Questo testo è completo, ma ancora da rileggere. |
ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI
XVII.
DUCATO DELLA LIBERTA’ DEL 1442-43.
Il Cav. Giuseppe Fantaguzzi, R. Ispettore Archeologico in Asti e distinto raccoglitore, facendomi ammirare una preziosa moneta che egli ha l’invidiabile fortuna di possedere, mi autorizzava ad inserirla nelle Tavole Numismatiche Genovesi ora in corso di stampa ed a pubblicarla nella Rivista per quella più particolareggiata illustrazione che potesse richiedere. È un magnifico ducato a fior di conio del quale si unisce il disegno alla presente annotazione.
D/ — : LIB’TAS: I : XPO : FIRMATA : A :
Castello in un circolo di 8 archetti doppi, con stellette alle punte ed anellini agli angoli.
R/ — : CONRADVX : REX : ROMANOR :
Croce patente in circolo eguale a quello del diritto, ma con piccole croci in luogo delle stellette.
Oro. Peso Gr. 3,54. Le lettore sono semigotiche.
È del tutto nuova per la serie Genovese questa leggenda della Libertà confermata nel nome di Cristo. Abbiamo bensì le monete colla leggenda libertas popvli ianve, corrispondenti alla sollevazione contro i Francesi nel 1507; abbiamo quelle con libertas genvensivm, coniato nel breve periodo compreso tra la liberazione dal giogo di Francia per opera di Andrea Doria, e la istituzione dei Dogi biennali e Governatori nel 1528; ma non ci sarebbe bisogno di dimostrare che nulla può esservi di comune tra quelle e la presente moneta, non potendo passare inosservato anche agli inesperti di cose numismatiche la grande differenza che corre tra di loro. Basta il considerare che le lettere sono semigotiche nell’una e moderne nelle altre, e che il tipo degli ultimi ducati dei Dogi perpetui trovasi ridotto ad una semplicità estrema in fatto di ornamenti, mentre la moneta in discorso presenta quella eleganza di ornati ancora in uso nella seconda metà del XV secolo, sebbene meno ricca delle precedenti. Finalmente la leggenda stessa tanto dissimile da quelle usate nelle monete di Libertà del XVI secolo, ci avverte che si tratta di epoca diversa.
L’egregio possessore della moneta mi dichiarava di crederla coniata verso la metà del XV secolo, e preferibilmente in seguito alla cacciata di qualche signoria estera. Ho dovuto convenire pienamente nell’opinione dell’amico circa all’epoca cui spetta la moneta stessa, e prima ancora di ricercarne la conferma la considerava come verità incontestabile: anzi appena ebbi in mano quel ducato, mi parve che presentasse caratteri tali da suggerire non solo una data approssimativa, ma financo l’anno stesso di coniazione.
Potrebbesi obbiettare che i caratteri delle monete Genovesi sono alquanto instabili, ed io stesso ebbi a dichiararlo altrove: ma se vediamo differenze notevoli sopra moneto di epoca eguale e di metalli differenti, è pur vero tuttavia, che prendendo a studiare separatamente una sola specie massime quella del genovino, constatiamo una certa costanza di caratteri, che riesce di sicuro criterio alla classificazione cronologica relativa. Quando viene cambiato il tipo, si continua col nuovo senza interruzione fino a che venga sostituito un altro; così per la forma paleografica, messo in uso il semigotico, lo si continua ad adoperare finché venga adottata la forma moderna, ne si ritorna all’antico, e lo stesso dicasi degli ornamenti accessori.
Infatti, dopo il semplicissimo tipo della ianva vediamo quello col civitas già adornato cogli archetti. A questo succede l’ianva q . devs protegat straccarico di abbellimenti. Oltre al solito cerchio di perline, evvi un secondo circolo formato da 8 archetti doppi con 8 rose nel concavo degli archetti stessi, 8 ornati trilobati allo punte ed 8 stellette poste agli angoli. Questo tipo continua inalterato fino al Tommaso Campofregoso Doge XXI cioè per circa un secolo e mezzo, coll’unica leggera variante in alcuni genovini di Carlo VI i quali hanno i gigli alle punte degli archetti. Durante il dogato del Doge XXI e probabilmente verso la fine, si semplifica questo tipo sopprimendo le rose nel concavo degli archi: 8 stelle prendono il posto degli ornati alle punte ed 8 anellini si sostituiscono alle stelle negli angoli. La leggenda si fa semigotica, ed ha principio quella strana desinenza del nome di Corrado colla X, che viene continuata in tutti i dogati seguenti fino a quello del Cardinale Doge XXXI inclusive.
Se la forma generale del nuovo tipo iniziato dal Tommaso Campofregoso non cambia, il successore del Tommaso, Raffaele Adorno, v’introduce tuttavia una piccola variante. In alcuni suoi ducati che sembrano i primi coniati da questo Doge colle iniziali dei zecchieri a, e, invece dello stellette alle punte degli archi, troviamo delle piccole croci, ma solamente sul dritto. Nei rimanenti, coll’iniziale i, questa innovazione non è pili limitata ad una faccia sola della moneta, ma è ripetuta sul dritto e sul rovescio, uso continuato poi in seguito1.
In conseguenza di queste premesse, è chiaro che la moneta del Cav. Fantaguzzi non può rimontare ad epoca anteriore al Doge XXI, essendo stato questi il primo ad inaugurare il nuovo tipo colla leggenda semigotica ed il conradvx; non può riferirai ad epoca posteriore al Doge XXII perchè questi ha improntate le crocette, prima sopra una delle faccie della moneta e poi sopra tutte due. Poiché il ducato della Libertà porta le stellette sul dritto e le crocette sul rovescio, segna per questo solo la transizione più naturale ed evidente tra i ducati del XXI e quello del XXII Doge. La stessa iniziale del zecchiere a ci fornisce un indizio importante a conferma del nostro asserto, essendo la stessa che figura sui primi ducati del Doge XXII cioè quelli che hanno le crocette su di una faccia sola. Questo zecchiere non essendo compreso tra i nomi che si conoscono per gli anni 1442-44-45-46, deve appartenere al 1443, unico anno del Dogato dell’Adorno per il quale i documenti sino ad ora non abbiano dato nomi di soprastanti: ecco il perchè la stessa iniziale trovasi tanto sul ducato della Libertà quanto sui primi ducati del Doge XXII. Dovremo dunque limitarci a ricercare gli avvenimenti successi tra questi due Dogi, poiché la moneta per i suoi caratteri trovasi evidentemente a posto suo in questo intervallo.
Veramente un governo che si conferma in modo tanto solenne come viene da questa leggenda dichiarato, sembra più compatibile come osservava giustamente il Fantaguzzi, colla cacciata di qualche estera dominazione, di quello che non lo sia con una rivolta che abbia interrotto o troncato il governo di un Doge. Tornerebbe in acconcio al caso nostro l’epoca della cacciata dei Milanesi nel 1435 seguita dalla elezione dei Capitani di Libertà, se non fosse in aperta contraddizione con i caratteri più importanti del ducato in discorso, perchè il nuovo tipo colle lettere gotiche ed il conradvx non cominciò, come si è visto più sopra, che negli ultimi anni del Dogato XXI. Siamo costretti perciò a riconoscere che si tratta di rivolta contro il Doge, ed abbiamo precisamente quella avvenuta addi 18 Dicembre 1442, la quale coincide coll’epoca esatta suggerita dai caratteri della moneta e conferma l’assegnazione fattane.
Se la supposizione dell’egregio possessore viene a cadere, non è detto per questo che non fosse logica e probabile. Questa solenne proclamazione di libertà per la cessazione di un governo cittadino, ripugna a noi che della libertà abbiamo un concetto diverso. Ma è da considerare che male si giudicano i fatti alla stregua delle idee nostre, essendo invece conveniente di riferirli a quelle che correvano nel tempo, nel luogo e nelle condizioni, nelle quali i fatti stessi sono avvenuti. Gli antagonismi tra le fazioni, tra le classi e tra i diversi casati, che contribuivano alla instabilità del governo, alle straniere ingerenze ed alle continue discordie e danni, facevano sì che venissero posposti gli interessi della repubblica a quelli della classe, della parte e del casato. In conseguenza di ciò la parola libertà significava disfatta per il partito avverso, ed ognuno agognava a quella libertà che consisteva nell’imporsi ai vinti. Colpa de’ tempi più che degli uomini che malgrado tutto vediamo di tratto in tratto rifulgere fra questi, nobili caratteri ed esempi di generosità, disinteresse, ed amor patrio; e bisogna pur concedere che ogni partito fosse in buona fede, credendo sé stesso indispensabile al bene della patria, e non dubitando nemmeno della sanzione divina al trionfo della propria causa.
Il governo al quale si riferirebbe la moneta in discorso, avrebbe dunque funzionato dopo il Doge XXI per un periodo di tempo sufficiente allo intaglio dei conii, e quindi avrebbe cessato colla elezione a Doge del Raffaele Adorno. Quel Raffaele, figlio e nipote di Dogi, chiaro per virtù e sapere, il quale dopo avere accettato il supremo potere offertogli nel Gennaio del 1443, spontaneamente lo rinunziava quattro anni dopo, nella speranza che tale atto dovesse giovare a troncar le discordie cittadine. Speranza vana, perchè nel giorno stesso veniva eletto altri dello stesso casato, e Genova non ebbe quella pace che il Raffaele credeva averle donato. “Neque imminuitur egregii in Patriam promeriti gratia, quod sanctum consilium effectu caruerit, animis civium alio tendentibus, sed augetur laus, quod in depravatis cœterorum studiis ipse in diligenda patria unici exempli ea etate fuerit”2. Elogio ohe vogliamo ritenere come ben meritato per questa rinunzia, sebbene qualche altro fatto possa far giudicare meno favorevolmente il carattere dell’Adorno; quale sarebbe quello della parte sostenuta da lui contro il Tommaso, del quale aveva prima favorito l’assunzione al Dogato.
Nelle tavole cronologiche dei Dogi riportate da diversi autori, non è segnata l’interruzione del governo ducale al 1442. Quelli tra gli storici Genovesi che ne fanno menzione, si limitano a dire della congiura del Gian Antonio Fiesco, dell’assalto al palazzo nel 18 Dicembre, e della resa del Doge a Raffaele Adorno: della nomina degli anziani e dei Capitani per il governo della città, e finalmente della elezione a Doge dell’Adorno. Vediamo infatti che ne dice il Giustiniani che è lo scrittore più vicino a quell’epoca avendo egli dettato i suoi annali 22 anni più tardi: “E quella notte il Duce ebbe notitia che il Flisco era entrato, e che l’arme s’erano levate centra di lui, ed il giorno seguente (18 Dic.) fu pregato il Duce che dovessi cedere al Ducato par più pacifico della città, e rispose che non voleva far questa cosa senza maturo consiglio, e furono eletti sedeci cittadini dalla maggior parte del populo, i quali poi elessero Battista da Guano dottore, Pietro de flisco, Batista de i fornari, Demetrio Cattaneo, Thedisio d’oria, Pietro bondinaro, Andalo maruffo, e luca di grimaldi, o si levò gran tumulto, e già la maggior parte giorno era passata, ed il Flisco con i congiurati armati assaltorono il palazzo, e senza esserli fatta alcuna resistenza l’occuporono, ed il duce Thomaso si ridusse in la torre dell’horologio, e poi si diede in balia di Raffaello Adorno. E gli Antiani con gli aggionti elessero otto capitani della libertà Raffaello adorno dottor di legge, Gianne antonio di Flisco cavalliero, Paolo di albaro, Andalo maruffo, Lamba d’oria, Battista spinola, Meliaduce salvago, e Dominico ricio di baragaglio macellaro e l’anno di mille quatrocento quarantatre, la Città era sotto il reggimento de gli antiani e de gli otto capitani della libertà sopradetti, e per che non erano troppo concordi insieme, e per qualche altre cagioni il magistrato loro fu compiuto il vigesimo ottavo giorno di genaro, e quel giorno medesimo fu eletto pacificamente Duce della città Raffaello Adorno sopradetto figlio di Georgio e nepote di Antoniotto, etc.”3.
Quel “poi si diede in balìa dell’Adorno” potrebbe lasciare in dubbio circa la data precisa della cessazione del governo ducale, se il ch. Desimoni non ci venisse opportunamente in aiuto, indicandoci lo stesso giorno della rivolta come data della rinunzia al Dogato, ed il successivo (19) per l’elezione degli 8 Capitani, citando la fonte cioè il Reg. 31 e 526 Diversorum in Archivio di Stato4.
La leggenda del ducato lascia supporre che la fine del governo ducale e lo inizio del nuovo reggimento dei Capitani, abbia avuto luogo in modo solenne. Pare dunque che la fiducia nella stabilità del nuovo governo fosse tale, da credere davvero alla definitiva abolizione del dogato a vita, causa non ultima delle discordie cittadine: ma non doveva riescire allora quello che avvenne invece 85 anni più tardi, quando per le mutate condizioni dei tempi si poterono inaugurare nuove istituzioni senza cambiare il titolo della prima carica. In tal modo noi vediamo quel governo cui spettano le monete colla leggenda libertas genvensivm, nato dalla cacciata dei Francesi, dare origine alla riforma del 1528, mentre quello che pomposamente ostentava sulla moneta che è tema del presente scritto, una Libertas in Christo firmata, nata dalla congiura che cacciò di seggio il Campofregoso e che pareva ripromettersi lunga vita, ebbe a sparire dopo un mese e poco più lasciando le coso come stavano prima.
Al 28 Gennaio 1443, secondo il Giustiniani più sopra riportato, il magistrato loro fu compito, e quel giorno medesimo fu eletto pacificamente a Doge l’Adorno. Quali furono dunque le cause del ritorno al governo de’ Dogi? “Perchè non erano troppo concordi insieme e per qualche altre cagioni”. Alla prima causa, la discordia de’ governanti, crediamo con tutta facilità e ci accontentiamo di questa sola per spiegare il fatto; in quanto alle altre, se pure altre ve ne furono, non possiamo dire di conoscerle, e forse non le conobbe neppure lo stesso Giustiniani. Il Serra accenna ad un tentativo per comporre le cose cioè la proposta elezione di due Capitani per un anno, fallito il quale, si dovette addivenire alla elezione dell’Adorno5.
È da sperarsi che in seguito a nuove e speciali investigazioni dei documenti, possa venir fuori maggior luce a rischiarare i fatti dell’epoca. Intanto dobbiamo andar lieti che le testimonianze numismatiche vengano di tratto in tratto a togliere dubbi, a confermare alcuni avvenimenti, a consigliare nuove ricerche, ed a provare l’importanza dei nummi e delle numismatiche discipline.
Ho terminato il compito mio per la classificazione del ducato, il quale forma il più beli’ ornamento della collezione dell’egregio amico il Cav. Fantaguzzi, colla convinzione che rimanga campo ad altri più specialmente indicato per competenza e per posizione di ufficio di studiare ed investigare i documenti relativi a questo momento storico compreso tra i dogati del Tommaso Campofregoso e del Raffaele Adorno.
Poiché l’augurio che altra volta io rivolgeva alla Numismatica Genovese (v. Annot. IX) ha avuto effetto col rinvenimento di questa importante ed unica moneta, lo rinnovo sperando che nuove scoperte si succedano a portare risultati sempre più soddisfacenti. E questo voto e questa speranza non sembrano esagerati, se consideriamo che rimangono tuttavia molti dogati, alcuni governi di libertà e qualche estera dominazione, non ancora rappresentati nella serie metallica Genovese.
Caserta, luglio 1889.
- ↑ In qualcuno dei ducati compresi tra il XXII ed il XXXI Doge, avviene che per essere il braccio esterno delle crocette più corto o confuso tra le punte degli archi, le croci stesse sembrino trifogli.
- ↑ Uberti Folietæ. Clarorum Ligurum elogia, Genuæ, 1588, pag. 218.
- ↑ Edizione originale. Genova, 1537. Libro quinto. P. Car. CCIII.
- ↑ Vedi Atti della Soc. Lig. di Storia patria. Vol. XVII, in Appendice alla descrizione dell’Aquilino d’argento Genovese.
- ↑ Storia dell’antica Liguria e di Genova. Vol. III, pag. 177. Non cita la fonte.