Questo testo è stato riletto e controllato. |
Traduzione dal latino di Vittorio Alfieri (1798)
◄ | XXII | XXIV | ► |
Era fra i congiurati un Quinto Curio, nobil uomo, di delitti e d’infamia coperto, e dai Censori pe’ suoi tanti obbrobrj espulso già dal Senato. Costui non meno leggieri che audace, nè le altrui cose tacea, nè le proprie scelleraggini; nulla più al dire che al fare badando. Da molto tempo disonestamente usava egli con Fulvia, nobil donna; da cui men gradito vedendosi perchè meno donarle potea, cominciò ad un tratto a vantarsi di darle mezzo mondo; quindi a minacciarla coll’armi, se lo tradiva; e a vieppiù in somma inferocire ogni giorno. Fulvia, intesa la cagione di questa nuova superbia, correndo la Repubblica un sì grave pericolo, a molti la congiura di Catilina svelò, null’altro occultando che il nome di Curio. Ciò grandemente gli animi accese a desiderare Cicerone per Console. I nobili, fino a quel dì, fremendo d’invidia contro il popolo, contaminata stimavano tal dignità, ov’ella in un uomo nuovo, ancor che egregio, cadesse: ma la superbia e l’odio in faccia al pericolo tacquero.