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Euripide - Eraclidi (430 a.C. / 427 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1929)
Terzo stasimo
Terzo episodio Quarto episodio

coro
Strofe I

O terra, e tu che illumini,
Luna, le notti, o fiammei
del Dio raggi vivissimi,
recar possiate a me della vittoria
l’annunzio, e il grido estollerne
al cielo, e al regal seggio
d’Atena occhicerulea,
ora, che, avendo i supplici
accolti, per la patria
e pei miei tetti, il rischio
recidere devo io col ferro candido.

Antistrofe I

Che una città magnifica
qual’è Micene, e celebre
pel suo valor, di collera
s’infiammi contro noi, cosa è terribile.
Ma sarebbe tristissimo
anche, se d’Argo agli ordini
noi tradissimo i supplici.
Ma non temo io, ché milita

con noi Giove, la grazia
Giove m’accorda; e i Dèmoni
non si vedranno mai vinti dagli uomini.

Strofe II

Ma poi ch’è tua la terra, o venerabile
Diva, tua la città di cui tu dèspota,
tu sei madre e custode,
scaccia da queste prode
le argive schiere, che ad iniqua guerra
spingon le lancie: il mio valor non merita
che discacciato io sia dalla mia terra.

Antistrofe II

Ché sempre hai tu l’onor di molte vittime
né il giorno sfugge onde ogni mese ha termine.
E s’intrecciano canti
di giovani e danzanti
cori in tua gloria; ed il ventoso clivo
suona, tra fitto carolar di vergini,
tutta la notte, di clamor festivo.

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