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Traduzione dal greco di Luigi Settembrini (1862)
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10.
Rondinella e Rugiadosa.
Rondinella. Non viene più da te, o Rugiadosa, il giovanetto Clinia? Da molto tempo io non ce l’ho veduto.
Rugiadosa. Non viene più, o Rondinella: il maestro gli ha proibito di più accostarsi a me.
Bandinella. Chi? il maestro di scuola Diotimo? oh, egli è cosa mia.
Rugiadosa. No, ma Aristeneto; che pigli un malanno a lui e a tutti i filosofi.
Rondinella. Quel viso arcigno tu dici? quel gran barbone, che suole passeggiar co’ giovani nel Pecile.
Rugiadosa. Lui, quel chiacchierone! che lo possa veder morire di mala morte, lo possano trascinar per la barba.
Rondinella. E perchè ha messo in capo a Clinia queste cose?
Rugiadosa. Io nol so, o Rondinella. Egli che non è stato mai una notte senza dormire con me, dacchè ha conosciuto donne, e conobbe me prima, da tre giorni non si è neppure avvicinato al chiassuolo. Io stavo tanto mesta, e avevo il cuore tanto scuro; onde mandai la Nebrida a vedere se egli stesse in piazza o nel Pecile: ed ella mi riferì, come vedendolo passeggiar con Aristeneto, da lontano gli fece un cenno, ed egli arrossendo guardò a terra, e non levò più gli occhi. Traversarono insieme la città, ed ella dietro sino al Dipilo; ma vedendo che egli non si rivolgeva mai, se ne tornò non potendo dirmi niente di certo. Figurati a questo come io entrai tutta sossopra, non sapendo immaginare che avesse il ragazzo. S’è preso collera per qualche cosa? dicevo tra me: s’è innamorato di qualche altra, e ristuccato di me? Gliel’avesse vietato suo padre? Mi perdeva in mille pensieri. Ma iersera verso tardi venne Dromone, e mi portò questa lettera sua. To’, leggila, o Rondinella; chè tu sai leggere.
Rondinella. Dammi, vediamo: oh, è uno scarabocchio scritto proprio in fretta. Dice così: «Come io t’ho amata, o Rugiadosa, ne sono testimoni gli Dei.»
Rugiadosa. Ahi misera me! non comincia nemmeno col saluto.
Rondinella. «Ed ora non per odio, ma per necessità mi allontano da te. Mio padre mi ha affidato ad Aristeneto, per farmi apprendere filosofia: e questi che ha saputo di noi ogni cosa, mi ha molto sgridato, e m’ha detto che non conviene a me che son figliuolo di Architele e di Erasiclea vivere con una cortigiana: e che è molto meglio preferire la virtù alla voluttà.»
Rugiadosa. Lo colga un accidente! queste chiacchiere insegna al ragazzo!
Rondinella. «Onde son costretto ad ubbidirlo, perchè mi accompagna sempre, e mi guarda attentamente, e non mi permette di guardare altri che lui. Se mi correggo e gli ubbidisco in ogni cosa, mi promette ch’io sarò felicissimo, e diventerò virtuoso ed illustre dopo di aver ben faticato. Ti scrivo queste poche righe appena, e di nascosto. Tu sii felice, e ricordati di Clinia.»
Rugiadosa. Che ti pare la lettera, o Rondinella?
Rondinella. È una cosa da Scita: ma quel ricordati di Clinia dà qualche speranza.
Rugiadosa. Anche a me è paruto così: ah io me ne moro per questo amore. Intanto Dromone m’ha detto che Aristeneto è un pederasta, e che sotto colore di studii egli si gode i bei garzoni; e che gliene dice tante a Clinia, e gli promette di farlo diventar pari ad un dio; e che gli fa leggere certi discorsi amorosi che gli antichi filosofi facevano ai loro discepoli: insomma è sempre intorno al garzone. Oh, ma egli ha minacciato di dire ogni cosa al padre di Clinia.
Rondinella. Bisogna, o Rugiadosa, imboccar Dromone.
Rugiadosa. I’ l’ho imboccato; ma senza di questo egli è mio, chè anche egli è cotto della Nebrida.
Rondinella. E non dubitare, chè tutto anderà bene. Io ho fatto un pensiero, di scrivere sul muro del Ceramico, dove Architele suol passeggiare, Aristeneto contamina Clinia. Così aiuteremo un po’ l’accusa di Dromone.
Rugiadosa. Ma come scriverai senza farti vedere?
Rondinella. Di notte, o Rugiadosa, pigliando un carbone a caso.
Rugiadosa. Bene, o Rondinella: aiutami anche tu a combattere quel tristaccio d’Aristeneto.