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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832
ER GIUDISCE
Li mozzini1 de Roma, sor Dodato,2
Propio nun hanno un fir3 d’aducazzione.
E cquanno sò a l’udienza in cuer zalone
Strilleno come stassino ar mercato.
Chi vvò l’intìmo, chi la scitazzione,
Chi cchiede er giuramento e cchi er mannato,
Chi ingiuria er Cancejjere e cchi er Prelato;
E ttutti inzieme vonno avé rraggione.
Jeri, a la fine, er Monziggnore mio,
Fattose inzino in faccia pavonazzo,
Sartò in piede e strillò: “Zzitti, per dio!
Ch’edè, ssignori miei, sto schiaramazzo?
Se tratta cqua ch’è ggià un par d’ora ch’io
Do le sentenze senza intenne un cazzo„.
Roma, 1° dicembre 1832
Note
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