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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832
ER CISCERONE A SPASSO
Se commatte,1 monzù, co’ la miseria.
Cosa sce s’ha dda fà? ttrist’a cchi ttocca.
Da sì2 cche vve portà a la Ninf’Argeria
Nun ciò3 ppane da metteme a la bbocca.
Abbito drent’a un bùscio de bbicocca4
Da fa rride sibbè cch’è ccosa seria.
Llì cce piove, sce grandina e cce fiocca,
Come disce sustrissimo in Zibberia.
La cuccia mia nu la vorebbe un frate,
Ché ddormo, monzù mmio, s’un matarazzo
Tarquàle5 a ’na saccoccia de patate.
Sò annato scento6 vorte su a ppalazzo
A cchiede ajjuto ar Papa: e indovinate
Cosa m’ha ddato er zanto-padre: un cazzo.
All’osteria del fosso, 13 novembre 1832
- ↑ Combatte.
- ↑ Da quando.
- ↑ Non ci ho: non ho.
- ↑ Semplicemente “casolare„.
- ↑ Tal quale.
- ↑ Cento (con la c strisciata, come in altri luoghi di questo medesimo sonetto).
Note
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