulla totale lunghezza. Questa, ad averla giusta, non costava fatica. Ma la perfezione nell’arte del dividere le lunghezze non pare fosse propria degli antichi. Nè anche dovea cercarsi quando si trattava di formare un simbolo sepolcrale anzichè uno stromento di misura.

20. A qual segno di perfezione sia giunta in Egitto, o piuttosto a qual segno d’imperfezione vi sia rimasta l’arte degli astronomi per misurare una porzione di meridiano, lo impariamo, e con precisione sufficiente all’uopo, dalla scoperta del metro loro sessagesimale. Cessate quindi tutte le quistioni e le dubbietà sulla misura riferita dal famoso bibliotecario d’Alessandria, Eratostene, ora possiamo determinare, che l’errore fu in eccesso, poco più d’un centesimo, poco meno di undici millesimi. Di tanto adunque i primi astronomi hanno creduto la terra più grande che non è. Stando alla misura del nostro metro egizio data dal Jomard (5), l’errore sulla circonferenza sarebbe di 435200 metri decimali, ossia in sessagesimali veri, miglia 235 da 600 trabucchi, cioè da 60 per grado (h).

21. Nè di questo errore dobbiam farci meraviglia; dobbiamo anzi stupire che quegli antichi non siano andati più lungi dal vero. È naturale che l’errore sia stato in eccesso, poiché pare che supponessero quasi nello stesso meridiano Alessandria e Siene, il che proverebbe che in vece della perpendicolare tra due paralelli avessero misurato un’obbliqua epporò più lunga. In ogni modo, a quell’antica scuola di astronomi rimane la lode suprema di una scoperta, di una invenzione e di un metodo; poichè scoprirono la sfericità della terra, trovarono il modo di conoscerne la circonferenza, e su tal cognizione stabilirono un compiuto sistema di misure.

22. Finirò per oggi con osservare che il metro egizio del nostro nuovo museo rende ragione per fino de’ settecento stadii dati da Eratostene a misura d’un grado, i quali pur tanto hanno tormentato e commentatori ed interpreti. Quelli erano stadii volgari di trecensessanta cubiti, e que’ settecento equivalevano per l’appunto, nella comune opinione, a secento stadii di trecensessanta metri sessagesimali. I due distinti elementi de’ due stadii son manifesti nel metro di Memfi.




ANNOTAZIONI E CITAZIONI




ALLA LEZIONE PRIMA


(a) Parere della reale accademia delle scienze di Torino intorno alle misure ed ai pesi. È del 30 d’aprile 1816, approvato dall’Accademia il 19 di maggio, pubblicato in agosto, stamperia reale, in ottavo. Pochi mesi dopo, era in Parigi sotto il torchio la seconda edizione; per qualche accidente non fu eseguita, e se n’ebbe un solo esemplare. Fu poi ristampato il parere nel nostro volume accademico XXV dalle facce 419 alle 438.

(b) Catalogue de la collection d’antiquités de Monsieur le Chevalier Drovetti. MS, en quatre cahiers. Au second: Cathégorie ayant pour titre: Objets en bois. Tableaux, statues, vases, planches avec inscription, caisses de momies d’animaux, plaques etc. etc. N.° 373 de cette cathègorie « Coudée antique (soit étalon métrique), en bois méroétique, d’une étonnante conservation; sur le dos, une bande d’hiéroglyphes en creux avec deux anneaux nominaux; sur le devant, une autre bande d’hiéroglyphes; suivent 28 divisions, dont 13 sur 3 rangs et 15 par 4 rangs, avec les divisions et nombres marques en lignes et caractères hiéroglyphes: les divisions et caractères graves en creux, et stuc blanc dans la gravure. Longueur 52 1/2, hauteur 4, épaisseur a 2 1/2. » Le dimensioni quivi segnate sono in centimetri. Il piede piemontese, vale a dire il piè liprando, corretto per farlo eguale al minuto terzo del grado medio preso sul meridiano misurato da Dunkerque a Formentera, è in decimali di metro 0,514403. La differenza è di 0,010597, ossia di un centimetro, più quasi tre quinti d’un millimetro. Ma questa differenza si diminuisce d’un mezzo centimetro, se ci atteniamo alla misura del Jomard, probabilmente più esatta.

(c) Journal des Savans, novembre 1823, pages 664-669. « Extrait d’un mémoire de M. Jomard, sur un étalon métrique orné d’hierogliphes y découvert dans les ruines de Memphis, par M. le Chev. Drovetti, consul général de France en Égypte, » Vi è la stampa in rame di quel regolo, ma senza i geroglifici.

(d) Non avrei saputo formar questo quadro, se non avessi veduto la nota del Jomard a facce 126 e 127 nel primo volume della Description de l’Égypte, seconda edizione. Ivi altresì è l’annunzio d’ un suo trattato sul sistema metrico degli Egizi, e già vi si scorge che le opinioni di quel dottissimo autore saranno, in gran parte, assai conformi alle mie.

(e) Journal des Savans, décembre 1823, pages 744-751 "Observations sur la coudée Égyptienne découverte récemment à Memphis". Sottoscritte Gosselin.

(f) Abbiasi b : c = p2 : q2, ed abbiasi pure b : m = p : q, sarà b/b : c/m = p: q, epperò c p /m = q dalla qual equazione deriva la proporzione m: c = p : q. E siccome abbiamo b : m = p : q, avremo la conseguenza b : m = m : c.

ALLA LEZIONE SECONDA.


(g) Nella Descrizione d’Egitto, il capo secondo del primo volume, dove si legge la descrizione di Siene, ha per autore il dottissimo signor Jomard. Ne trascrivo una nota che trovasi alle facce 126, 127. Cito la seconda e men rara edizione, non avendo la prima, come ognun sa, rarissima.

Les tornes de cette description ne permettent pas d’entrer dans de plus grands développemens; je les réserve pour un autre écrit, consacré au système métrique des anciens Égyptiens, écrit qui fait l’une des bases de mon travail sur la géographie comparée de l’Égypte. Dans cet écrit, je cherche a établir les points suivans.

1.° Il a été fait, à une époque très-reculée, une mesure de degré terrestre en Égypte et de la circonférence du globe.

2.° Une partie aliquote de cette circonférence a été choisie pour former l’unité des mesures nationales, et l’on a établi sur cette base un système complet de mesures linéaires et agraires.

3.° On a conservé, dans l’institution du système métrique, la division duodécimale et sexagésimale qui est propre aux mesures naturelles du corps humain, mesures qui avaient cours antérieurement a l’institution.

4.° Les Égyptiens ont consacre leur systeme de mesures dans de grands monumens qui ont servi à le transmettre a la postérité.

5.° Enfin les Grecs, les Hébreux et les Arabes ont emprunté a l’Égypte ancienne une partie de ses mesures géographiques et civiles.

A’ ce mémoire sont joints douze tableaux des mesures comparées, tirées des auteurs originaux, avec leur valeur en mètres, et enfin des recherches étymologiques sur les dénominations des mesures.

Pour donner une idée de l’ordre établi dans cette division métrique, je rapporte seulement ici les principaux termes de l’échelle.

La sexagésime, grande mesure géographique, fait 5 degrés, 60 schoenes égyptiens etc.

Le degré fait 10 schoenes, 60 milles, etc.

Le schoene fait 6 milles, 60 stades, etc.

Le mille fait 10 stades, 60 plethres, etc.

Le stade faits 6 plethres, 60 cannes, etc.

Le plethre fait 10 cannes, etc. etc.

Par conséquent, les valeurs successives de ces mesures sont de six degrés, un degré; six minutes, une minute, six secondes, une seconde. six tierces, etc.

Il riferito passo del Jomard mi era presente, non solo quando composi la mia prima lezione, ma ben anche quando scrissi al nostro segretario la lettera del 20 di settembre che fu stampata nel Giornale Arcadico di Roma. Nè avrei potuto altrimenti corroborare, colle considerazioni tratte dal bollissimo sistema delle misure d’Egitto, i miei pensieri, qualunque fossero, sopra questa misura singolare. Io ne aspettava la compiuta esposizione annunziata dall’autore, non sapendo che fosse inscrita nella Descrizione dell’Egitto. Avuta poi questa, vidi che l’opera del Jomard ne formava il settimo volume. E vi trovai non solo più cose che servono mirabilmente all’intento mio, ma perfino quell’antico trovato, da me fatto pubblico nel 1816, che il piè liprando fosse uguale al minuto terzo. Nel qual pensiere il merito del Jomard è per due titoli ben maggiore del mio; perchè il piè liprando era stato il principale oggetto, se non anzi l’unico, di quelle mie specolazioui, mentre non fu delle sue che un picciolo e lontano accessorio; ed inoltre perchè la lunghezza di quella misura mi era perfettamente nota, ed a lui fu forza indovinarla per ingegnosa e probabile congettura.

La descrizione dell’Egitto pel suo caro prezzo non essendo comune, e le copie separate del trattato sopra il sistema metrico degli Egizi, stampate forse, come accade, a picciol numero, essendo si poco divolgate ch’io non ne possederci un esemplare se non lo tenessi dalla cortesia dall’autore, reputo pregio dell’opera l’inserirne a questo luogo alcuni tratti.

Fralle ipotesi del Jomard per determinare il cubito reale babilonico, una gli dà la lunghezza di m0,5131. A questo passo egli segue così. Descrip. de l’Èg. VII. 269, 270. Expotition tilt s stcme mctriquc dcs ancirns Kgyptiens, ch. IX. §. VI.

Or, it se trouve que cette quantité est exactement la soixantième partie du plethre ou de la seconde terrestre dans la mesure égyptienne, comme le plethre etait la soixantième partie du mille égyptien, comme le mille est la soixantième partie du degré, comme enfin (par la supposition mémé) le demi-doigt était la soixantième partie de la coudée. La canne renfermait 6 de ces coudées. La grandeur dont il s’agit est la tierce du degré terrestre; elle rentre tout-a-fait dans l’échelle sexagésimale, - elle explique des rapports complexes comme celui de 6 2/3 qui existe entre la canne et la coudée commune égyptiennes; enfin elle remplit une lacune de l’échelle métrique. Je reviendrai à la fin de ce paragraphe, sur cette coïncidence singulière; ici, je me bornerai a dire que la valeur qui en résulterait pour la coudée babylonienne, n’excède que de 3 millimètres et 1/2 celle d’un ancien pied appellé Aliprand ou de Luitprand, égal, selon d’Anville, a 0m,5094, et en usage dans le Piemont. Le trabuc de Turin est égal a 6 de ces prétendus pieds; cest précisément la longueur de la canne ou decapode égyptien.

Ed in nota

D'Anville (Mesures itinéraires,; pag:. 51) rapporte que 551 trabucs font 864 toises de France, d’après les cartes très-exactes qu’on a levées en Sardaigne. C’est pour le trabuc, 3m,0562; et pour le pied aliprand, 0m,5094. Il cite un autre pied employé sur un plan de Casal, de 1d6po8l (0m,5052); c’est encore une mesure excessive pour un pied: mais d’Anville adopte pour le pied luitprand une grandeur plus petite, de 1d0po2l 2/8 comme le 6e du trabuc de Milan, estime par Riccioli a 6d1po4l, mesure qui aurait besoin d’être vérifiée de nouveau. Peut être découvrira-l’-on pour l’ancien pied aliprand une longueur plus grande que 0m,5094.

En débitant que Luitprand, roi Lombard du VIIIe siècle, voulut que son pied servit d’étalon, les Milanais out renouvelé la fable que les Grecs avaient imaginée e pour l’origine du pied olympique, attribué par eux a celui d’Hercule. Ici le prétendu étalon est encore plus extraordinaire que le pied d’Hercule puisqu’il est presque double du pied naturel.

Quindi a facce 275

J’ai dit, à l’article de la coudée royale babylonienne. ..... que cette mesure de coudée se retrouvait dans le pied du Piémont, surnommé Aliprand, avec assez d’exactitude. II est inutile de rechercher ici comment il se fait qu’elle existe en Italie, et si elle y a été imaginée ou bien transportée de l’Orient; considérons plutôt ses rapports avec le système égyptien.

Qui seguono aloune considerazioui, delle quali avremo altra volta da trattare.

E nella tavola che trovasi al fine del capo, alle facce 309, si ha: Mesure de coudée comparable au pied aliprand.

E nella tavola IX fra quelle che sono in fine del volume si trova la già detta lunghezza di m0,5131 con questo titolo: Mesure qui repond a la coudée royale babylonienne et au pied Aliprand ou de Luitprand, égale a une tierce de degré. Coudée résultant de l’ensemble du système métrique.

E nella tavola X: Mesure repondant a la coudée royale Babilonienne TPITON.

Ora la scoperta del metro Egiziano ci darà luogo a proporre qualche opinione alquanto diversa da taluna di quelle del signor Jomard licenza che da lui medesimo ci sarà gentilmente conceduta, nè punto scemerà la somma lode che per tante ragioni è sua, siccome specialmente, per ciò che risguarda l’oggetto del nostro lavoro, lo abbiamo qui voluto dimostrare.

(h) Moltiplicando m0,52 per 60•60•60•90, ossia per 19.440.000, il quadrante del meridiano sarebbe di m10.108.800, mentre non è che di 10.000.000. L’ eccesso è dunque in ragione 1 : 1,01088.

Il vero metro sessagesimale, vale a dire il minuto terzo, è, come altrove abbiam detto (b), in misura di metro decimale francese, 0,514403. La ragione di 0,5144033: 0,52 è la stessa trovata qui sopra di 1 : 1,01088.

Quadruplicando 10.108.800, abbiamo, espressa in metri decimali francesi, la circonferenza del meridiano, secondo la misura degli astronomi egizi, 40.435.200. L’eccesso è di m433200. Dividendolo per 0,5144033, si ha l’eccesso, in metri sessagesimali veri, 840 028,787. Ed esattamente 846 028,8•, moltiplicando m435.200 per 243, e dividendo per 125.

Dividendo 846 028,8 per 3 600, si ha 235,008, numero delle miglia sessagesimali da 600 trabucchi. Cioè, l’antica misura della circonferenza terrestre eccede la moderna del meridiano, di miglia sessagesimali vere 235,008. Diffatti il numero delle miglia sessagesimali nel meridiano dovendo essere di 20.600, sarà

1 : 1,01088 :: 21.600 : 21835,008.

E quelle 335 miglia sessagesimali danno miglia nostre da 800 trabucclu, 176 1/4.




Note

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