Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Questo, che, quasi un pargoletto scoglio | Or che l'aria e la terra arde e fiammeggia | ► |
Questo testo fa parte della raccolta Poesie varie (Marino)/I sonetti amorosi
xlv
a un mergo
che a mezzanotte lo svegliava.
E tu pur, lasso! incontr’a me congiuri,
vago del mio penar, mergo importuno;
ed a me di riposo ancor digiuno
col canto intempestivo il sonno furi?
Ancor non ha de l’aria ai campi oscuri
tolto Notte il suo velo umido e bruno,
né da le molli piume è di Nettuno
sorto co’ crini il Sol lucidi e puri.
Questi, che credi mattutini albori,
son raggi de la candida sorella
di lui, ch’ancor riposa in grembo a Dori.
E tu sai che non vien l’alba novella
a fugar l’ombre ed a sgombrar gli orrori,
se pria non spunta in mar l’alma mia stella.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.