Questo testo è incompleto.
Er pupazzaro e 'r giudisce Le laggnanze
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

ER PUPAZZARO E 'R GIUDIO

     Te disse1 de quer giudisce de ddio2
Che ppe’ ffà un ber presepio ar zu’ regazzo
S’aggranfiò3 un giorno in ner casotto mio
’na caccoletta4 de trentun pupazzo?

     Tu ggià de scerto te sei creso5 ch’io
Doppo quer fatto, senz’antro strapazzo,
Guadaggnasse la lite cór giudio:
E ppe’ l’appunto ho gguadaggnato un cazzo.

     Quer fariseo co’ la su’ faccia pronta
M’appoggiò6 ’na sentenza da mascello,
E cciò avuto accusì cciccia pe’ ggionta.7

     Ma ssenti mó cche ggalantomo è cquello,
E la ggiustizzia sua si8 cquanto conta:
Me sò appellato, e l’ho vvinta in appello.


Roma, 26 dicembre 1832

  1. Ti dissi.
  2. Ironia.
  3. Aggranfiare: verbo derivato dal nome granfie, cioè: “artigli.„
  4. Una bagattella.
  5. Creduto.
  6. Mi diede.
  7. Giunta alla derrata.
  8. Particella di ripieno.

Note

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.