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LA MORTA.
I.
.... Che cosa fare delle lettere d'amore prima di morire? Ogni altra carta può legarsi agli eredi; essi custodiranno certamente le importanti, e le inutili saranno distrutte. Ma che cosa faranno delle lettere d'amore, quando la persona a cui furono dirette è spirata? Sguardi profani percorreranno indifferentemente, forse con un sarcastico sorriso, quelle linee che già fecero battere più forte un cuore ora spento. Il secreto di quel cuore sarà profanato!... Da un'altra parte, come rassegnarsi a distruggere con le proprie mani quei documenti in cui è la prova che si è vissuto? Non sarebbe un morire più presto?... Ricchezza inestimabile agli occhi di chi le possiede, quelle carte perdono ogni valore per tutti gli altri, simili in questo ai tesori di certe leggende diaboliche che si convertono a un tratto in un mucchio di sassi e di cenere... Che cosa fare delle lettere d'amore prima di morire?...
Seduto al suo scrittoio, col gomito appoggiato alla cassetta dischiusa e la testa nella mano, Roberto Berni si rivolgeva da un'ora quella domanda. Le sue lettere erano lì, riunite in piccoli fasci sui quali erano tracciati dei segni convenzionali, ancora tutte odoranti d'un profumo indefinibile di cui la cassetta era impregnata. Ed a quel profumo, come per virtù d'una magica operazione, una figura sorgeva dinanzi a Roberto, così viva, così presente, come se il tempo e la morte non si fossero frapposti, come se una nuova vita non fosse cominciata per lui. A momenti, egli stendeva la mano per prendere qualcuna di quelle lettere: poi si arrestava, in preda ad uno scrupolo. Il ritratto di sua moglie nell'antica cornice di bronzo lo guardava coi begli occhi sereni, ed egli sentiva il sangue colorargli le guancie dinanzi alla fermezza di quello sguardo. Gli pareva che quel ritratto si sarebbe animato se egli si fosse deciso ad aprire una di quelle lettere, se egli avesse finalmente ceduto all'imperiosa tentazione di evocare una storia di cui aveva lì davanti le uniche testimonianze.... Le uniche, no. Ve n'era un altro, dei ritratti, in fondo alla cassetta, sotto il fascio delle lettere; un altro che egli non aveva rivisto da anni e che ora lo chiamava, lo attirava con la prepotenza di una nostalgia. Perchè non lo avrebbe rivisto?... Perchè sarebbe stata una colpa!... Gli risuonava ancora all'orecchio l'accento teneramente malfermo con cui, un poco prima, sua moglie gli aveva annunciato che le sue speranze si confermavano, che la loro unione sarebbe resa fra breve più intima dal più tenero e dal più indissolubile dei legami. Provava ancora sulle labbra la freschezza della fronte di lei, su cui aveva stampato, in premio della lieta novella, un lunghissimo bacio. La sentiva ancora discutere gravemente sulla scelta di un nome per la loro bambina — sarebbe stata una bambina, la desiderava tanto! egli non se ne sarebbe avuto a male? gli uomini sogliono preferire i maschietti!... — E come ella era andata via a comunicare la notizia alla mamma, rovesciato sopra un divano, cogli occhi socchiusi, egli s'era sentito travolgere da un turbine di idee e d'imagini.
Vi è una specie di stratificazione dei sentimenti, come vi è una stratificazione dei terreni di cui si costituisce la crosta del globo; il cataclisma che mette a nudo le formazioni preistoriche trova il suo riscontro nelle crisi della coscienza che sollevano l'antico fondo sepolto sotto le impressioni di più fresca data. Uno sconvolgimento di questo genere era quello operatosi in Roberto Berni; soltanto, esso non era dovuto ad un urto repentino e violento. Insensibilmente, a propria insaputa, un movimento di reazione interiore lo aveva rivolto dalla presente adorabile realtà ad una lontana, tormentosa memoria. Per la prima volta dopo tanto volger di tempo, dimenticando tutto ciò che lo circondava, strappandosi alla sua fantasticheria, egli aveva osato di rivedere le reliquie della sua giovinezza, di rimescolare gli avanzi di una storia finita in una tomba precocemente ed improvvisamente dischiusa. Ora, nel contrasto fra il bisogno di evocare in tutti i suoi particolari quel passato in cui aveva lasciato tanta parte di sè, e il dovere che egli sentiva incombergli di dimenticarlo, il ritratto di sua moglie, su cui i suoi sguardi erano inchiodati, si sbiadiva, si confondeva, si cancellava, e sugli scomposti lineamenti un'altra figura si disegnava, più precisa, più netta, più attraente: la figura della Morta.... Egli non aveva più bisogno di cercare l'altro ritratto: la vedeva come se l'avesse dinanzi! Sua moglie non lo guardava più, non avrebbe potuto più rimproverarlo col suo immobile sguardo! E, risolutamente, dimenticando tutti i suoi scrupoli, Roberto Berni disciolse uno dei fasci di carte.
Per il primo, un telegramma gli cadde sotto gli occhi, un telegramma di città dal grosso carattere nero, così fresco come se fosse arrivato soltanto il giorno innanzi, «105 2000 3 24 B.» Degli anni erano passati, mille altre vicende avevano lasciato le loro traccie nel suo cuore e nella sua mente; ma l'impressione di angosciosa inquietudine destata da quel telegramma si rinnovava, e così scuotente come la prima volta.... Aveva egli ben letto? Il convenzionale cifrario era stato bene interpretato? «Domani, nell'ora e nel luogo consueti, a qualunque costo, per un affare grave...» Che cosa voleva dire?... E ad un tratto egli si rivedeva sulla strada maestra del villaggio, trascinato al trotto serrato della carrozza che s'avviava verso la villa del conte Des Fayolles; vedeva il paesaggio sfilargli rapidamente dinanzi senza più distinguerne le particolarità che, nella frequenza di quelle gite, gli si erano stampate nella memoria e con la loro successione prevista gli indicavano l'avvicinarsi della meta sospirata. Ora i cavalli si erano messi al passo nella ripida salita serpeggiante per il versante della collina, e un'impazienza tormentosa s'impadroniva di lui. — Sferza! più presto! — I cavalli acceleravano il passo un istante, col collo teso, faticosamente; poi si abbattevano, lasciavano pendere la testa, bianchi di sudore sotto la pioggia di fuoco di quel pomeriggio d'agosto. Cogli occhi, con la forza del pensiero egli spingeva la carrozza, cercava di farsi più leggiero sui cuscini scottanti, metteva ad ogni istante il capo allo sportello, battendo i piedi, torcendosi le dita, con un'angoscia crescente all'idea dell'ignoto pericolo che gli sovrastava, che le sovrastava.... Uno schioccar della frusta, ed il trotto riprendeva, più serrato, al cessare dell'erta. La pieve di S. Lorenzo.... il Belvedere... il crocevia della Pineta.... Finalmente! Egli saltava dalla carrozza non ancora ben ferma e spariva per la viottola sassosa, incassata fra gli alti muri da cui sporgevano l'edera e i rovi. Ah! la porticina del parco!... Ella era lì, pallida, tremante... lo afferrava con una mano, mentre portava con l'altra un fazzoletto alla bocca.... — Che è stato? In nome di Dio, che è stato?... — Ella non poteva parlare, in preda a un moto convulsivo, che dal petto le saliva alla gola, soffocandola; pure trovava la forza di toglierlo di lì, dove potevano essere scorti, e di trascinarlo verso lo chalet nascosto dietro la cinta delle araucarie e dei cedri del Libano. Lo chalet! l'angolo più remoto e silenzioso del parco! il paradiso terrestre! il luogo verso cui sempre volava il suo pensiero, sulle ali del desiderio! il testimonio di una felicità che egli aveva sperato inesauribile!... — Ma che cosa era dunque successo?... — Inginocchiata sul tappeto di stuoia, con le braccia distese verso di lui, ella balbettava disperatamente: È finita! È finita!... — Come? perchè? chi poteva avere la forza di opporsi al loro amore, di sciogliere i loro corpi da una stretta come quella che ora li avvinceva, faccia a faccia, tremanti, ansiosi, smarriti?... — Mio marito.... — Ebbene?... — Ha tutto scoperto.... — Non è che questo? — E parte, domani! gli ordini sono dati, tutto è disposto.... Egli torna in Bretagna, comprendi?... torna nelle lande delle Fayolles, a migliaia di leghe da qui... — Repentinamente, egli si era disciolto da quella stretta. — E tu lo segui? — O Roberto, che fare?... — Infatti!... — Ora egli passeggiava per la stanza, in preda ad una cupa concitazione; uno sgabellino di bambù lo fece inciampare; afferrarlo e spezzarlo fu tutt'uno. — O Roberto — supplicava lei, accasciandosi — dici tu come fare! Come resistere a quella volontà di ferro? Io ho paura di quell'uomo, Roberto; come resistergli?... — Come? Lasciandolo! venendo via con me, oggi, ora, sull'istante, per la porticina che mi hai dischiusa, nella carrozza che mi ha condotto fin qui; venendo con me per sempre, mettendo una fine a questa vita di palpiti, di angoscie, di separazione, a questa morte lenta e continua; venendo con me per realizzare il paradiso in terra, il paradiso vero, il paradiso eterno; venendo via con me perchè tu sei mia e nessuno può avere la forza di strapparti da me... — Sì, sì.... — Ella si trascinava verso di lui, lo afferrava alle ginocchia, rifugiando nel suo lo sguardo impaurito. — Sì, sì!... portami via... quell'uomo mi ucciderà!... Portami via con te.... Ah! mia figlia....
E cadde di nuovo per terra. Egli le si era inginocchiato vicino, sorreggendole la testa. — Ebbene, tua figlia? Non sei tu già separata da lei?... — Ma egli la farà morire! me lo ha detto!... Se io non lo seguo egli la farà morire!... No, Roberto; non fra le sue mani la creatura mia!... — Allora?... Era proprio finita? era finita per sempre? Non si sarebbero più rivisti? Non l'avrebbe egli potuta seguire? — Dove? Tu non sai quale vita mi aspetta?... — Non avrebbe almeno potuto provocare quell' uomo, ucciderlo o farsi uccidere? — Non si batterà! — Ammazzarlo a tradimento, ammazzare tutta la sua razza?... Ah, egli delirava! egli perdeva la testa!... Allora, era proprio finita?... E con una forza sovrumana essi si erano avvinghiati l'uno all'altro, così strettamente, così ferocemente come se avessero voluto soffocarsi, come se avessero preferito morire in quel momento se da quel momento non dovevano più rivedersi.... Un rumor di passi sulla ghiaia del lontano viale.... — Addio, Roberto... addio....
E poi? Che cosa era poi successo? La cascina, il parco, la porticina, il sentiero, il crocevia della Pineta... egli non ricordava più nulla. Come aveva fatto ad andarsene? Di dove era passato? Si ritrovava dinanzi alla carrozza, senza sapere perchè lo aspettasse, perchè vi prendesse posto. Ma come la frusta aveva sferzato l'aria fischiando e i cavalli si erano mossi, un grido veemente gli era uscito dal petto; «Arresta! Arresta!» E rapidamente, come impazzito, come inseguito, avea ripreso la viottola del parco. Rivederla! Bisognava rivederla! Come era possibile che egli l'avesse lasciata? A costo della propria vita, a costo della vita di entrambi bisognava rivederla, non fosse che un istante.... La porticina era chiusa; ogni sforzo per aprirla riusciva vano. «Bianca!... Bianca!...» Il grido si perdeva nel silenzio afoso del pomeriggio. «Bianca!... Soccorso!...» Tentò di arrampicarsi sul muro, lacerandosi gli abiti, le mani, la faccia. A mezz'altezza, cadde. «Bianca!...» Ebbe ancora la forza di sollevarsi, si avventò di nuovo contro la porticina, vi dette su la testa....
Roberto Berni si era alzato di scatto. I ricordi si succedevano così vivi come se la scena si svolgesse in quello stesso momento. Tutta l'oppressione dei giorni tramontati si rinnovava, da togliergli il respiro, da costringerlo a schiudere la finestra in cerca d'aria....
Così l'aveva perduta! Il domani della separazione fatale, destandosi a casa sua dove il cocchiere lo aveva trasportato fuori dei sensi, un altro telegramma dalla stazione di Bardonecchia gli ripeteva l'ultima sua parola: «Addio!...» E poi, delle lettere rare, ad intervalli sempre più lunghi, ed il tormento di non poterle scrivere, di non poterle far pervenire nulla che le parlasse di lui.... E poi, un silenzio di lunghi e lunghi mesi; e poi, una sera al Circolo, l'annunzio brutale letto nelle Nouvelles et Echos del Gil Blas, fra uno scandalo parigino e la réclame di un nuovo romanzo. «Nous venons d'apprendre la mort de M.^me Bianca des Fayolles, la femme de M. le comte Léopold des Fayolles, dêcédée à son château de Bretagne des suites d'une maladie de coeur»....
Malgrado sapesse a memoria quelle poche parole, Roberto Berni s'avvicinò di nuovo al suo tavolo e con mano tremante rovistò nella cassetta. Il Gil Blas era lì, gualcito, bucato, ingiallito nelle pieghe. «Nous venons d'apprendre....» e come lesse il suo nome, il nome di Bianca, il nome della sua Bianca morta e adorata, scoppiò in pianto dirotto. Con labbra convulse, amaramente e disperatamente, egli chiamava: Bianca! Bianca! Bianca!... e baciava le sue lettere su cui le lacrime cadevano, grosse e roventi. Ora l'imagine di lei non si stampava più sul ritratto di sua moglie, e lo sguardo di costei tornava a fissarsi sereno come prima sul suo. Che cosa voleva? Che cosa pretendeva? Non sapeva che quello era stato il suo amore, il suo primo, il suo grande amore? Era gelosa della morta? Di che cosa era gelosa, se lo aveva tutto per sè? Se qualcuno doveva essere geloso, era la sua povera morta dimenticata, era la sua povera morta sulla cui tomba egli non si era inginocchiato, non aveva pregato, non aveva portato un sol fiore!... No, egli non se n'era scordato!... Il tempo aveva rimarginata la piaga, ma essa ora si riapriva e il sangue ne grondava!... La vita aveva potuto riprenderlo, distrarlo, creargli altre cure; ma la miglior parte di sè era sepolta con lei!... Un'altra donna aveva potuto sorridergli, amarlo e farsi amare; ma il ricordo di Bianca, della sua morta, viveva ancora in lui, sarebbe sempre vissuto, puro, ideale, immortale come una religione . . . . . . . . . . . . . .
Il fruscìo d'una veste. La signora Berni, avvolta in una mantiglia luccicante di jais, le mani nascoste nel manicotto, il cappellino ancora in testa, si avanzava verso il marito, affrettando il suo piccolo passo.
— Roberto, Roberto, hai tu trovato?
Egli non aveva l'aria di intendere.
— No?... È un affare grave! La mamma non vuole assolutamente che si
chiami come lei. «Lucia! o dov'è Renzo?...» E rideva! A me non dispiacerebbe, per via dell'affezione, capisci!... Intanto, se sarà un maschietto, le difficoltà sono belle e troncate; si chiamerà Roberto; il più bel santo del calendario!...
E gli passò una mano dietro la testa.
— Tu cosa fai? Sei molto occupato?...
Girando uno sguardo sul tavolo, scorse le lettere, un ritratto. Vide che le sue labbra tremavano.
— Oh, scusa....
E balbettata confusamente quella parola, si avviò verso l'uscio.
Non si sentì richiamare.
II.
Ella sapeva tutto. Sapeva che dedicandogli tutta la verginità del suo cuore non avrebbe potuto contare sul contraccambio. Sapeva che egli aveva vissuto, che era stato di altri, che le rughe solcanti la sua fronte segnavano il lutto del cuore. Che importava?... Ella lo aveva amato di più per quella nebbia di malinconia che velava il suo viso, per quel gran dolore che lo aveva atterrato e che sarebbe toccato a lei di far dimenticare!...
La scossa prodotta dal lamentevole dramma non aveva soltanto inaridita l'anima di Roberto Berni, aveva ancora offuscate le sue facoltà intellettuali. A trentacinque anni, nel pieno rigoglio dello spirito, pareva che egli avesse smarrita la via fino a quel tempo felicemente battuta, e mentre si apprestava a dare, in un'opera da molto tempo annunziata ed ansiosamente attesa, la piena misura del suo ingegno, quell'ingegno si isteriliva!... Che cosa avrebbe potuto guarirlo se non l'am ore, un amore così felice da cancellare gli effetti dell'amore disgraziato?
Ella aveva accettata la partita; gli aveva fatto il sacrifizio di tutta sè stessa; aveva sperato che i suoi baci, le sue carezze, le sue cure, le sue premure, la sua devozione, la sua umiltà, l'atmosfera di affetto in cui lo avrebbe da ora innanzi fatto respirare, sarebbero riusciti a guarirlo. Ed aveva vista la vittoria sorriderle da vicino. Non pareva che egli avesse tutto dimenticato? Non le aveva dato cento prove di amore caldo e sincero? Non era tornato, con forze cresciute, al lavoro? Non aveva sorriso?... Quel giorno stesso, poche ore innanzi, quando ella gli aveva annunziato, in un abbraccio, la fausta notizia, il prossimo realizzarsi delle loro lunghe speranze, il nuovo e più potente e più dolce vincolo che li avrebbe uniti, non l'aveva egli stretta tenerissimamente, non gli aveva sussurrato fra i baci interrotte parole d'amore e di gratitudine? Chi avrebbe potuto dirle che più tardi, un momento dopo....
Abbandonata sopra una poltroncina, nella sua stanza da letto, con la testa fra le mani ella chiudeva gli occhi dinanzi al crollo repentino dell'edifizio pazientemente costrutto. Egli amava ancora la morta! Egli non l'aveva mai dimenticata! Egli rileggeva le sue lettere, baciava il suo ritratto, rievocava la sua memoria!... Egli non le aveva dato ascolto quando gli aveva parlato della loro creatura! Egli avea pianto — per lei, per la morta! — quando avrebbe dovuto sorridere alla nuova vita che si agitava nelle sue viscere!... Tutto era stato inutile! Tutti i suoi sforzi erano stati invano sprecati! L'amor suo non era bastato! Quando egli le aveva detto di amarla, non aveva detto a lei; aveva detto all'altra, alla morta!... Che forza aveva dunque costei, se dal fondo di un sepolcro lo attirava ancora, lo possedeva più interamente, più saldamente che non l'avesse posseduto viva?...
Il suo spirito si confondeva: ella non sapeva darsi una spiegazione altrimenti che balbettando delle parole: l'amore!... la passione!.... con quella meraviglia che si prova dinanzi alle cose più strane. Che cosa sapeva ella dell'amore, delle passioni? Che cosa sapea della vita? Quel poco che egli le aveva rivelato. V'era stato qualcuno che avesse mai pensato a lei, che si fosse interessato a lei?... Riandando col pensiero la sua vita passata, ella si rivedeva fanciulla, nella solitudine che l'aveva circondata fin dalla nascita, a curare i suoi vecchi zii malaticci, a coltivare i suoi fiori, ad educare il suo spirito alla disciplina di studii severi. Egli era venuto, e il sole aveva sorriso!... Come pretendeva ella di giudicarlo? Si giudica l'aria che vi mantiene in vita? Non viveva ella per lui, non era ella la sua creatura, la sua cosa?... «L'amore!... le passioni!...» Ella non intendeva quelle grosse parole; ella sapeva soltanto che egli era il suo culto, che bisognava stargli innanzi in ginocchio, aspettando l'elemosina di un suo sguardo benigno. Egli era fatto per una vita di comando e di gloria; ella per l'abnegazione e per il sacrifizio. Egli si era abbassato fino a raccoglierla, bisognava adorare quelle mani che si erano tese verso lei. Che cosa aveva ella fatto per meritare questo premio insigne? Quante la guardavano con invidia gelosa? Non avrebbe egli avute tutte, tutte quelle che avrebbe desiderate?
No, egli non ne desiderava nessuna! La morta lo aveva preso con sè.... Come aveva dovuto amarlo!... Più di lei! di un amore più cieco ed assoluto del suo, contro cui la gelosia nulla poteva, che si faceva invece più saldo ora che si vedeva meno apprezzato!... Che cosa voleva dire esser gelosi?... Ella avrebbe voluto amarlo come lei, avrebbe voluto essere lei, sollevarla dalla bara in cui era stata composta, spirarle la sua propria vita, per ridarla a lui, per farlo felice.... Ella se ne sarebbe andata lontano, in qualche parte; o piuttosto lo avrebbe scongiurato di tenerla ancora con lui, in un angolo, per servirlo, contenta dello spettacolo della sua felicità.... No, la morta non era da compiangere; la morta era degna d'invidia! Ella avrebbe voluto essere morta ed essere amata così, di un amore che l'eterna lontananza della persona amata rendeva ancor più potente!... No, la morta non era da compiangere; da compiangere era lui, ridotto a combattere contro tutto ciò che cospirava per portargli via la sua pietosa memoria. Infine, era una colpa se la povera morta aveva ancora un posto nel suo cuore? Come essere gelosa di chi non era più?... Se ella avesse osato!... Gli avrebbe parlato di lei, avrebbe ascoltato tutto ciò che egli le avrebbe detto di lei, avrebbe saputo trovargli un rimedio contro l'infinita amarezza del suo ricordo....
L'uscio si schiuse. Nella semi-oscurità che al sopravvenire del crepuscolo aveva invaso la stanza, ella scorse la figura di Roberto. Prima ancora che avesse avuto il tempo di ricomporsi, se lo vide inginocchiato dinanzi nasconderle la testa in grembo.
— Emma! perdono....
Ella lo attirò a sè, lo baciò in fronte, lo accarezzò, passandogli e ripassandogli una mano fra i capelli.
— Oh sì, Roberto... povero Roberto mio!...
Vi fu un istante di silenzio. La donna riprese:
— Senti, Roberto... io vorrei dirti una cosa.... — Ella parlava
pianissimo. — Se sarà una bambina... nostra figlia si chiamerà... Bianca....
— O buona!... o Emma mia buona!...
Le loro teste si confusero di nuovo. Come era già buio, egli non potè vedere gli occhi di lei, dove luccicavano due lacrime.