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Er zeporcro in capo-lista L'oste
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

ER METTE DA PARTE

     Je le do ttutte vinte! È ffijjo solo,
Cerco d’accontentallo come posso.
Disce: “Mamma, me fate er dindarolo?.„1
E io ’ggni festa j’arigalo un grosso.

     Me sce spropio,2 lo so, mma mme conzolo
Ch’è ttanta robba che jje metto addosso.
E llui ggià ffa la mira a un farajolo
Cor castracane3 e ’r pistaggnino rosso.

     Li regazzi, se sa, da piccinini
S’ha da avvezzalli de tené da conto
E ffajje pijjà amore a li quadrini.

     Ccusì, cquanno sò ppoi ommini grandi,
Nun sciupeno,4 e a ccosto anche d’un affronto
Nun te danno un bajocco si5 li scanni.

18 aprile 1835

  1. Salvadanaio.
  2. Mi ci sproprio: mi ci rovino.
  3. Pelo di Astracan, detto a Roma astracane.
  4. Non dissipano.
  5. Se.

Note

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