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Euripide - Eraclidi (430 a.C. / 427 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1929)
Quarto stasimo
Quarto episodio Esodo

Strofe I

Nel convivio è la danza a me gradita,
se le argute sue grazie effonde il flauto;
e diletta anche m’è l’amabil Cípride;
e la ventura anche veder m’allegra
degli amici, che vita
già conducevano egra.
Ché molti eventi il Fato
e molti il Tempo genera,
che da Saturno è nato.

Antistrofe I

È giusto, Atene, il tramite che batti,
e non conviene il passo mai distoglierne:
ché tu onori i Celesti; e chi maledico
lo nega, presso alla Demenza muore.
Offerte m’hanno i fatti
seguíti, eccelse prove:
un Dio chiaro gli esempî
ne adduce: ché delirano
le menti ognor degli empî.


Strofe II

Annosa Alcmena, del tuo grembo il gèrmine
del cielo ascese i vertici.
Ch’egli scendesse in Erebo,
consunto dall’orribile
vampa del fuoco, è diceria mendace:
d’Ebe nel caro talamo,
entro aule d’oro, ei giace.
Tu stringi, o Imène, i due
figli di Giove, con le grazie tue.

Antistrofe II

Spesso gli eventi a sé simili tornano.
Protesse Atena, dicono,
il padre loro; e il popolo
d’Atene, a cui la vergine
Diva è patrona, i figli suoi protegge,
e frenò l’uom che víola,
tracotante, ogni legge.
Vivere sempre io voglio
dagli eccessi lontano e dall’orgoglio.

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