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Luciano di Samosata - Dialoghi dei morti (Antichità)
Traduzione dal greco di Luigi Settembrini (1862)
18. Menippo e Mercurio
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18.

Menippo e Mercurio.


Menippo. Dove sono i belli e le belle, o Mercurio. Menami a loro, ch’io ci son nuovo qui.

Mercurio. I’ non ho tempo, o Menippo: ma riguarda costà a destra, che v’è Jacinto, Narcisso, Nireo, Achille, e Tiro, ed Elena, e Leda, e insomma tutte le bellezze antiche.

Menippo. Io vedo solo ossa e cranii scarnati, quasi tutti simiglianti fra loro.

Mercurio. Ed ecco quello di che tutti i poeti cantano le maraviglie, le ossa, che tu mostri di spregiare.

Menippo. Almeno additami Elena: chè da me non la potrei discernere.

Mercurio. Questo cranio è Elena.

Menippo. E per questo mille navi sciolsero da tutta la Grecia, tanti Greci caddero e tanti barbari, e tante città rovinarono?

Mercurio. Ma tu non la vedesti viva, o Menippo, questa donna: avresti detto anche tu che meritamente

Per cotal donna fu sofferto tanto.

Se uno vede fiori secchi e scoloriti, certo gli paion brutti: ma quando han vita e colore ei sono bellissimi.

Menippo. E di questo io mi maraviglio, o Mercurio; come gli Achei non capirono che si affaticavano per cosa che sì breve dura, e presto sfiorisce.

Mercurio. Io non ho tempo di filosofar teco, o Menippo. Onde scegliti qual luogo più t’aggrada, e vi ti adagia: io vado a tragittar altri morti.


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