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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832
ER ZERRAJJO NOVO
Si vvò imparà, ttu ddamme retta, damme;
E io te spiegherò ttutt’er zerrajjo.
Du’ serpenti sce sò ppieni de squamme
Che ccianno un collarino cór zonajjo.1
Poi sc’è la salamandra, si nun sbajjo,
Che ppò vvive tramezzo de le fiamme.
Doppo er leofante, ch’è ttutto d’un tajjo
Senza le congiunture in de le gamme.2
Poi sc’è l’uscello che ttiè un rifettorio
Immezz’ar petto suo pell’antri uscelli,
Com’è cquello che sta ssopr’ar cibborio.3
Doppo, e cquesto sta ppuro in de l’avviso,
Ce sò ddu’ pappagalli tanti bbelli,
Che ttiengheno la razza in paradiso.4
Roma, 21 dicembre 1832
- ↑ Il serpente a sonaglio.
- ↑ È volgare opinione che l’elefante non abbia articolazione nelle gambe.
- ↑ Il pellicano.
- ↑ L’uccello del paradiso.
Note
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