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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833
ER FOCONE.
La sai la gran disgrazzia ch’è ssuccessa
A Rrocco er capo-presa,1 eh Furtunato?
Lui stava ar naviscello ch’è arrivato,
E la mojje era ita a ssentì mmessa.
Ebbè, er pupo2 c’aveveno lassato
Ar focone cor fijjo de l’ostessa,
Pe inchinasse3 a ppijjà una callalessa,4
Cascò ssur foco, e cce restò ggelato.5
Penza si6 cquanno aritornò la madre
Dev’èsse stato er giorno der giudizzio,7
E ssi cche inferno ar rivienì dder padre!
Perde8 un fijjo accusì,9 ccerto, è un zupprizzio;10
Ma cche faressi11 a ste madracce ladre
Ch’esponeno12 li fijji ar priscipizzio?
Roma, 23 gennaio 1833.
- ↑ Padron di barca, o direttor di essa.
- ↑ Bambino.
- ↑ Inchinarsi.
- ↑ [Calda-a~lesso: castagna lessata.]
- ↑ Restar gelato: morire all’istante.
- ↑ Se.
- ↑ Scompiglio, rovina di confusione e di pianto.
- ↑ Perdere.
- ↑ Così.
- ↑ Supplizio.
- ↑ Faresti.
- ↑ Espongono.
Note
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