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XIII.
Beata cosa è amor, chi ben l’estima,
E ad ogni core, ad ogni età conviene,
Sol che con parca mano i tempestivi
Doni nè colga, e riottoso al volo
5Delle stagioni, tu non chieda al verno
Quanto all’agosto od all’april si addice.
Però che affatto simigliante è al sole
Quest’amore, a cui tutte ardon le menti,
Come all’altro le cose; e l’un dall’altro
10Nato direi, se non che forse entrambi
Da comun fonte e più sublime han vita.
Indi, quale al mattin d’oro e di rose
Ride il polo a’ nostri occhi, in fin che sorto
L’astro d’un balzo, di purpurea febbre
15I casti prati e i mari avidi accende;
Tal primamente al giovenil pensiero
S’appresenta il bel dio, che poi di fiamme
Tutto armato e di strali, i più feroci
Petti avvampando ed agitando invade.
20E come al furíar del giorno estivo
Esulta giugno in tra le biade, e i proni
Campi sfendendo, fuor dell’arse rime
Morbi fuma ed esizio, entro gli adulti
Petti così con violento foco
25Amore irrompe, e in destinati affanni
Or l’anime feconda, ora diserta.
Felice te, se ben temprato e saldo
Impomar vedi autunno, e con secura
Mente seduto al focolar paterno,
30Discorrendo il bel tempo, un qualche tardo
Frutto assapori! Come il Sol che, vinta
La vernal bruma, d’un suo roseo sguardo
Traverso i vetri il crin bianco t’asperge,
Tramontar puoi sereno, e al fido amore
35Dall’anima inviar l’ultimo sogno.