< Elena (Euripide - Romagnoli)
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Euripide - Elena (412 a.C.)
Traduzione di Ettore Romagnoli (1931)
Prologo
Personaggi Parodo

Elena sta semigiacente sui gradini della tomba di Pròteo.

elena

Del Nilo queste le virginee belle
fluenti sono, che feconda, invece
della diva rugiada, i campi, quando
si discioglie la neve, al pian d’Egitto.
Era Pròteo signor di questa terra,
quando vivea, che l’isola di Faro
abitava, e monarca era d’Egitto;
ed una delle Ninfe, abitatrici
di questo mare, sposa ebbe, che il talamo
d’ Èaco abbandonò, Psamàte; e a questa
casa due figli generava: un maschio,
Teoclimèno, che passò la vita
venerando i Celesti, ed una vergine
bennata, Idòa, la gioia di sua madre,
sinché pargola fu: poi, da che giunse
delle nozze all’età, Teonòe la chiamano,
però che degli Dei tutti conosce
i disegni presenti ed i futuri,
ché dal nonno Nerèo n’ebbe il retaggio.

Ignobile non è la patria mia:
Sparta; e mio padre è Tíndaro. E raccontano
che Giove un dí, presso la madre mia
Leda, volò, forma di cigno assunta,
e l’amor n’ebbe di sorpresa, mentre
un’aquila fuggía, se pure è vero
simil racconto; ed Elena fui detta.
E i mali ch’io patii vorrei narrarvi.
Venner tre Dive, che faceano gara
di lor bellezza in un recesso Idèo,
presso Alessandro: Cipri, Era, e la vergine
nata da Giove, che volean giudizio
sulle lor forme; e la bellezza mia,
se la sventura è bella, e le mie nozze
ad Alessandro promettendo, Cípride,
ebbe vittoria. Ed i presepî Idèi
Paride abbandonati, a Sparta venne,
per avermi sua sposa. E queste nozze
a vuoto Era mandò, piena di cruccio
per non aver vinte le Dive; e al figlio
di Priamo, non me diede, ma simile
una immagine a me, composta d’aria,
che avea respiro. Ed ei pensò d’avermi,
vana credenza, e non m’aveva. Ed altri
disegni poi concorsero di Giove
con questi mali: ché alla terra d’Ellade
suscitava ei la guerra, e ai Frigi miseri,
per alleviar dal peso dei mortali
la madre terra, e dalla calca, e rendere
celebre il piú possente eroe de l’Ellade.
E ai Frigi in mano data fui — non io
ma il nome mio — mèta dell’armi d’Ellade.
Per gli anfratti dell’aria Erme frattanto

mi trasportava: ché non fu di me
Giove oblioso; e mi condusse in questa
casa di Pròteo, ché su tutti gli uomini
io credea costumato, affinché puro
di Menelao serbar potessi il talamo.
Ed io qui sono; ed il mio sposo misero,
radunato un esercito, sbarcò,
per vendicare il ratto mio, di Troia
sotto le torri; e molte alme d’eroi
per me sui rivi di Scamandro caddero.
E maledetta io son, ché la piú misera
sono, e par che lo sposo abbia tradito,
che accesa una gran guerra abbia per gli Èlleni.
Dunque, a che vivo? Udii dal Nume Ermète,
questo presagio: che di Sparta il celebre
suol col mio sposo ancora abiterei,
e ch’ei saprebbe che non giunsi ad Ilio,
che non partecipai d’alcuno il talamo.
Dunque, finché mirò del sole il raggio
Pròteo, da nozze immune fui; ma quando
ei della terra scese fra le tènebre,
vuole sposarmi il figlio suo. Ma io
disonorar non vo’ l’antico sposo,
e, qui venuta, al tumulo di Pròteo
supplice mi prosterno, affinché il talamo
puro conservi del mio sposo: ché
se il mio nome infamato è pur nell’Ellade,
il corpo mio vergogna qui non merita.
Entra Teucro, e contempla il palagio.

teucro

Chi regna in questa eccelsa casa? È degna

ben che si affronti alla magion di Pluto:
regie le mura, e bene sculti i seggi.
Si accorge d’Elena.

Qual vista, o Numi, s’offre a me? L’immagine
che sangue stilla io miro, inimicissima,
della donna che me, che gli Achei tutti
trasse a rovina. Deh, vituperarti
possan gli Dei, tanto somigli ad Elena!
E se non fossi sopra estranea terra,
da questa freccia che non falla al segno,
morte, per questa simiglianza, avresti.

elena

Perché, qual che tu sia, misero, gli occhi
torci da me, pei falli altrui m’aborri?

teucro

Ho errato: all’ira abbandonato piú
che non dovevo mi sono io; ma tutta
l’Ellade aborre la figlia di Giove.
Or tu perdona ciò ch’io dissi, o donna.

elena

Chi sei tu? Donde a questo suol giungesti?

teucro

Un degli Achivi sventurati, o donna.


elena

S’intende allora l’odio tuo per Elena.
Ma chi sei? Donde giunto? e di chi figlio?

teucro

Teucro mi chiamo, Telamóne il padre,
Salamina la terra a me nutrice.

elena

Perché venisti a questo pian del Nilo?

teucro

Dal suolo della patria in bando io vado.

elena

O sventurato! E chi te ne scacciò?

teucro

Il padre, quei che piú dovrebbe amarmi.

elena

Doglioso evento! E qual ne fu la causa?

teucro

Aiace, il fratel mio, morendo a Troia.


elena

Come? Forse morí per la tua spada?

teucro

Balzò sul ferro proprio, e si die’ morte.

elena

Per follia? D’uom di senno opra non è!

teucro

D’un tale Achille sai, figlio di Pèleo?

elena

Che un dí, si narra, sposa Elena chiese?

teucro

Morto, per l’armi sue nacque una gara.

elena

E qual male ad Aiace addusse ciò?

teucro

Un altro l’armi ottenne, ei si die’ morte.


elena

E tu dei mali suoi sconti le pene?

teucro

Perché non seppi insiem con lui morire.

elena

Dunque, ad Ilio famosa, ospite andasti?

teucro

E l’abbattei con gli altri; e anch’io fui perso.

elena

Ed arsa è già? Già l’ha distrutta il fuoco?

teucro

Tanto, che piú dei muri orma non vedi.

elena

Per te distrutti i Frigi, Elena misera!

teucro

E gli Achei: grandi i suoi misfatti furono.


elena

Da quanto tempo è la città distrutta?

teucro

Di labili anni sette giri volsero.

elena

E quanto tempo sotto Ilio si volse?

teucro

Lune assai, quante in dieci anni mutarono.

elena

E la donna di Sparta anche prendeste?

teucro

La trasse Menelao, stretta alla chioma.

elena

L’infelice vedesti? O il sai per fama?

teucro

L’ho vista come te vedo, e non meno.


elena

Non fu parvenza, illusïon dei Numi?

teucro

Parlami d’altre cose, e non già d’Elena.

elena

Dunque, credete vera quell’immagine?

teucro

Con gli occhi allor, la vedo or con la mente.

elena

E con la sposa in casa è Menelao?

teucro

Non sui rivi d’Eurota, e non in Argo.

elena

Ahi! Nuovo male a chi t’ascolta annunzi.

teucro

Sparirono, si narra, egli e la sposa.


elena

Per mare insiem gli Argivi non si misero?

teucro

Sí, ma chi qua chi là spersero i turbini.

elena

Su quali dorsi del marino pelago?

teucro

Mentre al mezzo gli Egèi flutti solcavano.

elena

E niuno Menelao poi vide giungere?

teucro

Niuno; e morto lo dicon tutti gli Èlleni.

elena

Son morta. — E vive la figlia di Testio?

teucro

Di Leda parli? Essa è partita, è morta.


elena

Spenta l’avrà la trista fama d’Elena?

teucro

Dicon: la gola bella a un laccio strinse.

elena

E i Tindàridi, vivono o non vivono?

teucro

Sono morti, e non son: la fama è duplice.

elena

O me tapina! E quale è la piú certa?

teucro

Ch’astri sian divenuti, e Numi, dicono.

elena

È bello questo ch’or mi dici. E l’altra?

teucro

Di propria mano uccisi si sarebbero
per la sorella. E le parole bastino,

ché piangere non vo’ due volte. Or tu
dammi assistenza a ciò per cui qui venni
ai palagi del re: ché veder bramo
Teonòe l’indovina, affin ch’io sappia
dai suoi responsi come possa volgere
con fausto vento della nave l’ala
alla marina Cipro, ove l’oracolo
d’Apollo disse che abitato avrei,
che il nome avrei di Salamina all’isola
posto, in ricordo della patria antica.

elena

Il navigar medesimo a te guida,
ospite, sia; ma questa terra lascia
tu, fuggi prima che il figliuol di Pròteo
ti vegga, re di questa terra. È lungi
ora, coi prodi cani, a cacciar fiere:
ch’esso qualunque stranïero d’Ellade
prende, l’uccide; ed il perchè, non chiederlo
tu, né io lo dirò. Che gioverebbe?

teucro

Onestamente, o donna, parli. I Numi
il beneficio che a me fai ti rendano.
Ad Elena tu sei di forme simile,
ma non di cuore, anzi diversa: possa
quella far mala fine, e dell’Eurota
sulle fluenti non tornare. E a te
prospera sorte arrida ognora, o donna.
Esce.

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