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NOTE AGGIUNTE.
N.º I. Il soggetto di questa nota sembrerà ad altri per avventura di lieve importaoza; ma tale non è di certo tutto ciò che a Dante sì riferisce. Tuttavia farò di sbrigarmene in non lungo discorso. Trattasi del modo di scrivere il casato di lui. Li documenti j che primi ne abbiamo, sono le quattro successive sentenze della sua condanna di proscrizione confìsca ecc.«nelle quali sta scritto Dante Allighibbi, ovvero Dahtb Allagbibri. Poi seguono i MSS. contenenti ( senza parlare delle Prose) la sua Commedia, ed i Gomenti alla medesfroa sì del XIV secolo, cominciando AsLÌVOuimo da me per la prima volta pubblicato ( Pisa 4827, 28, 29), come del secolo susseguente XV; e quindi le edizioni principi di quella, o sola o con esposizioni, in cui l’illustre casato è sempre ripetuto con doppia U, tranne poche eccezioni, delle quali facilmente potrebbe trovarsi la ragione nell’arbitrio o nella sbadataggine dei copisti. Una di tali eccezioni si ha nella prima stampa fiorentina del Poema col comento del Landino. Questi, volendo allegorizzare anche sul cognome del suo Autore, lo disse derivato da aia (simbolo di genio); e COSI per una sottigliezza d’ingegno ne corruppe e adulterò la primitiva genuina scrittura: e di là lo scandaloso mal esempio, seguitato poi senza scrupolo dai falsificatori dei Codici, nella massima pai-te delle stampe successive fino a noi. Ma l’eredità di quest* a/a fu ripudiata dagli attuali discendenti Verouesi del divino Poeta, i quali sanno apprezzarne il patrimonio dell’intelletto, non meno che volere l’integrità della denominazione di famiglia. Non v’ha MS. quasi nessuno a Dante contemporaneo, o via via posteriore fino al secolo XVI, che presenti diversamente scritto il suo casato. Testimone r Indice della Laurenziana compilato dall’eruditissimo Baudini, benemerito Bibliotecario di essa; i Codici tuttora superstiti delle altre pubbliche e delle private librerie di Firenze, di Roma, di Napoli, di Pal«rmo, di Milano, di Parma, di Venezia, di Padova, di Udine e di altre città d* Italia, non che di Parigi, di Londra ecc.; e le tante stampe da me rammentate nella lettera, che già fino, dal 1839 indirizzai su tale proposito al eh. amico mio cav. Davide B<*rtolotti, sòcio della R. Accademia delle •Scienze di Torino, alla quale rimetto chi tuttora dubitasse (f. Nuouo Giornale dei Letterati iV. ’tO?). Ne lascerò di appellar* mi ad una più recente Dissertazione, in cui si propose l’altro mio egregio amico cav. Filippo de* Scolari di trattare appositamente questo soggetto ( Appendice t. al Piaggio iti Italia di Teodoro Beli sulle orme di Dame - Treviso, 4841); e se non appajono vittoriose e trionfanti le riflessioni, le prove Dante, Epistole, e le dimostrasioni di cui l’avvalorò, noti veggo che debba più crederai umanamentB possibile la convinzione per via di fatti • di raziocinio. Mentre scrivo . stammi sott’occhio «Incipit Comoedia Dantis AUa* gherii Fiorentini nomine non moribus», a cui precede un bel frontispizio’ con duplice antiporta, ove si ripete ce Ita Commedia di Dante Allighieri illustrata da Ugo Foscolo n {Londra 4842, vo/. 2 in 8.°); ed ho pure fra mano il principio del Contento inedito, che Francesco, da Buti leggeva allo Studio di Pisa, nel cui proemio alla prima Cantica è scritto: - «lucomineia la Commedia di Dahtb Allbgbibri fioren- tino u; essendo ivi replicato ben quattro o cinque volte in tal forma questo coguom. Due distinti membri della I. e R. Accademia della Crusca, da me interpellati sul particolare in discorso, si dichiararono schiettamente dello stesso avviso, come lo era r esimio loro collega che fu Bartolommeo Gamba: - Serie (/e’ testi di lingua» artic* Alugbiem " ( Milano 4829, e Venezia 4839, in 4."). Uno però dei due sopraccitati individui allegò, che l* uso è contrario. Su di che gioverà osservare, che l’uso è bensì da ammettersi dove si tratti di vocaboli costituenti la lingua, ma non già del nomi proprii, che nessuno può arrogarsi la libertà di snaturare e cambiare; perciocché r uso che si oppone all’autorità legittima della ragione, stabilita sui monumenti storici, è misuso daunevole. — Alla sottile osservazione poi che un’terzo rispettabile Accademico, da me tuttavia non discorde, mi fece intorno alla genesi ortografica del nome data dal Boccaccio nella yita di Dante, cioè che l’antico originario Aldighieri, corrotto per la sottrazione della lettera d, rimaner dovrebbe Alighieri, anziché Allighieri, come scrisse il suo biografo, rispondo qui pubblicamente: Che nella edizione principe di quella Vita ( la fiorentina del 4576, pel Strmartelli PB- 9) è stampato chiaramente detrazione e non sottrazione fra i quali due vocaboli passa questa differenza, che il primo significa scemamento j diminuzione, mentre l’altro indica toglimento assoluto. Difatti usando avvertitamente il Certaldese detrazione, ha inteso che dalla lettera d levato uno dei due elementi ond’è composta, cioè la piccola curva dinanzi, e rimasa quindi la sola parte od asta equivalente a l, venne appunto a formarsene, insieme all’altra / che la precede, il casato Allighieri con e//e doppia. In sostanza non altro disse il Boccaccio, fuorché la d fu cangiata in una seconda /; e chi spiegò altrimenti, lo ha falsato. Che importa se al Biscioni piacque stimpare sottrazione (Prose di Dante e Boccaccio - Firenze, Pagina:Epistole di Dante Allighieri.djvu/26