Questo testo è incompleto.
Tutt'ha er zu' tempo A Chiara
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

ER BAMBINO DE LI FRATI1

     S’ha da lodà li frati perchè ffanno
Cuer presepio che ppare un artarino.2
Tu lo sai che ssò ffrati, e vvai scercanno
Si sta notte arimetteno er bambino!

     Io vorìa che pparlassi cuer lettino,
Cuele stanzie terrene indove vanno;
E vvederessi, ventotto de vino,3
Che lo vonno arimette tutto l’anno.

     Ggià, cche spesce4 ha da fà cche cco la pacchia5
Che ggodeno sti poveri torzoni,
jE se gonfi la groppa a la verdacchia?

     Ortre c’ar rivedé li bbardelloni,6
E a l’ingrufà ssi ccapita una racchia,7
è uN gran commido annà ssenza carzoni!


Roma, 27 dicembre 1832

  1. Gli zoccolanti, già nominati nel sonetto precedente.
  2. Avanti il Mistero sono accesi torchi, come non una campagna, ma un altar maggiore ivi a’ riguardanti si appresentasse.
  3. Espressione passata in proverbio, che significa: «sempre una cosa», dacchè si narra di un tale, i di cui conti quotidiani dell’oste cominciavano sempre dalla partita Ventotto di vino.
  4. Specie.
  5. Vita comoda.
  6. Far sodomia.
  7. Vaga e fiorente giovane.

Note

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.