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Fijji bboni a mmadre tareffe Li spiriti
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

ER CURATO LINGUACCIUTO

     Lo so, lo so ch’er zor curato ha sparza
La chiacchiera ch’io bbatto1 in borgo-novo,
Che in ner mentre mantiengo er m’arimovo2
Manno pe’ Rroma la mi’ mojje scarza,3

     E cche ppe’ ffajje fà mmejjo comparza
Pelo er gabbiano mio dove lo trovo:
Ma sto frate è un busciardo, e tte l’approvo:4
Cuanno una cosa nun è vvera, è ffarza.5

     Abbadi a llui però co’ sta pastrocchia,6
Perchè le lingue sò ttutte sorelle,
E llui puro pò avé cchi jje la scrocchia:7

     Lui che annanno a pportà le pagnottelle
De san Nicola,8 in de la su’ parrocchia
Ha ingallato da9 dodisci zitelle.


Terni, 11 novembre 1832

  1. Pratico.
  2. Mi-rimovo: espressione indicante «la commozione eccitata da un soggetto che s’ama», quindi per traslato, «l’oggetto stesso».
  3. Scalza.
  4. Te lo provo.
  5. Falsa.
  6. Menzogna mal composta.
  7. Chi lo colpisce dicendo il di lui fatto.
  8. Piccolissimi pani benedetti, di virtù non inferiore a qualsiasi elisir.
  9. Circa.

Note

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