< Dialoghi delle cortigiane
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Luciano di Samosata - LVI. Dialoghi delle cortigiane (II secolo)
Traduzione dal greco di Luigi Settembrini (1862)
4. Melissa e Bacchide
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4.

Melissa e Bacchide.


Melissa. Se conosci, o Bacchide, qualche vecchia di queste Tessale, che sanno affatturare e legar gl’innamorati, e fare amare anche la donna più odiata, fammi il favore di condurmela qui. Io darei volentieri tutte le robe mie e quest’oro, s’io pur vedessi un’altra volta tornato a me Carino, e odiar Simmiche, come ora odia me.

Bacchide. Oh, che mi dici, o Melissa? Dunque Carino t’ha lasciata, e va da Simmiche? egli che per amor tuo sostenne quella gran furia dai suoi genitori, perchè non volle sposare quella ricca, che gli portava, come dicevano, cinque talenti di dote? Mi ricorda che tu me lo contasti questo.

Melissa. E tutto è svanito, o Bacchide: son cinque giorni che non l’ho veduto affatto: ed oggi fanno banchetto in casa di Parmeno suo compagno, egli e Simmiche.

Bacchide. Povera Melissa! Ma perchè questa discordia? La cagione ha dovuto essere grande.

Melissa. Io non la so neppur dire. Ultimamente ei risalendo dal Pireo (dov’era sceso, credo, per esigere un debito, per commissione di suo padre) quando entrò non mi guardò in faccia, non mi accolse secondo il solito mentre io gli andai incontro, ma scacciandomi che volevo baciarlo: Va, disse, da padron Ermotimo, o leggi quel che è scritto sulle mura del Ceramico, dove i vostri nomi stanno su i pilastri. — Chi Ermotimo, io risposi, chi? che pilastri dici? Egli non mi rispose, e senza cenare si corcò voltandomi le spalle. Che credi che io feci ad abbracciarlo, a smuoverlo, a baciargli le spalle per farlo voltare? Niente: non ci fu verso di rabbonirlo; anzi: Se più m’annoi, disse, me ne vado ora, benchè è mezzanotte.

Bacchide. Ma tu conoscevi Ermotimo?

Melissa. Che tu mi possa vedere, o Bacchide, più misera ch’io non sono ora, se io conosco alcun padrone Ermotimo. La mattina al canto del gallo si levò, e se ne andò. I’ mi ricordai che m’aveva parlato d’un nome scritto sopra un muro nel Ceramico, e tosto mandai Acide a vedere. Essa non trovò altro che questo scritto, quando s’entra, a destra verso il Dipilo, Melissa ama Ermotimo, e poco più sotto, Padron Ermotimo ama Melissa.

Bacchide. Scapataggini di giovani! Ho capito. Qualcuno volendo far dispetto a Carino, l’ha scritto per farlo ingelosire, ed egli tosto l’ha creduto. Ma se lo vedrò, gli parlerò io. Ei non ha mondo, è fanciullo ancora.

Melissa. E dove lo vedrai, se egli s’è chiuso e stassene con Simmiche? E per giunta i parenti suoi lo cercano da me. Oh, se io trovassi una vecchia, come t’ho detto, o Bacchide, i’ mi crederei salva.

Bacchide. C’è, o cara, una fattucchiera veramente brava, una Sira, ancor verde d’età e tarchiata, la quale quando Fania mio si crucciò meco, anche per niente, come Carino, mi fece far pace con lui dopo quattro mesi, che io già ne disperava; ma per forza d’incantesimi egli tornò a me.

Melissa. E che fece la vecchia, se ancora te ne ricordi?

Bacchide. Non si piglia molto, o Melissa; una dramma e un pane; ma si deve apparecchiarle ancora sette oboli sopra alquanto sale, e dello zolfo, e una teda. Questo si piglia la vecchia, e si deve mescerle anche una tazza, si deve, e la beve ella sola. Sarà pure necessario un oggetto appartenente all’uomo, come una veste, o le scarpette, o una ciocca di capelli, o altra cosa simile.

Melissa. Io ho le scarpette sue.

Bacchide. E queste ella le appende ad un chiodo, e le suffumica con lo zolfo, spargendo il sale sul fuoco, e ripetendo tuttadue i nomi vostri, il tuo e il suo. Poi cavandosi del seno una rotella magica,1 che ella porta a quest’uso, la gira dicendo certe parole incantate prestissimamente con la lingua, certi nomi barbari e spaventevoli. Questo fece allora. E indi a poco Fania tutto che dissuaso dai compagni e carezzato tanto da Febida l’amica sua, a me tornò tirato da quell’incantesimo. E m’insegnò ancora un altro gran segreto contro Febida, per fargliela odiare: osservar le pedate che ella lascia, e cogli occhi chiusi metter la pedata mia destra su la sua sinistra, e la mia sinistra su la sua destra, dicendo così: Tu sotto mi stai, io sopra ti sto. Ed io così feci appunto.

Melissa. Presto, presto, o Bacchide; chiamami la Sira. E tu, o Acide, prepara il pane, lo zolfo, e ogni altra cosa per l’incantesimo.

  1. Io non so se questa rotella magica ρόμβος sia come quella ch’io ho veduto usare ancora da certi sciocchi contadini. È una tavola o una carta su la quale è dipinto un cerchio, la cui circonferenza è divisa in tanti numeri: nel centro è un ago bilicato, che chiamano saetta: fuori il cerchio i segni del zodiaco. Muovesi l’ago col dito, si nota qual numero è segnato, e si va a trovare il numero in un libro manoscritto, dove sono le più pazze e sciocche cose del mondo.

Note

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