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Giunge un servo d’Illo.
servo
Salvete, o figli. Ma dov’è Iolao?
Da quest’altare lungi? E Alcmena ov’è?
iolao
Son qui, se pur la mia presenza giova.
servo
Perché stai lí prostrato, e l’occhio avvalli?
iolao
Da domestico affanno ho il cuor pervaso.
servo
Alzati, via, solleva pur la fronte.
iolao
Son vecchio, e piú le forze non m’assistono.
servo
Giungo a recarti un’allegrezza grande.
iolao
Chi sei? T’ho visto altrove, e non ricordo.
servo
D’Illo un famiglio. Mi conosci adesso?
iolao
Caro! E a salvarci dagli affanni giungi?
servo
Certo! E sarai, per quanto udrai, felice.
iolao
O madre d’un gran figlio, Alcmena, dico,
esci, e queste parole odi, carissime:
ché già da un pezzo ti struggevi l’anima
ansïosa, se mai quelli tornassero.
Dal tempio esce
alcmena
Perché tutto s’empié di grida il tempio?
Iolao, di nuovo qualche araldo giunse
d’Argo ed a te fe’ vïolenza? Imbelle
è la mia forza, eppur, sappi che mai
straniero, potrai questi fanciulli,
sin ch’io viva, strapparmi; o madre d’Ercole
non mi reputerei: se pur li tocchi,
un’aspra lotta con due vecchi avrai.
iolao
Fa’ cuore, o vecchia, non temer, non giunge
d’Argo, ostili parole ei non ci reca.
alcmena
E a che quell’urlo, di terrore araldo?
iolao
Perché tu fuor dal tempio uscir dovessi.
alcmena
Nulla io sapevo. Ma costui chi è?
iolaio
Dice che giunto è di tuo figlio il figlio.
alcmena
Salve anche a te, per questo annunzio lieto.
Però, se in questa terra ha posto il piede,
ora dov’è? Qual caso mai lo tenne
dal venir teco a giocondarmi il cuore?
servo
L’esercito che addusse a pugna schiera.
alcmena
Nulla di tal discorso importa a me.
iolao
Importa a me: debbo io notizie chiederti.
servo
Che vuoi saper dell’opere compiute?
iolao
Qual somma d’alleati ei con sé reca?
servo
Molti; ma non saprei dirtene il numero.
servo
Ma lo san, credo, i principi d’Atene.
servo
Certo; e l’ala sinistra hanno occupata.
iolao
Ed alla zuffa già pronto è l’esercito?
servo
E dalle schiere uscite già le vittime.
iolao
E quanto lungi son le argive schiere?
servo
Tanto che il duce puoi chiaro distinguere.
iolao
E che faceva? Disponea le fila?
servo
Ne facevamo congettura: udirli
non potevamo. Or vado; i miei signori
non vo’ che senza me la pugna affrontino.
iolao
Ed io con te: ché degli amici a fianco
vo’ stare, e dar, come potrò, man forte.
servo
Dire stoltezze a te poco s’addice.
iolao
Né gli amici lasciar soli al cimento.
servo
La forza piú non hai che avevi, o caro.
iolao
Quanti allora affrontavo affronterò.
servo
Poco è il sostegno che agli amici arrechi.
iolao
Non posso anch’io percotere uno scudo?
servo
Certo che puoi; ma tu prima cadresti.
iolao
Niun dei nemici oserà pur fissarmi.
servo
Non basta il solo aspetto: occorre il braccio.
iolao
Dall’oprar non tenermi: io pronto sono.
servo
Pronto certo, al voler; ma non all’opera.
iolao
Dir puoi ciò che tu vuoi; ma qui non resto.
servo
E come oplita andrai? Sei pur senz’armi!
iolao
L’armi son dei trofei nel tempio esposte:
io quelle indosserò; poi, se pur vivo
le restituirò: se muoio, il Dio
non le richiederà. Su via, nel tempio
entra, e distacca dai piòli, e portami,
prima che puoi, completa un’armatura:
turpe sarebbe della casa a guardia
restare, e chi poltrire, e chi combattere.
Il servo entra nel tempio.
coro
L’ardir tuo non prostrarono gli anni,
anzi è in fior; ma le forze ti mancano.
Perché invano t’affanni ad un’opera
che a te farà danno, e ben poco
può giovare alla nostra città?
L’età tua ti convien riconoscere,
né piú l’impossibile
cercare: che giovine
tu ritorni, possibil non è.
alcmena
A che t’accingi? Di ragione uscito
lasciar mi vuoi coi figli miei qui sola?
iolao
Questo s’addice a te: la pugna agli uomini.
alcmena
E come? E me chi salverà, se muori?
iolao
Ciò di tuo figlio i figli a cuore avranno.
alcmena
E se li coglie — oh mai non sia — sventura?
iolao
Non temer: fidi avrai sempre questi ospiti.
alcmena
Quest’appoggio mi resta, e poi null’altro.
iolao
E Giove, il so, delle tue pene ha cura.
alcmena
Ahimè!
Di Giove io male non dirò; ma bene
egli lo sa, se verso me fu giusto.
Il servo esce dal tempio, ed offre a Iolao l’armatura.
servo
Eccoti l’armi: sono tutte: or tu,
senza indugiar, le tue membra rivestine,
ché vicino è il cimento, e quei che indugiano
Marte li aborre. E se ne temi il peso,
sgombro or procedi, e tra le file cingile;
sino a quel punto, io me ne addosso il carico.
iolao
Tu dici bene: alla mia presa pronte
l’armi tenendo, vieni meco, e in pugno
dammi l’asta di frassino, e il mio cúbito
manco sostieni, ed il piè mio dirigi.
servo
Guidar devo un’oplita a mo’ d’un pargolo?
iolao
Saldo1 io vo’, per auspicio, il primo passo.
servo
Oh se poter tu avessi quanto hai voglia!
iolao
Perder la pugna mi dorrebbe: affréttati.
servo
Non io, ma tu ti dai da fare, e tardi.
iolao
Non vedi come il piede mio s’affretta?
servo
Meno, mi par, di quanto sembra a te.
iolao
Non dirai ciò vedendomi laggiú...
servo
A far che? Grandi gesta? Oh, lo vorrei!
iolao
Nello scudo ferir qualche nemico.
servo
Se giungeremo li: di questo dubito.
iolao
Ahimè!
Deh, braccio mio, tale alleato a me
móstrati, come io ti ricordo giovane,
quando Sparta espugnasti a fianco d’Ercole,
sí ch’io possa Euristèo volgere in fuga.
Inetto a sostener l’urto dell’aste
egli è; ché in questo punto anche si pecca
nel giudicar chi vive in auge: in lui
alto cuor si presume; e reputiamo
l’avventurato in ogni arte maestro.
Partono.
- ↑ [p. 320 modifica]Saldo ecc. Lo sdrucciolare, quando si cominciava a camminare, era, presso gli antichi, di malaugurio.