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Luciano di Samosata - Dialoghi marini (Antichità)
Traduzione dal greco di Luigi Settembrini (1862)
9. Nettuno, Anfitrite, e Nereidi
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9.

Nettuno, Anfitrite e Nereidi.


Nettuno. Questo stretto dove cadde la povera Elle, si chiami da lei Ellesponto. Voi, o Nereidi, pigliate il cadavere della fanciulla, portatelo presso la Troade, affinchè sia sepolto da quei del paese.

Anfitrite. No, o Nettuno, ma stia sepolta qui nel mare del suo nome. Gran pietà mi fa ella, che patì tanto dalla madrigna.

Nettuno. Non è lecito questo, o Anfitrite; e poi non è bello che ella giaccia qui sotto l’arena; ma sarà sepolta, come ho detto, nella Troade o nel Chersoneso. Sarà un gran conforto per lei che tra poco la madrigna Ino patirà lo stesso: perseguitata da Atamante, caderà in mare dalla vetta del Citerone, precipitandovi con un figliuolo in collo. Ma costei dovrem salvarla: Bacco vuole questo favore, perchè Ino gli fu nutrice e balia.

Anfitrite. No, non dobbiamo, chè ella è una malvagia.

Nettuno. Ma non possiamo, o Anfitrite, negare questa grazia a Bacco.

Nereide. Ma la fanciulla per qual cagione cadde giù dal montone, quando il fratel suo Frisso arrivò a salvamento?

Nettuno. È naturale: egli era giovanetto, e poteva contrastare al flutto: ma ella inesperta, cavalcando in quella strana guisa, e guardando giù nella profondità immensa, si smarrì; e traportata dalla corrente, aggirandole il capo per la rapidità dell’andare, non ebbe più forza di attenersi alle corna del montone, e cadde in mare.

Nereide. E la madre Nefele non doveva aiutarla nel cadere?

Nettuno. Doveva: ma il fato è più possente di Nefele.

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