Questo testo è incompleto.
L'editto su li poverelli Chi ss'attacca a la Madonna
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

ER GIUSTO

     Er giusto, fijji, fateve capasce,1
Pe’ cquanto mai sia stato peccatore,
Campa co’ la cusscenza sempre in pasce,
E spira ne le bbraccia der Ziggnore.

     Vive in grazzia de tutti, e cquanno more
A ttutti li cristiani2 je dispiasce;
E oggnuno piaggne, e ddisce co’ ddolore:
“È mmorto er giusto e in zepportura jjasce.„3

     Mentre l’anima sua j’essce de bbocca,
Un formicaro d’angeli la pijja,
La porta in Celo, e gguai chi jje la tocca.

     Li diavoli je manneno4 saette,
E ll’angeli je danno la parijja;
E la cosa finissce in barzellette.

21 gennaio 1835

  1. Capacitatevi.
  2. Gli uomini.
  3. In sepultura jacet.
  4. Gli mandano.

Note

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.