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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
ER VINO E LL'ACQUA
Io nun pòzzo1 soffrì ttutte ste lite2
C’hanno sempre da fà Cciocco e Ffreghino,
Si3 cche ccosa è ppiù mejjo, o ll’acqua o ’r vino.
Du’ parole e ssò4 ssubbito finite.
Chi lloda l’acqua, io je direbbe: “Dite:
Pe’ bbeve5 un mezzo6 ve sce vò7 un lustrino.8
Pe’ un bicchier d’acqua poi cór cucchiarino9
V’abbasta un mille-grazzie, e vve n’usscite.
Dunque che vvale ppiù? cquella c’allaga
Piazza-Navona10 auffa,11 e cce se ssciacqua
Li cojjoni, o cquell’antro che sse12 paga?
E ffinarmente, a vvoi:13 cqua vve do er pisto.14
Ch’edè,15 ssori cazzacci, er vino o ll’acqua,
Che vve pò ddiventà ssanguede Cristo?.„
22 giugno 1834
- ↑ Posso.
- ↑ Queste liti.
- ↑ Se.
- ↑ Sono.
- ↑ Per bere.
- ↑ Un mezzo boccale.
- ↑ Vi ci vuole.
- ↑ Mezzo paolo d’argento. Un grosso.
- ↑ Per beffare coloro che al caffè non prendono mai cosa alcuna, si dice che ordinano un bicchiere d’acqua col cucchiarino.
- ↑ Si allude all’allagamento di detta piazza che si fa in ogni sabato e domenica di agosto.
- ↑ Gratis. Vedi nota del Sonetto...
- ↑ Si.
- ↑ A vvoi: quasi: “orsù concludiamo.„
- ↑ Qua vi sconfiggo, vi confondo.
- ↑ Che è.
Note
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