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La ggiustizzia de Gammardella In acqua lagrimar'in valle
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1830

ER PIZZICO

     La sera che dall’oste ar mascherone,1
Pe’ ddà un pizzico in culo a Ccrementina,
Annai ’n zedia papale2 in quarantina
A lo spedàr de la Conzòlazzione:3

     Er zor Stramonni4 che mme visitòne5
Quelli du’ sgraffi dereto a la schina,6
Fesce:7 “Accidenti!, cqua se va in cantina:8
Dev’esse stato un stocco bbuggiarone„.

     Po’ abboccasotto stésome in zur letto,
Cominciò un bùscio a frigge: e attura, e attura,
Ah, sfiatava peddìo come un zoffietto!

     Inzomma in ner frattempo de la cura
Nun poteva stà acceso er moccoletto!
Eppuro eccheme cquà; ggnente paura.


Terni, 30 settembre 1830

  1. Luogo di Roma.
  2. Andare, ecc.: essere condotto assiso sulle mani intrecciate di due persone. [Ma, propriamente, è un gioco fanciullesco, come può vedersi nella nota 2 del sonetto: Li ggiochi, 26 nov. 31. E perciò, qui, la frase è ironica.]
  3. Ospedale presso il Foro Romano.
  4. Il chirurgo Trasmondi.
  5. Visitò. Raramente però i Romaneschi aggiungono questa sillaba alle parole accentuate, quando non terminino un periodo e facciano punto.
  6. Schiena. [Dal germanico skina.]
  7. [Fece]: disse.
  8. È profondo.

Note

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