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XII.
Non d’amor fiamma impetuosa o nembo
Di titaniche pugne or più rapisce
A sè stesso, o mia cara, il tuo diletto;
Nè da tal fonte più prorompe il verso
5Fervido come lava, onde già l’are
Torbo travolsi e fieri plausi ottenni.
Agiata casa, a cui si schiuda intorno
Ampio aspetto di mari e di colline,
Pregiati libri in rare stampe e onesto
10Censo, onde vachi a’ dolci studj, or sono
La mia prima delizia. Anima schiva
Di traffici e di liti, al dover solo
Devota e ligia all’altrui bene ho in pregio,
Più che gravi battaglie e gloriosi
15Fragori, di cui già troppo si piacque
La fluttuosa gioventù. Nutrita
Da una fede tranquilla indi più tersa
Sgorga la vena de’ miei carmi, a cui
Stagion verrà che attingeran le nuove
20Stirpi, se l’ombra di maligne piante
Più non le invidj, come fa, la luce.
Così, mia cara, il tedioso tergo
Del tempo io sferzo; nè dal ciel m’è grato
Favore altro implorar, se non che alcuno
25De’ sogni miei corpo e sembiante assuma,
Pria che la mente mi s’oscuri, e un riso
Di giustizia e d’amor gli uomini adegui.
Se a questa brama la speranza aggiungi,
Che in florida vecchiezza a’ casalinghi
30Studj mia madre ancor lunghi anni attenda,
Se aggiungi, o cara, il grazioso volto
Dell’amor tuo, che d’una calda luce
Ogni più chiuso mio pensier gioconda,
Delle ricchezze mie, de’ miei pensieri,
35D’ogni mio desiderio avrai la somma.