< Della congiura di Catilina
Questo testo è stato riletto e controllato.
Gaio Sallustio Crispo - Della congiura di Catilina (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Vittorio Alfieri (1798)
XXVII
XXVI XXVIII

A Fiesole e in quella parte d’Etruria rimanda egli dunque Cajo Manlio, un Settimo Camerte ne’ Piceni, Cajo Giulio nella Puglia, ed altri altrove, secondo che adatti li reputa. Egli macchina in Roma frattanto; al Console aguati, alla città incendj prepara; d’armati circonda i luoghi opportuni; s’arma egli stesso; e giorno e notte all’altrui disciplina vegliando, non mai per vigilie nè per fatiche si stanca. Ma di attività cotanta non raccogliendo egli alcun frutto, da Marco Porzio Lecca riadunare fa i capi della congiura a notte inoltrata. Quivi della loro dappocaggine molto dolutosi, dice aver egli avviato nella Etruria Manlio verso la gente all’armi già destinatavi, ed altri altrove, affinchè le ostilità cominciassero: e sospirare egli stesso di raggiunger gli armati, oppresso appena quel Cicerone, che a’ suoi disegni era l’ostacol maggiore.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.