Questo testo è completo, ma ancora da rileggere.
Er cottivo Lo svejjatore
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1845

ER VOLO DE SIMOMMÀGO.1

1.

     Vònno c’appena entrò cquer perticone
De Tosti2 pe’ ugurajje er capodanno,
Disse er Papa: “E l’affari come vanno?.„
E ’r Cardinale: “Grazziaddio, bbenone.„3.

     Disce: “È astrippàto4 poi sto contrabbanno?.„
Disce: “Nun passa ppiù mmanco un limone.„ —
“E vva avanti a Rripetta ir5 frabbicone?„6
“Si pò ddì cche sta ppronto ar zu’ commanno.„ —

     “Li capitali?„ “Sò vvennuti tutti„7
“Le spese?„ “Sò ar livello co’ l’entrate.„ —
“E ir debbito sc’è ppiù?„ — “Ssemo a li frutti.„8

     Er Papa allora tritticò er cotògno;9
Poi disse: “A cquer che ssento, sor abbate,
Dunque di lei nun ce n’è ppiù bbisoggno.„

13 gennaio 1845


Note

  1. [Cioè il licenziamento del cardinal Tosti dall’uffizio di tesoriere, che, per grande sventura dello Stato pontificio [V. la nota 8 del sonetto: Er ricramo, 26 magg. 43), egli teneva fin dall’anno 1834. Al principio del 45 gli fu sostituito Giacomo Antonelli, allora semplice prelato. E benchè ufficialmente si dicesso che il Tosti aveva voluto dimettersi, il vero è che fu licenziato. Posso anzi aggiungere, poiché lo so da persona autorevolissima, che la causa prossima, se non principale, del suo licenziamento, fu l’aver egli disubbidito al Papa, il quale voleva che il soffitto della Basilica di San Paolo fosse rifatto greggio, com’era l’antico, e il Tosti invece all’insaputa di lui, e forse per favorire artisti suoi protetti, fece cominciare a rifarlo nel modo che si vede al presente. “Cosa avviata, capo ha,„ avrà detto tra sè; e c’indovinò; ma Gregorio gliela fece pagare.]
  2. [Era infatti molto alto.]
  3. [Egli realmente parodiava il Calonne, e metteva tutto il suo ingegno a nascondere anche al Pontefice, anzi a lui più che ad altri, la vera condizione delle cose.]
  4. [Estirpato. Come se derivasse da trippa.]
  5. [Come in tanti altri casi simili, invece delle vere forme romanesche er, se, de, usa ir, si, di, perché così dicono coloro che si sforzano invano di parlar civilmente.]
  6. [Quel grande edifizio semicircolare lungo il Tevere, presso il Porto di Eipetta, e dove oggi é il E. Istituto di Belle Arti di S. Luca. Se ne disse un gran male, per parecchie ragioni: perché, nelle strettezze in cui allora versava l'erario, parve inopportuna la gravissima spesa; perché non piacque il disegno, e si sospettò che l'architetto Camporese ci avesse guadagnato più del dovere; e finalmente perché appena terminato, minacciò rovina, e si dovettero rifare le fondamenta. Eco di tutti questi malumori, comparve un'incisione rappresentante il Tevere che portava sulle spalle il novo edifizio, con sotto la prima parte del terzo versetto del Salmo CXXVIII: Supra dorsum meum fabricaverunt peccatores. E poiché al primitivo disegno della fabbrica fu aggiunto un altro braccio, rieccoti il padre Tebro con la seconda parte del versetto: prolongaverunt iniquitatem suam.]
  7. [V. la chiusa del cit. sonetto: Ur ricramo, dove il Papa dice:

         Fino ch'er tesoriere nun ze stracca
    Di fa debbiti e vvenne ir capitale,
    Staremo sempre in d'un ventre de vacca.]

  8. [Questa proposizione é ambigua. Il cardinale vuole che il Papa 1' intenda nel senso che ora non ci son 'più da pagare altro che i frutti. Ma lui, per conto suo, pigliando debito nel senso di capitale avuto a debito, intende dire che questo non c' è più, e ci restano solo i frutti da pagarsi.]
  9. [Tentennò il capo.]


ER VOLO DE SIMOMMÀGO.

2.

     Cert’è pperò cch’è un gran Governo ingrato.
Liscenziallo accusì, ppovero Tosti!
Doppo che Ddio lo sa cquanto je costi
Sta via-crusce der zu’ tesorierato!

     Chi ha rrippezzato1 Roma, ha rrippezzato?
Chi ha ccressciuti l’incerti ne li posti?
Chi ha ffatto tanti debbiti anniscosti,2
Pe sfamà ttutti e mmantené lo Stato?

     Chi ll’ha impacchiati,3 dico, tanti artisti,
Mastri de casa, decani,4 cucchieri,
Segretari, archidetti e ccomputisti?5

     Se so’ mmai viste all’antri tesorieri
Carrozze com’a llui? Se so’ mmai visti
Li scudi rotolà ccome li zzeri?

13 gennaio 1845


Note

  1. [Rattoppato.]
  2. [V. la nota 3 del sonetto precedente.]
  3. [Da pacchia, che ha a Roma lo stesso valore che in Toscana. Se non che, mentre i Romaneschi ne han derivato questo verbo impacchià transitivo, i Toscani ne han derivato pacchiare intransitivo.]
  4. [Decani di servitori. Ma, per complimento, si dà del decano anche a un servitore qualunque.]
  5. [".... Gl' impiegati di quel dicastero gavazzavano; e quasi non contenti di esser soli a godere della dilapidazione, si erano in pochi anni quasi triplicati di numero.„ gualterio, Op. cit., vol. I pag. 161.. -".... L'erario impoveri: il disordine crebbe: molti in Roma traricchirono per usure, per appalti pubblici, per lavori fatti dal Tosti, come dicono, economicamente.„ Farini, Op. e vol. cit., pag. 131.]

ER VOLO DE SIMOMMÀGO

3.

     Privasse de st’Ecolomo,1 privasse,
Perch’è vvôto l’orario2 der Governo!
Già, in primo logo, lui pò vvince un terno,
E un terno grosso da riempì le casse:

     Poi sc’è ssempre er rimedio de le tasse:
Poi la su’ robba, che cce n’ha un inferno,
Pò incantalla,3 e ttené ll’uso moderno
De chiunque se trova in acque bbasse.

     Poi, nun fuss’antro, si cchiede quadrini
A ttanti che ppe llui nun zò ppiù iggnudi4
Riccapezza una bbarca de zzecchini.

     Pochi ne cacceria?!5 ’Na bbagattella!
Pònno improntàjje un ventimila scudi
L’eredi soli de Padron Pianella.6

13 gennaio 1845


Note

  1. [Economo.]
  2. [Erario.]
  3. [Incantarla, venderla 4 all'incanto.]
  4. [V. la nota 5 del sonetto precedente.]
  5. [Ne caccerebbe: ne ricaverebbe.]
  6. [Cocchiere e mastro di stalla del Tosti. Un vecchio romanesco che lo conobbe assai da vicino, avendogli io domandato se padron Pianella si fosse realmente arricchito, mi rispose queste precise parole: E cchi nun z'arricchè con Tosti?]

ER VOLO DE SIMOMMÀGO

4.

     Vorà ddunque soffrì Ppapa Grigorio
c’a un tesoriere suo tanto fedele
nun j’arrestino manco le cannele
da chiamà cquattro frati ar zu’ mortorio?1

     Levajje er frullonaccio,2 omo crudele,
che cciannò in fiocchi a Ssan Pietro-Montorio!3
e ppochi scenci cqui a Mmontescitorio!4
e ddu’ galanterie llà a Ssan Micchele!5

     Finarmente che ha ffatto, poverello?
Ha ttrovo, quann’è entrato, un mascelletto,
e llui l’ha ffatto diventà un mascello.6

     De llui cosa pò ddisse, poveretto?
Gnent’antro ch’è un gran omo de scervello,
e cche ttiè un core da romano in petto.7

13 gennaio 1845


Note

  1. [Il licenziamento quasi improvviso del Tosti diede luogo a qualche chiacchiera di questo genere, che il Belli ripete però ironicamente, giacché sapeva benissimo come il redde rationem non fosse cosa da cardinali.]
  2. [Levargli il carrozzone cardinalizio. Ma frulloni, propriamente si chia- mano le carrozze che servono agli alti impiegati dei Sacri Palazzi.]
  3. [Con cui andò in fiocchi, cioè "in nappe,„ in gran gala insomma, a prender possesso di San Pietro in Montorio, quando, nel 1839, pubblicato cardinale, gli fu appunto conferito il titolo di codesta chiesa. La carrozza del Tosti era realmente tanto bella e sfarzosa, e la presa di possesso fu da lui fatta in modo tanto solenne, che ne dura an- cora la memoria.]
  4. [Dove egli, come tesoriere, abitava.]
  5. Dell’Ospizio di San Michele era e rimase Presidente. Anzi, uscito da Montecitorio, vi andò ad alloggiare.]
  6. [Egli era succeduto nel 1834 al Mattei e al Brignole, che in realtà avevano amministrato poco men male di lui. Il 6 agosto 1833, in un dispaccio confidenziale al suo Governo, l'ambasciatore sardo scriveva da Roma: “Molte piaghe a risanare, ed altre spese che occorrono continuamente, hanno di nuovo messo a fondo l'erario. Se a queste cagioni aggiungiamo lo sciuppo„ (sic) “e lo sperperamento che si fa del tesoro dalle persone cui è affidato, il dare in appalto alcune pubbliche entrate, il rapinare d'alcuni capi, l'ignoranza d' alcuni altri, per cui gl'inferiori tengono bottega, punto non farà meraviglia che il danaro vada ogni di scemando, e venga intieramente meno.„ E in un altro dispaccio del giorno 7 del mese successivo, alludendo a uno de' rovinosi prestiti contratti col Rotschild, scriveva: “Mi contento di citare il fatto, senza aggiungere una serie di particolarità che fanno scandalo e stomaco non solo ad ogni persona dabbene, ma eziandio a quegli stessi che sogliono trar profitto da simili faccende.„ Bianchi, Op. cit., vol. III, pag. 169.]
  7. [“Aveva un core da Romano!„ mi diceva testualmente pochi giorni fa il signor Carlo Boccacci, che lo conobbe, e che non sapeva neppure che esistesse questo sonetto inedito del Belli! E core da Romano, nel caso presente, significa che egli non pensava mai al domani; e, abilissimo a provvedere con rovinosi espedienti ai bisogni del momento, "colmava una fossa, spalancando una voragine.„ Gualterio, loc. cit.]

ER VOLO DE SIMOMMÀGO

5.

     Gnisuno ha detto mai che Ssu’ Eminenza
abbi da fà la fin de Bbonaparte.
Lui nun je chieden’antro1 che le carte,2
e pp’er resto sc’è er Papa che cce penza.

     E cchi cce se darebbe a la bbell’arte
de pagà ssempre e de pijjà a ccredenza,
co sto risico poi de restà ssenza
quarche straccetto che mmettessi a pparte?

     Ma avessi puro minestrato3 male,
vojjo vedé chi jje farìa l’affronto
de toccajje una vesta d’urinale.4

     Fra un cardinale e nnoi sc’è un ber confronto!
Qualunque imbrojjo facci, un cardinale
ha er privileggio de nun renne conto.5

13 gennaio 1845

  1. [A lui non gli chiedono altro ecc.]
  2. [E s'intende la consegna materiale delle carte d'ufficio, non già il resoconto.]
  3. [Amministrato.]
  4. [Perchè di questi arnesi allora ce n'era, e forse in qualche luogo ce ne sarà ancora, vestiti di sala come i fiaschi.]
  5. ["Una Commissione istituita per rivedere i conti dello Stato, detta Congregazione di Revisione, li domandava invano durante l’amministrazione del cardinal Tosti. Era accusato universalmente di questa incredibile decennale ricalcitranza il computista della Camera Apostolica, Angelo Galli... La Congregazione di Revisione era composta di uomini potenti come principi romani, di uomini di risoluta indole, specialmente il principe Barberini e il principe Prospero Sciarra di Roviano; e con tutto ciò non valse per ben dieci anni ad ottenere neppure il rendiconto., Gualterio, Op. e vol. cit., pag. 162-63. — V. anche la nota 7 del sonetto: La sala ecc., 8 genn. 32.]
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