Questo testo è stato riletto e controllato. |
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti d'alcuni arcadi più celebri/Eustachio Manfredi
XXI1
Dalla vegliata inesorabil notte
Io non poteva anche impetrar riposo
Quando, all’entrar delle cimmerie grotte,
Sopimmi al fin tra pianti miei pensoso.
5Ed ecco a me le lagrime interrotte
Scorgo da un mattutin sogno amoroso:
M’appar candida luce, onde van rotte
L’ombre ivi intorno, e in essa il Figlio ascoso.
E sì mi parla: o Genitor che pensi?
10Non pianger me, piangi la male amica
Voglia, che troppo ancor ti lega ai sensi.
Sciogli l’alma dal visco in cui s’implica:
Senza liberi vanni al Ciel non viensi:
Riverenza non vuol, ch’io più ti dica.
- ↑ Per morte d’un Figlio.
Note
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.