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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1830
ER GUITTO IN NER CARNOVALE.
Che sserve che nun piovi, e cche la neve1
Nun viènghi a infarinà ppiù le campaggne?
Tanto ’ggnisempre a casa mia se piaggne,
Tanto se sta a stecchetta e nun ze bbeve.
Er zor paino2, er zor abbate, er greve,3
In sti giorni che cqui sfodera4 e sfraggne:5
Antro peddìo che a ste saccocce caggneFonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte
Nun ce n’è né dda dà nné da risceve!
Ma ssi arrivo a llevà lo stelocanna,6
Madonna! le pellicce7 hanno da èsse
Da misurasse co’ la mezza canna!8
Allora vedi da ste gente fesse,9
Co’ ttutta la su’ bboria che li scanna,
Le scappellate pe’ vvienì in calesse!
17 febbraio 1830
Note
- ↑ Dopo vari mesi di piogge e di nevi, all’apparire del carnovale rasserenò.
- ↑ [Paìno corrisponde a quel che i Fiorentini, forse per antifrasi, chiamano logica; ma si estende anche a significare "qualunque persona vestita civilmente;, e se ne forma paìna, painetto, painetta, painerìa, impainàsse (impainarsi): voci in uso anche nelle Marche e nell’Umbria.]
- ↑ Greve dicesi ai popolani che sostengono gravità.
- ↑ Sfoggia.
- ↑ Spende.
- ↑ L’est-locanda, tabella che si pone sulle case vuote.
- ↑ Ubbriachezze. [Sbornie.]
- ↑ [Misura lineare romana, equivalente a poco più d'un metro.]
- ↑ Sguaiate.
Note
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