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Luciano di Samosata - Dialoghi marini (Antichità)
Traduzione dal greco di Luigi Settembrini (1862)
14. Tritone, Ifianassa, ed altre Nereidi
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14.

Tritone, Ifianassa, ed altre Nereidi.


Tritone. Quella balena, o Nereidi, che voi mandaste contro Andromeda figliuola di Cefeo, non offese la fanciulla, come credevate, anzi è già morta.

Una Nereide. E chi l’ha morta, o Tritone? Forse Cefeo, che espostale la donzella come èsca, e messosi in agguato con molti suoi, l’ha assalita ed uccisa?

Tritone. No: ma vi ricordate, specialmente tu, o Ifianassa, di Perseo, di quel figliolino di Danae, che con la madre fu messo in una cesta e gittato in mare dall’avolo, e che voi salvaste per la pietà che ne aveste?

Ifianassa. Me ne ricorda, or dev’essere garzone, gagliardo e bello.

Tritone. Egli ha uccisa la balena.

Ifianassa. E perchè, o Tritone? Non doveva rimeritarci così di averlo salvato.

Tritone. Vi conterò per filo ogni cosa. Fu egli mandato contro le Gorgoni, a compiere quest’altra fatica comandatagli dal re. Come giunse in Libia, dove erano....

Ifianassa. E come v’andò? solo? o menò seco altri guerrieri? la via è sì difficile!

Tritone. V’andò per aria, chè Minerva gli diede le ali. Come egli venne dov’elle dimoravano, e, credo, dormivano, tagliò la testa di Medusa, e tornossene rivolando.

Ifianassa. Come le vide? Elle sono invisibili: e se uno pur le vedesse, non vedria più altra cosa.

Tritone. Minerva gli porse lo scudo (ho udito lui stesso raccontar queste cose ad Andromeda e poi a Cefeo), Minerva su lo scudo brunito, come in uno specchio, gli fece vedere l’immagine di Medusa: ed egli afferrandole con la mano sinistra la chioma, e riguardando sempre nella immagine, con la destra armata di una falce le troncò il capo; e prima che le sorelle si destassero, rivolossene. Poichè fu su questo lido di Etiopia, volando più presso alla terra, scòrse Andromeda, esposta sovra uno scoglio sporgente in mare, legata, bellissima, con le chiome sparte che le ricopriano a mezzo le ricolme mammelle. Da prima n’ebbe pietà, e le dimandò perchè stesse a cotal pena; indi a poco se n’accese d’amore, e per salvar la fanciulla, si deliberò di porgerle ogni aiuto. E come la balena s’avvicinava terribile per divorare Andromeda, il giovanetto libratosi in aria, e brandita la falce, con una mano menavale di gran colpi, e con l’altra le mostrava la Gorgone, e la faceva divenir pietra. La belva moriva ed insieme impietriva a parte a parte, dove Medusa guardava. Egli disciolse i legami della vergine, e prendendola per mano, l’aiutò a scendere dallo scoglio tutta tremorosa e che mal si reggeva. Ed ora ei la sposerà nelle case di Cefeo, e poi la condurrà in Argo: onde ella invece di morte, trovò nozze che non si sperava.

2ª Nereide. Non mi dispiace come la cosa sia riuscita. In che ci offese la povera donzella, se la madre per vantarla disse ch’ella era più bella di noi?

3ª Nereide. Avremmo dato così un gran dolore alla madre con la pena della figliuola.

2ª Nereide. Non ricordiamo più, o Dori, di queste cose, se una donna barbara ha parlato da sciocca. Le basti la pena che le abbiam data, a farla temer tanto per la figliuola. Ora rallegriamoci delle nozze.


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